La scomparsa di Daouda Diane: parla l’avvocato La Martina, che difende il cementificio dove lavorava l’uomo. La Procura: “Tutte le ipotesi in campo”

 “Tredici mesi fa la scomparsa, ad Acate, di Daouda Diane, l’ivoriano di 37 anni che lavorava come mediatore culturale. L’uomo è stato visto per l’ultima volta nella mattina del 2 luglio: si trovava all’interno del cementificio SGV e ha inviato due video inviati poi al fratello in Costa d’Avorio e al suo coinquilino.

Le indagini avviate dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Ragusa non hanno finora dato nessun esito. Daouda sembra scomparso nel nulla. Dopo quella mattina, di lui nessuna traccia all’esterno del cementificio.

La Martina: “Indagini sui Longo accurate. Non è emerso nulla”

“Le indagini sono state accurate – afferma Mirko La Martina, difensore della famiglia Longo, titolare del cementificio – Sul caso di Daouda Diane ci sono vari filoni investigativi. Ma la stampa e l’opinione hanno privilegiato quasi esclusivamente il filone d’indagine attorno al cementificio”. In una dichiarazione resa all’Ansa La Martina afferma che “sulla famiglia Longo sono state fatte indagini lunghe e accurate. Sono stati effettuati controlli nel cementificio, nelle abitazioni, nelle auto, nei mezzi utilizzati, nei cellulari, nei computer, nei vestiti. Anzi, sono stati loro stessi a chiedere gli accertamenti coscienti che solo indagini accurate avrebbero potuto far emergere la verità. A carico dei Longo (Carmelo Longo, la moglie e il figlio) non è mai emerso nulla. Inoltre, è falso che Carmelo Longo abbia dei precedenti penali. Non c’è assolutamente nulla. Bisogna quindi puntare su altre piste”.

Il mistero dei video. A chi si rivolge ?

Nei video realizzati all’interno del cementificio Daouda denunciava le difficili condizioni di lavoro. “Egli dice: “Ecco dove Binguiste (che in ivoriano significa “Africano che vive in Europa”) lavora”, e poi continua: “Dopo avere mentito al paese (dovrebbe trattarsi della Costa d’Avorio) che io lavoro in fabbrica, io lavoro al cementificio. Maledetto che sei, tu, maledetto! Bugiardo, tu, maledetto che sei. Sei tu Binguiste che sei qui”. Sembra che Daouda parli ad un interlocutore, con un linguaggio anche violento. Usa termini come “maledetto” e “bugiardo”. Perché lo fa ? A chi si rivolge ? Sono interrogativi che rimangono”.

C’è un altro elemento nella vita del mediatore culturale ivoriano. “Sappiamo che Daouda aveva in corso un procedimento penale come persona offesa per il reato di minacce da parte di un’altra persona straniera. Anche questo è un elemento da attenzionare.”.

Le indagini sono ferme, ma non sono affatto concluse. “Stiamo proseguendo – spiega il procuratore Fabio D’Anna – ma tutti gli accertamenti finora non ci hanno dati elementi utili. È un caso difficile, ma non ci siamo affatto fermati. Speriamo sempre di poter avere degli elementi in più e di poter dare delle certezze alla famiglia di Daouda”.

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