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La fine della Prima Guerra Mondiale, le vittime degli Iblei, la memoria delle tragedie umane nel libro di Uccio Barone edito da Bapr. Ecco tutti i numeri
04 Nov 2018 13:38
In occasione della ricorrenza del Centenario della Prima guerra mondiale, drammatico evento di portata universale che, col suo tributo di sangue, diede vita alle epocali trasformazioni geopolitiche e sociali del XX secolo, ripercorriamo alcune tappe che riguardano la provincia di Ragusa. Lo facciamo grazie all’importante lavoro di ricerca compiuto dal prof. Uccio Barone e pubblicato nel libro “Gli Iblei nella grande guerra” edito dalla Banca Agricola Popolare di Ragusa. Ecco alcuni stralci che mettono in evidenza le perdite avute negli Iblei.
“In tale contesto la provincia di Ragusa (allora il Circondario di Modica) con i suoi 13 Comuni (Ragusa Superiore e Ragusa Ibla erano ancora separati) registra 3.541 caduti, pari all’11% sul totale di 33.000 arruolati. Modica come capoluogo di Circondario conta il numero più alto di vittime con 790 morti, seguita dai 698 delle due Raguse (dati unificati nella tabella II), da Vittoria e Comiso quasi appaiati ma a notevole distanza (rispettivamente 439 e 416), Scicli (319), Ispica (237) e dai Comuni montani di Chiaramonte (210) e Monterosso (112), mentre minori perdite registrano Santa Croce Camerina (95), Pozzallo (83), Acate (76) e Giarratana (74). Se oltre alle cifre assolute si tiene conto del rapporto percentuale tra popolazione residente e numero dei caduti, il primo posto spetta a Ispica con il 2,04%, seguita dai centri montani di Giarratana (1,96%), Monterosso (1,82%) e Chiaramonte (1,74%), laddove le città più popolose si collocano in fondo alla classifica. Se poi si vuole considerare la percentuale dei morti in rapporto alla popolazione maschile tra i 18 e i 40 anni, il primato spetta a Comiso con il 13%, seguita da Ragusa con il 10%
I caduti iblei della Grande Guerra sono tuttavia molto più numerosi del dato ufficiale di 3.541. Se infatti applichiamo il coefficiente di maggiorazione accreditato a livello nazionale (da 529.025 a 650.000) e regionale (da 44.544 a 52.829) anche nel Circondario ibleo va conteggiato un aumento di 700/800 unità, che porterebbe il numero dei decessi a 4.400 circa9 . A essi occorre aggiungere ancora le vittime dell’epidemia influenzale “spagnola”, che in Italia toccano la cifra impressionante di 500.000 circa, concentrate prevalentemente nelle regioni meridionali: in Sicilia nel solo anno 1918 si verificarono 30.000 decessi. Pur scontando la mancanza di monografie locali sull’argomento, si possono con prudenza ipotizzare nel Circondario di Modica intorno ai 3.000 morti nel biennio.
Gli statini settimanali dei decessi conservati nell’Archivio Storico del comune di Ragusa segnano dati impressionanti nell’inverno 1918-19, confermati dal Diario inedito di Paolo Orsi per Chiaramonte, Monterosso, Giarratana. Nel complesso i morti dell’area iblea ascenderebbero intorno alle 5/6.000 unità: una cifra pressoché doppia rispetto alle statistiche ufficiali10. La tabella IV visualizza le cause di morte, fra cui spiccano soprattutto le ferite in combattimento, che da sole rappresentano la metà del totale. Vasta e articolata risulta la tipologia dei ferimenti letali: fratture del cranio, spappolamento di organi, mutilazione di arti, proiettili di mitragliatrice al collo e al viso. Per l’onore del soldato caduto è comunque importante che il colpo mortale sia stato ricevuto di fronte o di fianco, mai alle spalle: segno ambiguo, quest’ultimo, di fuga di fronte al nemico.
Di non minore importanza sono i decessi per malattia, che raggiungono il 28%, seguiti dai dispersi pari al 18%. Per quanto riguarda le malattie ampio è il ventaglio patologico: infezioni contratte in trincea, epidemie influenzali, tifo e dissenteria, disturbi psichiatrici. Una terza categoria di caduti in guerra è quella dei dispersi, che ascenderebbero a 653, pari al 18%. In realtà, i soldati di cui si sono perse le tracce sono molti di più, come si rileva da numerose testimonianze ricavate dagli archivi storici comunali o da fonti letterarie: solo per fare un esempio, nella sua autobiografia raccolta da Giovanni Rosa il contadino Peppino Iozzia di Modica racconta di aver perduto al fronte il padre e uno zio senza che la famiglia abbia mai ricevuto una comunicazione ufficiale. Semplicemente scomparsi nel nulla11.
Un altro doloroso capitolo è quello dei morti in prigionia, di cui sono stati censiti 255 casi, pari al 7% del totale. Non si possono trascurare, infine, le vittime di incidenti provocati da valanghe, scontri di mezzi militari, abbattimento di aerei, affondamento di navi. Quest’ultima evenienza merita un approfondimento, per il Rappresentazione allegorica dell’Italia, collezione Giovanni Ottaviano. LUTTO E GLORIA 17 coinvolgimento di 48 cittadini iblei. L’episodio più eclatante attiene al siluramento del piroscafo Principe Umberto con 2.600 militari provenienti dall’Albania (in appoggio all’esercito serbo) e destinati a rafforzare le nostre linee sull’Isonzo. Colpita la sera dell’8 giugno 1916, la nave si inabissa in pochi minuti causando la morte di 1.900 militari. A bordo erano presenti molti soldati del Circondario, anche se solo di alcuni sono note le generalità: Giovanni Caruso di Ragusa, Salvatore Antoci di Chiaramonte, Giovanni Zisa di Scicli, Salvatore Quartarone di Ispica12. Un’altra vittima caduta in battaglia navale è il guardiamarina di complemento Giuseppe Floridia, nato a Ragusa Ibla nel 1893, perito nell’esplosione della corazzata Benedetto Brin nel porto di Brindisi il 27 settembre 1915 (456 morti su 943 uomini d’equipaggio)13. F ra le vittime inconsapevoli dei disastri navali di questa guerra vanno ascritte due donne modicane con un bambino, umili protagoniste di una storia drammatica e sconosciuta. Pietra Alecci di 27 anni con il figlio Orazio di 18 mesi e la cugina Luisa Di Lorenzo di 29 anni decidono di raggiungere a New York Angelo Liuzzo, marito di Pietra, colà emigrato per ragioni di lavoro. Il terzetto s’imbarca a Messina il 7 novembre 1915 sul piroscafo Ancona partito il giorno prima da Napoli con 626 passeggeri e 164 membri d’equipaggio. Durante la traversata nel Mediterraneo verso Gibilterra il capitano tiene però un contegno strano, di sera le luci restano spente e ai viaggiatori viene consentito solo l’uso di candele con la giustificazione di evitare la possibile intercettazione da parte di sommergibili nemici. Le convenzioni internazionali vietano gli attacchi delle navi mercantili, né a quella data l’Italia aveva ancora dichiarato guerra alla Germania, ma un sommergibile tedesco battendo bandiera austriaca lancia siluri e cannoneggia improvvisamente l’Ancona, che cola a picco rapidamente trascinando uomini e cose in fondo al mare”.
La Banca Agricola Popolare di Ragusa ha deciso di rendere pubblico l’intero prezioso volume diffuso via web.
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