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…LA MUSICA E’ FINITA GLI AMICI SE NE VANNO!
15 Nov 2012 18:49
Quando a Ragusa arriva qualcuno da fuori, gli indigeni restano ad ammirare e ad ascoltare a bocca aperta, specie se il forestiero ha al seguito una barca di soldi da investire. Magari qualcuno cercherà o farà finta di opporsi ad un piano edilizio, ad una costruzione, ad un progetto, ma tutto scorre e fila liscio.
Ma il fascino dei forestieri è assoluto quando ci sono da apprendere importanti nozioni di economia commerciale, di marketing e di strategie da adottare a seguito di precise ricerche di mercato.
Così è stato in occasione della creazione dei due centri commerciali che insistono su Ragusa, così sarà stato per quello di Modica, così sarebbe stato per l’altro (o altri due) centri commerciali di Ragusa, per ora in stand-bay.
Progetti faraonici che, è sotto l’occhio di tutti, hanno sicuramente dato un impulso non indifferente alla occupazione, soprattutto giovanile, mentre sono anche accusati di aver determinato un forte calo di presenze nel centro storico, con conseguente calo di vendite e chiusura di molti esercizi commerciali.
Dopo qualche anno dall’apertura, cominciano a sorgere non pochi dubbi sul futuro di questi centri commerciali, complice anche la crisi persistente che ha ridotto di molto il potere di spesa della gente e quindi ha determinato una contrazione dei consumi.
In premessa è meglio evidenziare che chi scrive è assolutamente favorevole ai centri commerciali e agli orari prolungati (immaginatevi fare la spesa di notte, o , quantomeno, verso mezzanotte)
Ma se le scelte operate dai maghi del nord non si rivelassero del tutto azzeccate, senza scendere in approfondite analisi economiche di cui, certo, lo scrivente non ha competenze, verrebbe subito da chiedersi la fine della forza lavoro attualmente impegnata e, soprattutto, cosa si ritroverebbe in un centro città ormai abbandonato e senza grandi negozi.
Anche se per uno dei due centri commerciali il piano di espansione edilizia, che già è sotto l’occhio di tutti, frutto della vulcanica creatività e iniziativa di noti imprenditori locali, lascia presagire sviluppi di tutta l’area, forieri di grandi vantaggi per la città, e anche se l’altro centro commerciale insiste direttamente sul centro abitato e gode, quindi, di una più diffusa presenza in tutti i giorni della settimana, non si possono non notare alcuni aspetti che stridono con il luccichio e la grandiosità di queste strutture.
In tutti i centri commerciali, pare, sia trainante l’ipermercato, il cui prestigio, la cui grandezza, il cui grande assortimento dovrebbero costituire l’elemento di grande attrazione: dall’apertura abbiamo visto abbandoni, cambi d’insegna e progressive riduzioni della superficie di vendita, che hanno decimato il numero degli scaffali, con conseguente limitazioni delle referenze offerte.
All’apertura eravamo felici di dedicare interi pomeriggi alla scoperta di meraviglie alimentari e non: nuove marche e nuove confezioni degli articoli più disparati, miele al mandarino, stuzzichini allo champagne, vini che mai avevamo trovato facilmente, conserve tipiche regionali, formaggi, liquori, birre, salsine, merendine, dolciumi di tutti i tipi e di varia provenienza, yogurth con mille gusti di frutta, gastronomia pronta a tutte le ore del giorno, pane fresco anche la domenica, queste solo alcune delle delizie di cui si andava alla ricerca come in una caccia al tesoro. Anche le caramelle erano nuove e di gusti assurdi.
Era una semplice questione di assortimento, ma anche di mentalità commerciale, cito solo un esempio: una nota industria dolciaria catanese, quindi vicinissima a noi, produce delle merendine allo yogurth, fra cui una al gusto di fragola. Ai tempi del primo ipermercato che aprì i battenti, IperStanda, queste merendine abbondavano sullo scaffale. Andata via IperStanda, non si sono più trovate, neanche a chiedere, perché così decidono gli addetti all’acquisto delle centrali locali.
Ma non era questione solo di merce venduta: il personale, in gran numero, con eleganti divise, ordine, pulizia somma, casse sempre aperte, tutto era nuovo e scintillante. Nulla da invidiare agli ipermercati di Catania, dove pure ci sono stati, ultimamente, alcuni cambi d’insegna, che stordiscono, al loro apparire per grandiosità e densità della merce.
Ora le superfici sono ridotte, il personale diminuito, mancano interi reparti, come elettronica, libri, giocattoli, abbigliamento, articoli per auto e tanti altri. Sono normali supermercati come li conoscevamo prima dell’avvento dei mostri sacri della grande distribuzione, con i carrelli devastati dai vandali, vecchiotti, con le ruote che tiri verso destra e il carrello va a sinistra, conservati nei box esterni che pare siano rifugi della guerra 15/18 per lo stato in cui si trovano, con l’aggeggio per inserire la moneta che diventa un gratta e vinci quando devi recuperare la moneta.
Altro elemento che lascia delusi, se non interdetti per chi, può capitare, proprio sabato scorso, è stato in due centri commerciali di Catania, è la condizione dei punti ristoro, in entrambe le strutture.
