LEANDRO PAREDES: ESSERE UN GIOCATORE DI PENSIERO

La Roma di Spalletti esprime quel futbol bello e proattivo, sempre preferito dal tecnico giallorosso, a discapito di una cupa risposta speculativa. In quest’ottica, si legge la crescente fiducia che il tecnico di Certaldo sta dando al mediocentro argentino, la quale si traduce nell’affidargli concretamente le chiavi della manovra giallorossa (come fece col cileno Pizarro ai tempi della sua Roma 1.0). Tornato nella Capitale dopo un anno di prestito più che proficuo nel laboratorio Empoli di Giampaolo, mister che solo da pochissimo sta ricevendo i complimenti che si merita, nel quale è riuscito a fare un netto salto di qualità sia a livello caratteriale (la fiducia in sé stesso e nelle proprie qualità è cresciuta a dismisura) che tecnico (ha trovato la posizione ideale per esaltare al meglio le proprie caratteristiche), Paredes sta pian piano, causa infortuni, riuscendo a convincere, a suon di prestazioni, anche i più critici delle proprie ottime doti.

Il Play: uno dei ruoli più delicati ed allo stesso tempo più importanti del gioco; è in questo contesto irto di insidie che il ragazzo di San Justo si trova giornalmente a dover cercare di migliorare per divenire uno dei migliori nella posizione. La Roma e gli addetti ai lavori argentini, il CT Bauza su tutti, sono fermamente convinti che nel giro di pochissimo tempo Paredes possa diventare un perno imprescindibile nel centrocampo della nazionale albiceleste. Intanto la volontà del ragazzo, nel raggiungere questo importante obiettivo, si evince anche da un elemento che ai più potrebbe risultare del tutto insignificante: la scelta del numero 5 per l’attuale annata 2016/17. Quest’ultimo nel calcio sudamericano, in generale, ed in quello argentino, in particolare, rappresenta quello del regista per antonomasia; posizione nella quale non è necessaria una grande velocità intrinseca ma bensì di pensiero, dato che è il pallone a dover girare più o meno velocemente a seconda dello specifico momento del match. Giocatori di questo tipo sono stati, tra gli altri, divinità del calibro di Redondo e Guardiola: sì lenti, ma maledettamente veloci di testa. Questo pensiero, visione evoluta abbinata ad una tecnica di altissimo livello consentiva loro di tradurre l’idea in realtà concreta, per la gioia del Dio del calcio. Queste caratteristiche non mancano, almeno potenzialmente, al giovane argentino; il quale deve solamente riuscire a dare continuità alle prestazioni extralusso fornite nelle volte in cui è sceso in campo nell’attuale stagione.

Varietà di possibilità: il 5 romanista sfruttando la propria intelligenza calcistica, riesce a stabilire con estrema freddezza e lucidità quando è il momento di tenere la sfera, addormentando così il gioco, oppure quando è necessario farla muovere più velocemente, per sfruttare una buona inerzia o, nello specifico, un’interessante transizione offensiva. Nel proprio bagaglio c’è una peculiarità non comune a tutti gli interpreti del ruolo: il saper giocare indifferentemente sia sul corto che sul lungo. In quest’ultimo caso, sono divenuti proverbiali i suoi lunghissimi lanci di prima a cercare indifferentemente Pucciarelli o Maccarone in quel di Empoli (stile Valdifiori dell’annata precedente con Sarri per intenderci). La caratteristica che stupisce maggiormente è l’estrema facilità di calcio che Paredes dimostra, riuscendo a far sembrare di una semplicità estrema gittate di 60 metri sui piedi del compagno. In aggiunta a ciò, la sapiente difesa della sfera, sfruttando la potenza soprattutto della parte inferiore del busto, e la predisposizione per il tackle sono altri due elementi presentissimi nel bagaglio calcistico del ragazzo. Per il primo, deve essere stata utile la convivenza con Juan Roman Riquelme, giocatore straordinario, pura divinità in sudamerica, che era solito utilizzare ciò in zone delicate della cancha; mentre per il secondo l’essere argentino non può che conferirti un maggiore livello di garra rispetto al normale.

 

Importanza spesso trascurata: il fatto che giocatori magnifici come Xavi ed Iniesta non abbiano mai vinto il pallone d’oro, ci fa capire quanto anche i più osannati addetti ai lavori continuino a considerare il gol come la cosa più importante nel calcio. Tuttavia, i più fini studiosi ed amanti del gioco, riconoscono eccome l’importanza e la bellezza dei registi. Non è un caso, se i più significativi allenatori dell’epoca moderna abbiano giocato proprio in quel ruolo, Guardiola su tutti, dal quale si ha una visione privilegiata del campo e nel quale si sviluppa una maggiore intelligenza calcistica rispetto alla media; fosforo e predisposizione che devono ovviamente esserci già dal principio per poter essere schierati in una simile posizione. Suerte Leandro !          

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