LA VERSATILITÀ DELL’ASIAGO

 

Il processo di globalizzazione non è del tutto un concetto contemporaneo. Processi di globalizzazione, in un modo o l’altro, accompagnano l’uomo già dall’antichità. Basti pensare all’origine delle lingue romanze. I temi odierni della globalizzazione riguardano comunque varie tematiche, da quelle culturali a quelle dell’informazione, sia televisiva sia via web. Una tematica che è particolarmente sentita da chi avversa la globalizzazione è quella riguardante i prodotti alimentari. Pensiamo a un noto colosso delle bevande analcoliche gassate i cui prodotti sono reperibili ovunque è che hanno cambiato profondamente le abitudini alimentari di tutti i popoli. Se per gli italiani risulta inconcepibile abbinare il cappuccino con un piatto di pasta, usanza molto diffusa nei paesi del nord, si potrebbe replicare che anche abbinare la pizza o un piatto di pasta con una bevanda zuccherata non è propriamente il miglior abbinamento possibile.

I processi di globalizzazione non riguardano però soltanto le multinazionali e i loro prodotti. Spesso riguardano abitudini che si sono inserite nella società grazie alla pubblicità o al concetto di benessere e che sono circoscritte a un solo paese o a un delimitata sfera culturale. Un esempio che riguarda l’Italia è la diffusione sulle nostre tavole del Parmigiano Reggiano. Sebbene non sia proprio la stessa cosa accostare questo formaggio con altri prodotti della globalizzazione, è innegabile che questo prodotto si sia inserito sulle tavole di tutti gli italiani non solo grazie alle sua qualità gustative, ma anche per l’immagine che acquisì il formaggio nel menù dei benestanti negli anni del Boom economico. Il Parmigiano si inserì ovunque, tanto che negli anni Ottanta e Novanta i ristoranti servivano solo Parmigiano come formaggio da grattugia. Nonostante oggigiorno fortunatamente si assista a una valorizzazione dei prodotti tipici locali, è innegabile che vent’anni fa il Parmigiano fece le veci dei più svariati formaggi, anche di quelli non provenienti da latte vaccino.

Se il Parmigiano fu protagonista di un processo di globalizzazione tutto italiano, bisogna anche dire che in genere questo formaggio non sostituiva proprio tutti o almeno buona parte, dipendendo dalla zona di consumo. Se un piatto di pasta alla norma a Roma veniva servito con il Parmigiano non era e tutt’oggi non è insolito, e anche vero che a Catania era più improbabile, non impossibile, che succeda.

Il legame con i prodotti locali è stato tra alti e bassi comunque sempre vivo. Un esempio di questo tipo di legame particolarmente forte lo si ha nell’altopiano di Asiago. Qui nasce un formaggio, l’Asiago appunto, che, presentandosi in diverse vesti, ricopre praticamente tutti gli usi che si fanno del formaggio. La varietà stagionata viene utilizzata come formaggio da grattugia. Il mezzano come formaggio da pasto o per la preparazione di diversi piatti in cucina. Infine quello fresco può essere usato per le insalate o per farcire i panini. L’Asiago è veramente un formaggio versatile e questo spiega il fatto che sia il formaggio più consumato nella sua area di produzione e tutela. Infatti l’Asiago è un formaggio DOP, le cui fasi di produzione devono essere condotte esclusivamente ad una zona ben delimitata e seguendo delle regole precise di produzione.Si tratta di un formaggio a pasta semicotta, di forma cilindrica, dal peso variante a seconda delle tipologia dagli otto ai quindici chili, prodotto da latte vaccino in due tipologie principali: pressato, detto anche fresco, oppure d’allevo. Quello pressato ha crosta sottile ed elastica; la pasta è morbida con occhiatura irregolare. Il colore è bianco leggermente paglierino. Ha sapore delicato, ma leggermente acido.

L’Asiago d’allevo invece ha crosta liscia; la pasta è di colore paglierino non troppo marcato. Anche in questo caso presenta occhiatura sparsa e di grandezza varia. Con la stagionatura acquista un leggero sapore piccante.

Oggi l’Asiago viene prodotto da latte vaccino, ma in passato non era così. Troviamo testimonianza di ciò nel dialetto locale, dove in alcune zone viene ancora chiamato “pegorìn”. In passato infatti il bovino non era molto diffuso in queste zone. Gli si preferivano gli ovini, utili anche per la lana. Soltanto verso il XVI secolo inizierà in queste zone la diffusione dell’allevamento bovino, che sostituirà con il tempo gli ovini.

Come si è detto l’Asiago è un formaggio molto versatile. L’abbinamento con il vino dipende quindi da quale tipologia si consuma. Localmente si usa abbinarlo con i vini rossi locali da merlot e cabernet. La versione fresco, però, se ha una maturazione di soli 20 giorni si presta anche all’abbinamento con il vino bianco, se questi però non presenta una componente acida troppo importante.

 

(Giuseppe Manenti)

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