Diventa unico il reparto di infettivologia che, di fatto, si concentra interamente all’ospedale Maggiore-Nino Baglieri di Modica. A Ragusa il reparto viene ristrutturato con servizi day-hospital ed ambulatoriali con beneficio per i reparto di oncologia e di urologia che incamerano i posti letto lasciati dall’infettivologia. La decisione dell’Asp di Ragusa non sta passando inosservata. L’intervento […]
L’UMANITA’ VA EDUCATA ALLA PACE E NON SPRONATA A FARE GUERRA PER ESSA
03 Apr 2011 20:02
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Sono note a tutti le vicende degli ultimi giorni, la guerra libica e la conseguente immigrazione e l’unica preoccupazione sembra riguardare gli elevati numeri di immigrati che stanno oltrepassando quelli delle popolazioni autoctone, nell’ isola siciliana. Preoccupazione più che legittima che però sembra non tener conto di ciò che sta a monte di tutto, la guerra. Il pensiero comune appare sensibile alla questione e allo svolgersi dei fatti ma tutto viene poi legittimato dall’ idea di una guerra per la pace. Siamo intervenuti sventolado la bandiera multicolore, per ripristinare la pace e far cessare gli scontri in Libia, almeno questo è quanto sostengono i politici ma non pensiamo che il concetto di guerra si oppone al concetto stesso di pace. In altre parole, non può esistere pace la dove c’è guerra ed è inammissibile l’idea di una guerra per la pace. Alla pace si viene educati, così come si viene educati alla democrazia, alla libertà, alla solidarietà e al rispetto delle diversità.
Ci siamo imbarcati in una guerra definita umanitaria, con il desiderio di salvare le vite dei libici perseguitati da Gheddafi, le stesse che saremmo pronti a rispedire a casa loro o peggio ancora ovunque, pur di non trovarceli in casa nostra. Agiamo con l’ideale della solidarietà che però riusciamo a fare solo fuori dal nostro territorio, utilizzando le armi.
Cominciamo ad attribuire il giusto nome alle cose: quella che si sta combattendo è una guerra, con tutto ciò che essa implica, caccia in volo e basi militari. La si può definire come meglio si crede ma tutto resta un tentativo fallace di mascherarne il volto. Questo è ciò che caratterizza l’Italia, il paese di un popolo che si lascia prendere facilmente dai bei discorsi, dalle grandi promesse, poco dalla sostanza e tanto dalla forma. Forse è proprio questo che garantisce successo al Premier, il prendersi tanto cura dell’involucro, utilizzando un’invidiabile capacità oratoria, la stessa di cui ha dato nuovamente conferma a Lampedusa, ricevendo applausi e acclamazione. Un sostegno fomentato anche da una sua promessa elargita fra le tante altre. Il Presidente ha dichiarato di avere incaricato il suo economo di comprare una casa da un milione e mezzo di euro sull’isola, destinata ai suoi abitanti. L’utilità prevista, secondo le intenzioni del Capo del Governo, sarebbe paragonabile a quella di un oggetto di sfogo, cosicchè tutte le volte che gli isolani si sentiranno arrabbiati, potranno allentare gli spiriti furiosi, imbrattando le pareti della villa del loro amato Presidente (avessimo tutti la fortuna di ricevere un dono del genere, in Italia aumenterebbe la disoccupazione).
E continuando a parlare di Italia dell’ipocrisia, pensiamo a tutti i rappresentanti dell’opposizione che hanno rigorosamente espresso la loro disapprovazione nei confronti della guerra e che si sono promossi a favore di un clima di verità e di legalità in Libia. Sono gli stessi signori che non hanno mosso un muscolo negli anni in cui i nostri governi stipulavano fieri patti d’amicizia con Gheddafi.
Tuttavia prima di preoccuparci della politica, di osannare o denigrare Silvio Berlusconi, dovremmo riformattarci mentalmente. Smettere di pensare con la testa degli altri, politici o chi per loro e connotarci di un sano criticismo che non necessariamente presuppone un’avversione ed opposizione alle cose. Documentarsi, acculturarsi e riflettere in maniera critica, secondo quanto scaturisce dalle nostre idee, dal nostro pensiero e non da quanto gli altri ci vogliono inculcare. Questa è la vera Libertà, quella che scaturisce dall’adozione di un pensiero indipendente, di un pensiero centrato sull’uomo, che sembriamo non possedere tutte le volte che applaudiamo o contestiamo qualcosa, solo perchè riteniamo che sia ciò che gli altri si aspettano, per così dire socialmente desiderabile. E allora italiani riscattiamoci da questa condizione di subalternità, cerchiamo di non dipendere troppo dalle parole e concretizziamo i nostri pensieri in azioni. Vogliamo essere solidali, pacifisti? Allora dobbiamo esserlo e non facendo beneficenza mandando sms o versando qualche euro per una campagna sociale piuttosto che per un’altra o proclamandoci contro la guerra ma investendoci completamente in tutto ciò in cui crediamo, senza prenderci in giro. Se l’Italia non migliora dall’alto, adottiamo il procedimento inverso, miglioriamola dal basso, miglioriamo noi stessi, individualmente e collettivamente. Non dimentichiamoci che siamo un popolo, non soltanto in virtù del fatto che occupiamo un unico territorio, una nazione ma in fede agli ideali di chi 150 anni fa ha unificato questo meraviglioso Paese.
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