INTERVISTA ALL’ING. MANFRED DILIGENTE

L’Ing. Manfred Diligente, nato e cresciuto in quel di Scicli, ha voluto svolgere i suoi studi universitari presso il Politecnico dell’Università di Torino. Una città che nella seconda metà del secolo scorso aveva costituito uno dei luoghi cardini della migrazione dal sud Italia al nord in ragione delle esigenze fondamentali di vita e di reddito personale e familiare della gente meridionale.

L’approccio di Manfred non è stato una continuazione di questo bisogno, bensì –mutati i tempi e le condizioni- una domanda piena e articolata di cultura, di serio luogo di studio, di confronto con una struttura universitaria riconosciuta collettivamente come  appropriata ed avanzata in relazione al contesto europeo.

Il suo non è stato un percorso di mero studio finalizzato all’esclusivo scopo del superamento degli esami e del titolo di laurea.

Pur avendolo conosciuto da ragazzo, ho voluto conoscerlo quale giovane universitario in un colloquio diretto, dopo aver letto diversi articoli che lo studente Diligente –nel corso dell’attività di studio e di ricerca tecnica e scientifica- ha redatto e pubblicato sulle pagine speciali del quotidiano “La Stampa” dedicate all’Ambiente.

Il discente si è mostrato a me come docente e, da parte mia, giurista da lunga data, il diritto dell’Ambiente mi si è mostrato bisognoso dell’apporto dello studio e della ricerca ingegneristica.

Invero, che il diritto ambientale necessitasse dell’apporto di tante altre dottrine e scienze mi era già noto, ma il confronto con uno studente di Ingegneria mi ha dato contezza di questa obbligatorietà e maggior completezza per il diritto.

E così, dalle parole ai fatti: stavamo preparando con altri giuristi una Summer School ad Abrigada, Portogallo, ed ho chiesto all’allora prossimo Ingegnere Diligente (nomen omen, secondo i residui della mia conoscenza latinista; n.d.r.) di dare ed apportare il suo personale e professionale contributo a questo momento di confronto giuridico europeo sulle tematiche ambientali.

Cosa sia accaduto in lui e nel contesto di studi giuridici in cui si è trovato ad operare lo lascio alla sua parola ed alla sua personale esperienza:

Ing. Manfred Diligente:

 

Nino, quale migliore occasione per introdurmi in questo contesto?! Era il periodo in cui il mio bagaglio accademico necessitava di essere aperto e messo a disposizione di un contesto multidisciplinare.

 

Ma, perché hai ritenuto di andare avanti in questo dialogo in itinere tra diritto e ingegneria, che nel novembre 2015 è stato promosso da giuristi di pressoché tutti i continenti?

 

Perché una volta aperto il bagaglio ad Abrigada, mi sono accorto che bisognava riempirlo sempre di più. Ma dato che questo era di ridotte dimensioni, ne ho comprato uno più grande per seguirvi in questo dialogo.

 

Cosa hai potuto ricavare dalle molteplici e variegate relazioni con e di studenti, docenti, magistrati, operatori giuridici di culture e dottrine così distanti in termini territoriali e originari?

 

Senza dubbio la “curiosa” possibilità di instaurare un dialogo “alla pari” tra persone – più che tra rappresentanti di istituzioni – che nonostante la distanza guardano la stessa faccia della Luna e discutono dell’ambiente come bene comune da salvaguardare e valorizzare.  

 

 

Da ultimo e in breve, l’esperienza della Summer School europea negli Iblei. Cosa ha avuto per te di speciale e di specifico?

 

Di speciale proprio il fatto di ospitare la Summer School nella nostra terra, nel nostro sud-est; quale miglior posto se non qui, crocevia di storia e culture, di dominatori, vinti e di mancati dominatori avvinti dal fascino dell’isola.

 

Ha allargato lo sguardo tecnico e dottrinale sull’Ambiente per poterne fare luogo di accoglienza e dialogo universale?

Abbandonando gli stereotipi dell’Ambiente inteso come verde, esso è stato questa volta trattato come complesso di condizioni sociali, culturali e morali nel quale una persona si trova, si forma, si definisce. Pertanto, l’Ambiente “si sposa bene” con la tematica dell’emigrazione africana che necessita a mio avviso di essere ridefinita e non concepita come una situazione di emergenza, ma come un processo in atto che spazia dal post-colonialismo al neo-liberalismo. In questo contesto, parlare di accoglienza e dialogo è imperativo, perché ci troviamo di fronte ad una evoluzione “fisiologica” del fenomeno. 

 

 

 

Last but not least, direbbe un intervistatore inglese; insomma, in profondità del tuo pensiero e del tuo animo, quale –in brevissima sintesi- il modo di vivere e relazionarsi che oggi –quale frutto di questo- ti trovi dentro e che incide sulla tua vita personale e professionale?

 

Penso semplicemente che una vita fatta di relazioni costituisca il fulcro per lo sviluppo individuale e collettivo. Se per relazione si intende quel legame che si crea tra due o più persone i cui pensierisentimenti e azioni si influenzano vicendevolmente, pare ovvio che in una relazione interpersonale si crei quindi un vincolo di interdipendenza. Interdipendenza che va compresa in un’accezione positiva del termine, per cui dove in una disciplina deficito io prevali tu e il risultato è completarci vicendevolmente dialogando sui diversi e/o contrastanti punti di vista.

Mi piace concludere con un noto verso virgiliano, con cui Enea rincuora i compagni dopo la tempesta che li ha gettati sulle spiagge libiche:

Forsan et haec olim meminisse iuvabit!

 

Grazie!

 

 

 

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