No time, no space: i mondi lontanissimi di Franco Battiato. VIDEO

Non ho mai avuto occasione di conoscere personalmente Franco Battiato. Quando frequentavo l’università a Catania, da matricola, i miei colleghi anziani mi dicevano che non era raro vederlo passeggiare per via Etnea, alto e spettinato, assorto. Onestamente, non mi è mai successo.
Ho visto un suo concerto, anni fa, a Noto. Come tutti gli altri spettatori, ne rimasi incantata.

Non ho ricordi personali, dunque, legati alla figura di Franco Battiato. E sarebbe anche fin troppo scontato parlare di lui come un grande maestro, una persona difficile da incasellare in uno schema, un grandissimo amante dei popoli e della filosofia. Uno sperimentatore.
Posso solo parlare di Battiato da punto di vista musicale. Va annoverato tra i più grandi cantautori della musica italiana, insieme a Battisti, De Andrè, Guccini. La sua è stata una musica “di sostanza” che fa categoria a sé, proprio come tutti i più grandi.

Battiato è riuscito a passare dalla musica “pop”, facendosi conoscere dal grande pubblico, fino alla sperimentazione più pura, passando per l’avanguardia colta alle sonorità più inaccessibili.
Non sono una fan sfegata di Battiato ma, nella mia scassata Toyota che ha più di dieci anni, ascolto sempre una sua raccolta, una trilogia dove vi sono i suoi più grandi successi, alcuni conosciutissimi, altri meno. Insieme a lui, i Beatles e i Queen sono i miei compagni di viaggio preferiti.

E ne abbiamo fatta di strada insieme, io e la musica di Franco Battiato: abbiamo attraversato mondi per me lontanissimi, siamo rimasti in panne in strade di campagna che per quanto ne potessero sapere in quel momento gli altri, erano lontani come la luna. La musica di Battiato mi ha accompagnato in momenti di rottura dolorosi e ancora oggi mi ricorda persone che non fanno più parte della mia vita ma che però ricordo come fondamentali nel mio percorso personale. Ho sentito aneddoti sulla vita di Franco Battiato, su com’èra, su cosa gli altri hanno fatto con lui: io, posso dire che la sua musica ha parlato all’Italia, forse al mondo, e per me è stata una consolazione, in alcuni momenti.

Per me, la canzone che lo rappresenta di più è “No time no space”. Si trova nell’album Mondi Lontanissimi del 1985. E’ un testo decisamente fantascientifico, una commistione fra pop e avanguardia colta.
“Parlami dell’esistenza di mondi lontanissimi, di civiltà sepolte, di continenti alla deriva. Parlami dell’amore che si fa in mezzo agli uomini, di viaggiatori anomali in territori mistici. Di più. Seguimmo per istinto le scie delle comete come avanguardie di un altro sistema solare. No time, no space, another race of vibraition…”
In mezzo a questo viaggio, senza tempo né spazio, vi è una vibrazione interiore, percorribile solo abbandonando lo spazio-tempo. Notevole l’accompagnamento dell’orchestra di violini, sempre emozionante, per quante volte l’abbia ascoltato.

Il video ha un sapore decisamente vintage e, contrariamente al testo che parla di “esistenza” e “mondi lontanissimi”, vi è un Franco Battiato statico, ieratico, decisamente ironico, che forse aveva già intrapreso la via dell’introspezione interiore. Era sul cammino della vibrazione che l’avrebbe portato all’immortalità musicale. In fondo, quando muore un’artista, ciò che conta è quello che ha lasciato: e tutti coloro che hanno ascoltato la sua musica, l’hanno conosciuto. E in fin dei conti è questo quello che conta perchè Franco Battiato ha parlato non solo ai cuori, ma anche alle menti della gente e non c’è niente che possa dirci qualcosa di lui quanto la sua eredità musicale che è patrimonio di tutti.

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