OTTENUTA PER LA PRIMA VOLTA IN LABORATORIO CARTILAGINE DA CELLULE STAMINALI DI TOPO.

Un traguardo straordinario è stato raggiunto dai ricercatori della Duke University, i quali utilizzando cellule staminali pluripotenti indotte (iPS o iPSCs) di topo, sono riusciti a ottenere tessuto cartilagineo. Un risultato importantissimo che fa ben sperare, in un futuro prossimo, nella possibilità di utilizzare cellule umane riprogrammate per curare l’osteoartrite (malattia degenerativa che altera la cartilagine delle articolazioni) e in generale riparare i tessuti danneggiati. Questi studi si sono basati sulla tecnica per la quale i ricercatori Shinya Yamanaka e John Gurdon, proprio lo scorso mese, sono stati insigniti del premio Nobel per la Medicina, per aver rivoluzionato «la comprensione dello sviluppo e della specializzazione delle cellule» e per aver dimostrato che «le cellule mature possono essere riprogrammate per diventare pluripotenti» ovvero non più differenziate per un particolare tipo di tessuto; riprogrammando le cellule umane, «gli scienziati hanno creato nuove opportunità di studiare le malattie e lo sviluppo di metodi di diagnosi e di terapie». Così si legge nelle motivazioni del Comitato che ha conferito il Premio.

Ma conosciamo più da vicino queste cellule staminali e le loro implicazioni nella medicina.

Intorno ad esse si sono sollevati moltissimi dibattiti; da un lato rappresentano il futuro della medicina in quanto potrebbero permettere la cura di moltissime malattie, dall’altro provocano problemi etici quando le ricerche su di esse talvolta comportano la distruzione di embrioni umani.

Le cellule staminali sono cellule non specializzate, il cui destino non è stato ancora deciso (cellule primitive); cioè, nel corso di tutta la vita di un organismo, in grado di trasformarsi nei diversi tipi cellulari che  lo formano mediante un processo di specializzazione chiamato differenziamento.

Oltre alla capacità di specializzarsi hanno quella di autorinnovarsi (anche dopo lunghi periodi di latenza o dormienza) attraverso la divisione cellulare la quale può essere o simmetrica (da una cellula staminale si originano due cellule staminali) o asimmetrica ( una delle due cellule resta staminale mentre l’altra inizia un processo di differenziazione che porta ad una cellula somatica o “adulta”). La capacità di specializzarsi è detta potenza.

 

Le cellule staminali si classificano in base alla capacità di generare tutti o molti tipi di cellule o un solo tipo di cellule.

Le cellule staminali totipotenti sono in grado di dare origine a un intero organismo. Sono presenti solo nelle prime fasi di formazione dell’embrione. Lo zigote e le cellule dell’embrione fino allo stadio ad 8 cellule, sono staminali totipotenti.

Le cellule staminali pluripotenti possono formare qualunque tipo di cellule ma non possono formare un organismo intero. L’embrione, prima della formazione dei tre foglietti embrionali è

formato principalmente da cellule di questo tipo.

Le cellule staminali multipotenti  hanno una capacità di specializzarsi inferiore alle pluripotenti: possono dare origine a cellule tipiche di un dato tessuto. Di questa categoria fanno parte le staminali ematopoietiche che possono differenziarsi solo in cellule del sangue.

Le cellule staminali unipotenti, come ad esempio le staminali della pelle, sono in grado di formare un unico tipo di cellule, conservano la capacità di autorinnovamento.

 

Si conoscono diversi tipi di cellule staminali (ma ne potrebbero esistere molti altri). Ad esempio si conoscono le cellule staminali embrionali, che sono pluripotenti e si trovano negli embrioni allo stadio di blastocisti. Purtroppo ancora molti problemi  non permettono di usarle per curare i pazienti in quanto bisogna trovare il modo di farle crescere in grandi quantità, trovare metodi più efficienti ed economici per farle specializzare ed eliminare ogni rischio che diventino teratomi (particolari tipi di tumori). Se si dovessero raggiungere questi obiettivi potrebbero fornire un rimedio per malattie finora incurabili come il diabete, l’infarto, il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, la distrofia muscolare di Duchenne o riparare danni alla spina dorsale o all’udito o alla vista.

