MECHES E PRESBIOPIA. IL BURRACO HA UCCISO IL GOSSIP

Una distesa di meches bionde e tanti occhiali da presbiopia. Capelli quasi sempre a caschetto, da signora che i cinquanta li ha già superati, e montature semplici e barocche, trasparenti e multicolor (secondo il gusto più o meno “giovanilistico” che caratterizza le mie coetanee di questi tempi). Questa la vista che si presenta all’incantato Hicsuntleones partecipando – si intende da spettatore – ad una serata di burraco. Confesso candidamente: mai avevo sentito parlare di burraco. Non sapevo nemmeno si trattasse di un gioco con le carte (anzi, per questioni credo onomatopeiche, quella parola mi conduceva la mente a ricette di cucina, guarda un po’). Ma quando sono arrivato in questa casa elegante, con altri tre maschietti che hanno subito fatto da cornice e nulla più, ho preso visione e coscienza di questo fenomeno che ormai da qualche anno ha coinvolto centinaia di giocatori nella mia città, per quanto mi raccontano gli amici coinvolti, ma pare che nel resto del Paese siano milioni (a proposito: per una volta è il Sud a battere il Nord Italia, perché la diffusione del gioco, nato ora sono sessanta anni fa in Uruguay, è partito dal Sud per poi risalire la Penisola).

Prima di ogni cosa, confesso di non avere capito come funziona il gioco: mi sono confuso (ed era facilmente prevedibile) tra i jolly, il monte degli scarti, i mazzetti, il burraco sporco e quello pulito. Ma in tutta onestà, questo conta poco. Del resto, non ero andato ad imparare il gioco, anche se una flebile speranza albergava in me, specie dopo aver visto ed osservato l’entusiasmo e la passione che i giocatori mettono nella partita. Ho rinunciato a capire come funziona il burraco, ma ho certamente capito che si tratta di un gioco molto bello, affascinante, attraente, coinvolgente.

Quello che però mi ha colpito, è stata propria una diretta conseguenza della grande passione che mettono giocatori e giocatrici (le seconde molto più numerose dei primi, secondo me per il semplice fatto che il burraco è gioco di intuito e memoria, scaltrezza e diplomazia, tutte doti largamente fornite alle donne e in misura miserrima ai maschietti). La diretta conseguenza della concentrazione messa nel gioco è che il pettegolezzo è morto. Proprio così: mentre una partita a scopa o a scala quaranta permetteva di parlare, tra una carta e l’altra, delle più recenti vicende di corna e di carriera, di sgarbi e maleparti, la massima concentrazione che il burraco impone e necessita di fatto impedisce il gossip. Ed è perdita grave. Perché, e lo sappiamo tutti, la circolazione delle notizie nei circoli che contano, sono fondamentali per il buon andamento di tutte le relazioni sociali, anche quando le notizie non dovessero essere tutte certificatamente vere.

Quindi, contento per avere certamente appreso i rudimenti e lo spirito di un gioco bellissimo, sono rimasto deluso e profondamente preoccupato per quella perdita.

Ma è bastato resistere. Non poco, si parla di oltre quattro ore di gioco ininterrotto (e fortuna che si era in una ampia ed elegante veranda, così che molte signore hanno potuto dare fondo alle Multifilter e alle Muratti). E poi la padrona di casa ha dichiarato aperto il buffet. Che liberazione, con tutto il rispetto per il burraco: si è tornati all’ambiente che tutti conosciamo bene. Tra le gomitate delle signore accanitissime per la conquista della sfogliatina cogli spinaci e la tartina col salmone, ho finalmente sentito, ancorchè pronunciate a bassa voce (ma non troppo) le magiche paroline: “cara, hai saputo di Tizio? Ha trovato la moglie a letto con il giardiniere tunisino! Mi raccomando, non dirlo a nessuno, per carità”. “Non ti preoccupare cara, non lo dirò a nessuno, ci mancherebbe. Ma il giardiniere era egiziano, non tunisino”.

 

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