Locali chiusi da tempo, esercizi sottodimensionati che rivelano grande abnegazione e spirito di sacrificio dei dipendenti ma gestioni che vanno riviste, soprattutto in ordine all’offerta che sarebbe giusto presentare alla clientela. Oserei dire che, contrariamente ad ogni regola, dovrebbe essere il centro commerciale a pagare famosi gestori per avere la certezza di un servizio di prim’ordine, servizio che, di certo, costituisce primario elemento di frequenza per la struttura.
Capitolo finale lo spettacolo di tanti negozi chiusi, dove di più, dove di meno, spettacolo spiacevole aggravato dai grandi teloni dove sta scritto: STIAMO LAVORANDO PER VOI ! Ma fino a quando, dal momento che si vogliono far passare per imminenti aperture chiusure definitive.
Senza dire che il livello degli esercizi è indubbiamente sceso, molti marchi eccellenti resistono ma molti altri hanno abbandonato, qualche grande negozio si distingue e si deve alla valenza di certa imprenditoria locale, hanno trovato spazio negozi che, con tutto il rispetto, sono più adatti alla periferia di una media città che ad un luccicante centro commerciale.
A Catania le grandi gallerie su cui si aprono le vetrine degli esercizi commerciali, sono costellate da stand provvisori di vendita che, prima di tutto, si distinguono per il design e l’architettura: sono quegli stand utilizzati per una settimana o poco più per presentazione di prodotti, per promozioni, per prodotti finanziari, promozioni di telefonia mobile e simili.
Da noi, i centri commerciali, forse per arrotondare, accolgono di tutto, dalla macchinetta per il caffè alle erbe dimagranti, dalle poltrone ortopediche ai piccoli oggetti d’artigianato, senza il briciolo di una struttura espositiva che possa definirsi tale: siamo a livello della fiera di paese, dove il prestigio della presentazione è dato solo dal prodotto, ove abbia i giusti requisiti estetici. La classica bancarella. Ma la gestione del centro metta a disposizione per queste vendite, almeno, opportunatamente attrezzato, uno dei tanti negozi vuoti.
Ancora è d’obbligo ricorrere al paragone con Catania per le toilette: là sono luogo deodorato e pulitissimo, dove le signore si intrattengono per truccarsi o per cambiar il pannolino al piccolo, da noi domina il tipico olezzo da cesso pubblico, addirittura per molte settimane c’è stato un gabinetto lasciato aperto perché mancava la porta.
Da ultimo una connotazione negativa va fatta per la comunicazione che, al di là, degli ormai banali quindicinali volantini del supermercato, è quasi del tutto inesistente, con un aspetto inusuale per un centro commerciale, laddove vengono installati impianti pubblicitari che vengono utilizzati a disposizione di ditte esterne al centro, cosa mai vista perché fuori da ogni logica di mercato, in quanto trattasi di una pubblicità che invoglia a rivolgersi altrove dal centro stesso.
Molti degli aspetti evidenziati saranno dovuti a difficoltà di gestione, non dovuta certo ai responsabili locali ma, piuttosto alle contingenti difficoltà di mercato, ma di certo molte cose potrebbero essere sistemate, o almeno migliorate, attraverso opportune strategie di comunicazione, intelligenti accorgimenti, adeguati controlli.
Altrimenti i centri diventeranno sempre di più meta preferita dagli anziani per lo ‘struscio’ pomeridiano, favorito dal calduccio in inverno e dall’aria condizionata in estate, e punto di aggregazione per i giovanissimi, con tutti i vantaggi e svantaggi dell’enorme incontrollato movimento.
Molti degli esercenti, per ora, si lamentano ma continuano ad aprire, puntuali, ogni mattina, la saracinesca.
Altri, invero non si lamentano e, anzi, relativamente ai tempi, sono soddisfatti.
Ma non si può fare a meno di constatare che qualcosa non gira come dovrebbe: gli sportelli bancari sono solo automatici, come un rifornimento nei giorni festivi, mancano negozi di giocattoli, gli unici che restano comunque al di sopra delle crisi, una parafarmacia ha chiuso i battenti, mancano dolciumi e cioccolaterie, non ci sono stati mai paninerie, birrerie, frullaterie o yogurterie.
Sostanzialmente non diversa è la situazione nel vicino nuovo centro commerciale di Modica, architettonicamente superbo, simile a quello di Ragusa centro a cui, del resto, è accomunato dalla firma dello stesso progettista, ma che lascia delusi, e anche dispiaciuti, per l’alto numero di negozi ancora chiusi a diversi mesi dall’apertura.
Ma non è che qualcuno abbia sbagliato i conti, le previsioni e le ricerche di mercato?
Perché non si adottano precisi cambiamenti di rotta, anche a costo di sacrifici economici?
Se la crisi non sanno dominarla gli strateghi del nord, come potremo fare noi poveri meridionali?
Ricordatevi che questa è una terra particolare, e al nord lo sanno: nell’ambiente degli addetti ai lavori nessuno sconosce che in questa terra poco dopo l’apertura ha chiuso i battenti un McDonald, caso forse unico nella storia del famoso fast-food.
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