Migranti: solo un problema di ordine pubblico? O è la rivalsa della nostra (in)coscienza

È frequente, che in tivù, soprattutto negli ultimi tempi, in qualsiasi trasmissione di attualità o di politica, si parli dell’immigrazione come un problema di ordine pubblico.È questo non è un bene.  Ci sono città in cui l’immigrato è visto come un pericolo; ci sono crocicchi, fermate di autobus in cui l’esibizione sfacciata, a qualsiasi ora, di spacciatori di ” fumo”  o di eroina, sembra fatta apposta per conciliare l’esasperazione dei cittadini con l’allarme dei giornali e con i cattivi pensieri di alcuni politici e di amministratori locali.

Che l’Italia, sia vittima di un’invasione continua e irrefrenabile, da sud e da est, è vero, e lo  dimostrano i numerosi sbarchi intorno alla Sicilia e sulle coste della Calabria e della Puglia, ma è pur vero che, se a molti di questi migranti non sarà data la dovuta accoglienza, i ” terminali” di questa invasione saranno le periferie, gli edifici abbandonati, le fabbriche dismesse, dove i clandestini si rifugeranno, per sfuggire ai controlli e inevitabilmente organizzeranno imprese malavitose.

Sopra di loro, le ” cupole “mafiose  alleate o concorrenti con la delinquenza nostrana;  ma intorno a loro, anche le connivenze di ricettatori di refurtive, agenzie più o meno clandestine di collocamento in lavori neri o in alloggi in subaffitto.

Ma il problema, non è e non può essere solo d’ordine pubblico, se lo consideriamo anche e soprattutto come un’opportunità, esso non è quel male assoluto che vogliamo così facilmente vedervi. Si, le statistiche ufficiali abbondano di dati e confronti temporali a proposito di particolari reati attribuiti ai migranti, ma non ci dicono nulla di quella economia sommersa, gestita prevalentemente da italiani che sfrutta l’emergenza dell’immigrazione. E anche questo è un male..

Quante aziende chiuderebbe la propria attività, se non ci fossero queste persone. Siamo una comunità pur varia e diversa, nella quale però spesso affiora una disposizione cordiale alla solidarietà, al soccorso, alla comprensione; ma paradossalmente, questi impulsi talora si rivolgono alle vittime di nostre colpe collettive, a causa delle quali non abbiamo prevenuto  o evitato quei dolori che ci muovono a compassione. Siamo vittime non innocenti.

Eh si, curiamo poco le verità chiare e ferme di chi ci richiama a fare l’Italia nelle molte parti in cui non è fatta; molto spesso assistiamo a vergognosi litigi di politici che danneggiano anziché consolidare le istituzioni fondamentali. Ma non siamo capaci , non riusciamo a promuovere con il voto e la partecipazione una diversa classe dirigente, una differente cura del bene comune.

Vorremmo, nei nostri limiti, che tutto funzionasse, e gli uomini avessero più dignità di vita e meno pericoli di sofferenza e di morte. Ma non sappiamo neppure rispettare le regole che favoriscono quel risultato. E allora? Allora non chiudiamo i porti, ma come dice la Chiesa, apriamo i nostri cuori…….
contributo editoriale Giovanna Cannizzaro

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