Le cellule staminali adulte come quelle embrionali, in natura servono a rigenerare e a riparare i tessuti di cui fanno parte. Il  loro utilizzo in medicina è simile, cioè rimpiazzare parti di un organo o  tessuto perdute o danneggiate. Si trovano  nel midollo osseo (dove generano le cellule del sangue), nel cervello (dove producono i neuroni e le cellule di supporto), nell’intestino e in altri organi e tessuti dove danno origine a cellule dell’osso, della cartilagine e del tessuto adiposo. Poiché generano solo pochi tipi di cellule specializzate e in numero minore, le loro potenzialità sono inferiori rispetto alle cellule staminali embrionali, tuttavia presentano molti e preziosi vantaggi. Ad  esempio si possono estrarre da una persona adulta e reimpiantare nella stessa evitando problemi di rigetto. A chi subisce trattamenti chemioterapici aggressivi vengono prelevate cellule staminali del midollo, viene effettuata la chemioterapia e infine le staminali vengono rimesse nel circolo sanguigno della stessa persona in modo che vadano a ripopolare il midollo distrutto dalla chemioterapia (auto-trapianto). Utili anche nella terapia genica dove vengono estratte da un paziente portatore di una grave malattia genetica, modificate in laboratorio in modo da riparare il difetto e reintrodotte nel paziente.

Inoltre non pongono problemi etici, poiché per ottenerle non è necessario distruggere embrioni.

Con le cellule staminali adulte si curano malattie quali leucemie e linfomi; tramite trapianti si riparano danni della cornea e ustioni.

 

Le cellule staminali fetali  sono estratte dal feto, durante il periodo dello sviluppo che va dalla decima settimana di gestazione fino alla nascita; derivando da un organismo più giovane, sono dotate di maggiori capacità di moltiplicarsi e attecchire rispetto a quelle adulte. In esperimenti  condotti sinora sugli animali, le cellule staminali fetali hanno mostrato di migliorare le conseguenze dell’infarto o del danno spinale.

 

Delle cellule staminali del cordone ombelicale si sente parlare spesso in merito alla donazione o crioconservazione dopo il parto. Sono cellule staminali del sangue simili a quelle del  midollo osseo dell’adulto ma con  maggiori capacità di moltiplicarsi e di attecchire. Si trovano nel sangue del cordone ombelicale e nel circolo sanguigno del neonato. Col trapianto di esse, dopo chemioterapia, attualmente è possibile curare diverse leucemie e in futuro si prospetta la cura di malattie quali il diabete, l’ictus e l’infarto.

 

Nel liquido amniotico in cui è sospeso il feto durante la gravidanza si trovano le cellule staminali del liquido amniotico che presentano caratteristiche intermedie tra staminali embrionali (delle quali hanno la versatilità),  ed adulte (rispetto alle quali però non formano tumori negli animali da esperimento). Per questo in esse si possono riporre molte speranze per futuri usi clinici.

 

Le cellule staminali pluripotenti indotte (iPS).

 Utilizzando cellule del tessuto connettivo (fibroblasti adulti di topo), gli scienziati della Duke University  hanno ottenuto staminali ringiovanite, che sono state poi differenziate in condrociti (cellule che producono il collagene). Queste cellule hanno prodotto notevoli quantità di collagene e altri componenti della cartilagine che presentano caratteristiche simili al tessuto originale, facendo ipotizzare una applicazione nel riparare le lesioni. «Le Ips possono essere usate per ottenere cartilagine di alta qualità sia per la medicina rigenerativa sia come modello per studiare malattie e potenziali trattamenti» spiega Diekman, responsabile del progetto. Il prossimo passo sarà creare cartilagine partendo da cellule dell’uomo. Nel 2006 Yamanaka scopre un metodo per fare “ringiovanire” delle cellule prelevate dal tessuto sottocutaneo di un topo, ottenendo cellule simili alle staminali pluripotenti presenti nell’embrione: è una delle scoperte più recenti e rivoluzionarie nel mondo della ricerca. Queste cellule staminali, prodotte artificialmente in laboratorio, sono state definite cellule staminali pluripotenti indotte o cellule iPS (dall’inglese induced Pluripotent Stem). Nel 2007, la stessa tecnica è stata applicata con successo anche all’uomo: fibroblasti umani vengono riportati allo stadio di cellule “bambine” dal gruppo di Yamanaka e di James Thomson. Per indicare questo processo di ringiovanimento delle cellule adulte gli scienziati hanno usato il termine riprogrammazione, per cui si sente spesso parlare di cellule staminali riprogrammate.

