LA VICENDA DELLA TASSA DI SOGGIORNO DEVE ESSERE CHIARITA

Leggevo, a dire il vero molto distrattamente, le note apparse su tutta la stampa locale a proposito della destinazione dei fondi raccolti per il tramite della “tassa di soggiorno” che da quest’anno il Comune di Ragusa fa pagare ai turisti che pernottano da queste parti.

Quando sarà definita la vera destinazione dei fondi suddetti saremo tutti molto più sereni. Sapremo fare le nostre valutazioni. Ma tutto questo ha relativa importanza, posto che i fondi assommano a briciole. Quello che invece mai dovrebbe accadere è la totale o anche solo parziale mancanza di trasprenza negli atti pubblici.

Ma a monte di tutto questo discorso c’è una evidente contraddizione: il pagare la tassa. E’ cosa del tutto sbagliata, a mio personalissimo modo di vedere, chiedere qualche spicciolo al turista che volesse farci la cortesia di raggiungere questo sperduto angolo d’Europa (e questo suo isolamento è forse proprio il plus che spinge ancora da queste parti coppie e gruppi di forestieri). Perchè se è vero che il turista è in grado di mettere mano al portamonete, è altrettanto vero che, e ad averlo sperimentato siamo stati prima o poi tutti, è psicologicamente fastidioso e mette in cattiva luce il luogo che può anche essere turisticamente valido. E non vale solo per i turisti: i ragusani preferiscono spendere due euro di benzina alla ricerca di un parcheggio libero che spendere cinquanta centesimi per pagarsi la sosta di mezz’ora nelle strisce blu.

Dipendesse da me non farei pagare nulla di inizitiva pubblica. Chi venisse a trovarci, dovrebbe essere libero di spendere quanto vuole tra alberghi, musei (quali?), templi cristiani (quelli aperti) e cioccolata caciocavallo pomodori secchi carrube tostate (un euro e venti la coppia) olive sottolio e abbandonati parchi di antichi castelli.

Una fastidiosa tassa di soggiorno che serve a recuperare soldi dei quali sconosciamo la destinazione finale è proprio una tassa: iniqua per popolare definizione.

Hicsuntleones

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