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“LE SUPPLICI” UN ESPERIMENTO EUROPEO
13 Giu 2015 13:27
Moni Ovadia ne “LE SUPPILICI”, in scena al teatro Antico di Siracusa nell’attuale programmazione pone la problematica del processo di rivisitazione del teatro antico in direzione dell’adeguamento allo spirito moderno e alla cultura del nostro tempo .
Ricordo che anni addietro si pose la stessa problematica al Festival di Delfi di fronte a grandi del teatro europeo e mondiale e diverse furono le titubanze della critica, anzi dei critici , in quanto l’attualizzazione , a volte, toglie quella sacralità ai testi dei grandi greci o delle opere liriche.
Allora erano Sukuki, grande regista ad aver dato prova di un’attualizzazione interessante di un’opera lirica, ma preservando il testo , così come Theodoros Terzopoulos con la sua “Antigone”.
Moni Ovadia ha tentato la via de lu cuntu siciliano, trasformando il testo di Eschilo in un musical contemporaneo dentro il quale per magia è rimasta tuttavia integra, anzi esaltandosi, l’intonazione classica, evocata nei ritmi orientali di tipo giambico, nella stessa ridondanza dei cori .
Bellissima l’interpretazione sia delle Argive, le supplici, sia del re , sia la musica coinvolgente prodotta da strumenti appartenenti all’area mediterranea e greca, dal bouzouki alla fisarmonica, e altri strumenti, che rievocano mondi lontani e affascinanti legati al mondo contadino e orientale, ma anche africano.
Le Supplici ci hanno dato la sensazione di essere membri di tribù africane alle prese col potere precostituito, sia nei movimenti sia nei comportamenti coreografici.
La coreografia è stata molto curata nei dettagli e i movimenti lenti, ripetitivi hanno trasmesso suggestioni particolari e puculiari, che hanno dato una incisività al musical.
Mancava, però, la sacralità necessaria al testo antico e al luogo ,elementi essenziali in un teatro antico, che rivive nell’immaginario collettivo, dando vita ad una fruizione peculiare e particolare dell’area antica, che rivive grazie alla sua fruizione.
“L’acceso diverbio tra Pelasgo e l’Araldo degli Egizi (un immedesimato Marco Guerzoni), giocato sul ritmo di una serrata sticomitia nel confronto di siciliano e greco moderno, è stato il punto di fusione in cui mondi remoti, lingue di epoche distanti, civiltà contrapposte si sono incrociati e compresi. Forse è stato questo il momento di maggiore emozione e di più vibrante attesa: momento che a molti spettatori non ha potuto non ricordare, nella pretesa degli Egizi di avere le Danaidi e nel fermo rifiuto del re degli Argivi, una recente pagina di storia italiana, più precisamente siciliana: il tentativo nel 1985 dei reparti speciali americani di avere a Sigonella i sequestratori dell’Achille Lauro, tentativo neutralizzato dalla fermezza dei carabinieri in nome di un dovere di protezione nei confronti di stranieri pur anche rei di crimini di sangue sentito al pari di Pelasgo come obbligo inderogabile di una sana democrazia”.
Una nota di merito va alla scenografia con le statue personficanti gli dei ed uno spazio curato in un insieme equilibrato e affascinante.
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