La tecnica utilizzata da Yamanaka consiste nell’introdurre all’interno delle cellule adulte dei geni (Oct3/4, Sox2, Klf4, e c-Myc)caratteristici delle cellule staminali, inducendo così i fibroblasti a ritornare ad essere cellule staminali embrionali pluripotenti  capacità di autorinnovarsi e quella di specializzarsi in qualsiasi tipo di cellula dell’organismo. I quattro geni vengono introdotti  nelle cellule da ringiovanire tramite virus modificati (modo da contenere l’informazione genetica) che  infettando le cellule da vettori per i geni.

 

Il metodo basato sui vettori virali  comporta il grosso rischio che le cellule bersaglio diventino cancerose. N2008 comunque il gruppo di Yamanaka riuscì introdurre le sequenze dei quattro geni chiave nelle cellule da riprogrammare con un metodo diverso dai vettori virali. altro problema  da risolvere per un eventuale impiego delle cellule iPS a terapeutico riguarda l’uso di c-MYC, uno dei quattro geni utilizzati per riprogrammare le cellule adulte. Purtroppo questo gene puòtrasformare una cellula normale in cellula tumorale. Per ovviare a questa problema i sono riusciti a riprogrammare le cellule adulte senza il gene c-MYC riuscendo a mantenererisultati  promettenti.

 

 Le cellule “ringiovanite” accendono grandi speranze in campo etico (eliminando il controverso utilizzo delle staminali embrionali umane) e scientifico ( derivando cellule pluripotenti direttamente dal paziente tramite il prelievo di una piccola porzione di tessuto si eliminerebbe il problema del rigetto da parte del sistema immunitario del paziente). Non solo, degli studi hanno dimostrato la possibilità di ottenere, a partire da fibroblasti della pelle, neuroni perfettamente funzionanti in grado di rimpiazzare quelli degenerati in un modello animale della malattia di Parkinson. Un gruppo di ricercatori ha dimostrato la possibilità di generare cellule del fegato che hanno ripristinato le funzioni in un modello animale di insufficienza epatica.

 

Comunque recenti studi, alcuni pubblicati anche sulla prestigiosissima rivista scientifica Nature, concordano sulla tendenza delle cellule iPS a trasformarsi in cellule tumorali più facilmente rispetto alle cellule staminali embrionali. 

Sono necessari quindi ulteriori studi prima di passare alla sperimentazione sull’uomo.

Data la loro versatilità e capacità rigenerativa, le cellule staminali offrono quindi enormi possibilità per il trattamento di malattie finora incurabili come il diabete o le malattie cardiache. Si sente sempre più frequentemente parlare di medicina rigenerativa per descrivere questa nuova branca della medicina che, ricorrendo all’impiego delle cellule staminali, ha come scopo quello di riparare organi e tessuti danneggiati da malattie, traumi o dal semplice processo di invecchiamento.

Il lavoro da fare per capire come usare queste cellule sui pazienti in modo sicuro ed efficace è ancora lungo. Infatti fino ad oggi, l’uso di cellule staminali nella pratica clinica è ancora relativamente basso.

La ricerca sulle cellule staminali resta comunque una delle aree più affascinanti della biologia contemporanea e, pur sollevando numerose questioni etiche, rappresenta una delle più promettenti sfide per il genere umano.                                                                              

 

 

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