LA POVERTÀ ABBASSA IL QUOZIENTE INTELLETTIVO

«Mater artium necessitas» recita un proverbio latino:  «La necessità è la madre delle abilità».

Sarà pur vero (o lo è forse solo in quei casi che essendo coronati dal successo vengono ricordati) ma uno studio sembra sfatare almeno in parte il mito che “la necessità aguzza l’ingegno”.

Una ricerca svolta dai ricercatori di due tra le più prestigiose università al mondo, Harvard e Princeton ha rivelato che, in situazioni di crisi come quella che stiamo attraversando, caratterizzate da  notevoli difficoltà economiche, il cervello è sottoposto ad una sofferenza tale da portare addirittura ad un crollo del Quoziente Intellettivo (QI) anche di 13 punti. Un grave problema economico, nel momento in cui viene affrontato, porta ad una eccessiva dissipazione di energie mentali equivalenti alla perdita di intere nottate di sonno e paragonabili allo stato mentale di un alcolista cronico.

I ricercatori spiegano: “È come quando siamo di fronte a un pc molto lento. In realtà, non lo è davvero, ma è impegnato a fare altro, come scaricare un’enorme mole di dati”. Una cosa molto simile succede al nostro cervello che quando si trova attanagliato dal pensiero di arrivare alla fine del mese comincia a lavorare più lentamente e peggio.

Lo studio, Poverty Impedes Cognitive Function  pubblicato su Science, è stato condotto reclutando 400 volontari di diversa estrazione socio-economica. A queste persone è stato misurato il QI attraverso dei test; poi sono state suddivise in sottogruppi a seconda del loro tenore di vita.

Al fine di poter calcolare l’impatto di trovarsi in difficoltà economica, è stato sottoposto loro un problema relativo ad una grossa spesa improvvisa, necessaria ed improrogabile.

Ebbene, nel gruppo di volontari con reddito annuo inferiore ai 15 mila euro, un ricalcolo del QI ha mostrato un vertiginoso calo, fino alla perdita in alcuni soggetii di ben 13 punti. Non si è registrata invece perdita di punti di QI nell’altro gruppo con un reddito annuo simile ma al quale non era stato sottoposto nessun problema di carattere economico, né nel  gruppo di volontari a più alto reddito (50 mila euro/anno) ai quali era stato posto il problema di affrontare una spesa improvvisa.

Sono stati ottenuti risultati sovrapponibili anche in una seconda serie di esperimenti eseguiti su 464 coltivatori volontari: ognuno di essi ha eseguito il test del QI prima e dopo il raccolto. I punteggi  migliori sono risultati quelli dopo il raccolto (che garantisce una certa serenità economica).

Le prestazioni intellettive si indeboliscono notevolmente più che in altre situazioni quando si deve far fronte a problemi di carattere economico che come tarli scavano la mente assorbendone le energie. La povertà in pratica impedisce di concentrarsi efficacemente sulle scelte e le strategie che permetterebbero di superare definitivamente le ristrettezze economiche, le quali, secondo gli studiosi possono diventare a loro volta una causa di povertà venendosi a creare una sorta di ciclo vizioso: cioè arrovellarsi continuamente, nel tentativo di “sbarcare il lunario” , sottrarrebbe quelle risorse mentali che altrimenti verrebbero dedicate allo studio, alla formazione in campo lavorativo, ai legami sociali ecc. che potrebbero permettere di sollevarsi e riscattarsi dalla propria posizione. Questi effetti non devono confondersi con lo stress che se non diventa un problema cronico può addirittura migliorare le prestazioni cognitive.

“Questi risultati concordano con la nostra esperienza su come le ristrettezze catturino l’attenzione. Il solo chiedere a una persona povera di pensare a ipotetici problemi finanziari riduce la larghezza di banda mentale. Questo è un effetto acuto e immediato e ha implicazioni per ristrettezze di risorse di qualsiasi tipo” spiegano gli autori dello studio.

Fin qui parlano i dati, ma per molti non sono generalizzabili obiettando che «anzi in generale è vero il contrario, e cioè che è proprio nelle difficoltà, comprese quelle economiche, che tiriamo fuori il meglio di noi». Sta di fatto però che a riprova di una correlazione tra prestazioni cognitive e difficoltà economiche c’è un altro studio Migraine prevalence, socioeconomic status, and social causation, dell’Università della California e pubblicato sulla rivista Neurology dove viene evidenziato che le persone che soffrono di emicrania sono prevalemtemente quelle a più basso reddito.

L’emicrania a sua volta può avere conseguenze anatomiche a lungo termine sul cervello, aumentando il rischio di sviluppare anomalie nella struttura della materia bianca, microlesioni silenti di tipo infartuale e cambiamenti nel volume di materia grigia e materia bianca, soprattutto nella forna “con aura”: è quello che si evince da un altro studio (Migraine and structural changes in the brain) pubblicato qualche giorno fa, anche questo su Neurology, dai ricercatori dell’Università di Copenaghen.                                                                                                  

 

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