Otto marzo: a Ragusa la manifestazione promossa dalla Rete 25 Novembre: “Lotto marzo per il lavoro”

La Rete 25 Novembre organizza una manifestazione provinciale a Ragusa per venerdì 8 marzo, con un focus particolare sul tema “Donne e Lavoro”. L’evento, intitolato “Lotto Marzo per il Lavoro: Equo, Sicuro, Pagato contro il Patriarcato”, si preannuncia come una forte presa di posizione contro lo sfruttamento, la precarietà e la violenza che il sistema patriarcale perpetua sulle vite e sui corpi delle donne.

La manifestazione avrà luogo a partire dalle ore 18:00, con un concentramento in Piazza Libertà, da cui partirà il corteo alle 18:30. Il percorso si concluderà in Piazza Matteotti (Piazza Poste), e si invita tutti i partecipanti a portare con sé ombrelli colorati e oggetti per fare rumore, simboleggiando la determinazione e la forza dell’unione.

Numerose realtà hanno aderito alla manifestazione, testimoniando un ampio sostegno e coinvolgimento della comunità. Tra gli enti e le associazioni che aderito figurano:

  • Adesso Basta Ragusa
  • AMR Controvento
  • Anpi provinciale Ragusa
  • Arcigay Ragusa
  • Assostampa Ragusa
  • Casa delle Donne Scicli
  • CGIL provinciale Rg
  • CUB provinciale Rg
  • Gruppo Anarchico Ragusa
  • Ipso Facto
  • Italia Viva provinciale Rg
  • Movimento 5 Stelle provinciale Rg
  • Movimento 5 Stelle Ragusa
  • Movimento Federalista Europeo Ragusa
  • PD Modica
  • PD Ragusa
  • Sinistra italiana provinciale Rg
  • USB Ragusa

La manifestazione è anche un’occasione per riflettere sulle discriminazioni di cui le donne sono state e sono ancora oggetto nel mondo del lavoro. Attraverso una serie di interventi e testimonianze, si vuole portare l’attenzione sulla necessità di garantire pari opportunità e trattamento equo per tutte le lavoratrici.

Questo il documento politico della manifestazione:

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’8 marzo si terrà a Ragusa la manifestazione provinciale organizzata dalla Rete 25 Novembre e che vedrà coinvolta tutta la comunità. Questo 8 marzo abbiamo voluto incentrarlo su Donne e Lavoro. “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”. Recita così l’articolo 37 della nostra Costituzione. Basterebbe soltanto questo primo comma per accogliere i contenuti delle rivendicazioni e indicare la via. Questa giornata è dedicata al ricordo e confronto sulle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile, ma anche alla riflessione sulle discriminazioni di cui le donne sono state e sono ancora oggetto nel mondo. La prima Giornata Nazionale della Donna venne celebrata il 28 febbraio 1909 negli Stati Uniti per iniziativa del Partito Socialista Americano, che scelse questa data in memoria dello sciopero di migliaia di camiciaie newyorkesi che, l’anno prima, avevano rivendicato con forza migliori condizioni di lavoro. Negli anni Settanta le conquiste del lavoro, a partire dallo Statuto del 1970, congiunte alle battaglie femminili e femministe, avevano regalato una stagione di diritti e dignità a donne e uomini che oggi, a mezzo secolo di distanza, sembrano nuovamente messi in discussione, se non nuovamente perduti. In Italia nel 2023 ha avuto un’occupazione solo una donna su due. Tra le lavoratrici meno contratti stabili, più part-time e precarietà. Gli effetti si fanno sentire su reddito (nel settore privato il gender pay gap è del 16,5%) e pensioni (solo il 44% del totale). La retribuzione del lavoro femminile nel nostro Paese è tra le più basse d’Europa. In un mercato del lavoro che secondo le statistiche è il migliore da trent’anni (o da sempre), le donne che vivono in Italia arrancano, ancora, ben più di un passo indietro rispetto alla media europea. Le occupate sono soltanto il 51,9% delle donne tra i 15 e i 64 anni, contro il 69,7% degli uomini. Con grandi differenze territoriali da Nord a Sud. Secondo il rapporto Svimez 2023 nel 2022 in Sicilia, ultima in Ue per occupazione femminile, solo il 30,5% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavorava (solo il 29,1% nel 2021) a fronte del 64,8% medio dell’area euro. A Ragusa nel 2021 soltanto il 40% delle donne nella fascia d’età tra i 15 e i 64 anni era occupato. La percentuale di disoccupazione femminile nella fascia 15-64 anni a Ragusa si attestava al 19,2%, mentre il tasso di inattività femminile era del 56,3% nella fascia d’età tra i 15 e i 34 anni. Ci indigna il costante e continuo richiamo della attitudine femminile (anche se la questione non dovrebbe essere di pertinenza femminile) al lavoro di cura dei propri famigliari e della rete parentale allargata, perché non tiene conto della funzione sociale dello stesso, a supplenza dei servizi socio-sanitari, in constante e continuo rischio estinzione. Lavoro di cura spesso svolto dalle donne di origine straniera, cosa che rafforza lo stereotipo donna-vita privata, pagato male anche se retribuito, e per lo più pagato in nero. È arrivato il momento, per troppo a lungo atteso e per troppo tempo accantonato, di equiparare sotto ogni profilo, giuridico, economico, assistenziale e previdenziale, la quotidiana attività di cura familiare ad una attività lavorativa, con diritto–dovere di chiunque la presti ad una equa retribuzione a carico della fiscalità generale. A ciò si aggiungano le discriminazioni che subiscono tutti i giorni le donne e le persone LGBTQIA+ nei luoghi di lavoro: dalle differenze retributive subite ai licenziamenti discriminatori, dai demansionamenti delle lavoratrici madri al ritorno dalla maternità alla mancata progressione di carriera legata al genere, al minore acceso alle posizioni di vertice, sia pubbliche che private, alle difficoltà nell’esercizio delle libere professioni. Occorre inoltre sfatare i tabù che circondano il sex work e garantire eguali diritti delle persone che si dedicano a questo lavoro. “Contrasto alla violenza e al mobbing” devono diventare tema di discussione costante in ogni contesto. La formazione affettiva e sessuale deve avere inizio tra i banchi di scuola e deve proseguire anche nei luoghi di lavoro per avviare un processo di trasformazione culturale. È necessario favorire percorsi che aiutino nella crescita personale di consapevolezza dei meccanismi che sottendono alla violenza; prima della violenza fisica c’è la violenza psicologica e quella economica. Il lavoro come strumento di autodeterminazione e libertà, la stabilità occupazionale, l’indipendenza economica sono fondamentali per poter affrontare l’uscita dalle dinamiche di sottomissione. Bisogna combattere tutto questo anche attraverso l’informazione, abbattendo il muro del silenzio e rafforzando gli strumenti che ci sono per il pieno rispetto della dignità della persona, contro ogni discriminazione di genere. Perché si affermi un modello centrato sull’equità, a sostenerlo devono essere tutt3.

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