INTERNET E LA LIBERTA’ DI STAMPA

Una sentenza della Cassazione di giovedì 10 maggio, che forse farà storia e che decide una causa nata nella nostra provincia, stabilisce la libertà di blog, nel senso che gli stessi non vanno assimilati alla stampa periodica e quindi non vanno registrati in tribunale.

La libertà di stampa è una delle garanzie che ogni Stato di diritto, in ogni campo della stessa (giornali, radio, televisioni, provider internet), dovrebbe garantire ai cittadini, con una serie di diritti estesi principalmente ai membri delle agenzie di giornalismo, ed alle loro pubblicazioni. Essa si estende anche al diritto all’accesso ed alla raccolta delle informazioni ed ai processi che servono per ottenere informazioni da distribuire al pubblico. In Italia la libertà di stampa è sancita dall’art. 21 della Costituzione. Anche come paese integrante dell’Unione Europea, l’Italia si impegna a rispettare la libertà di stampa come sancito nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione, nell’art. II-71 che stabilisce la “Libertà di espressione e d’informazione”.

Molte delle leggi che regolano la libertà di stampa nella Repubblica Italiana sono anteriori alla Costituzione; alcune provengono dalla riforma in senso liberale promulgata da Giovanni Giolitti nel 1912, che istituì anche il suffragio universale per tutti i cittadini di sesso maschile. Molte di queste leggi liberali vennero abrogate dal Governo Mussolini già durante i primi anni di governo (nel 1926). Di particolare importanza poi il codice penale del 1930, il cd codice Rocco dal nome del Ministro della Giustizia estensore, del Governo Mussolini nel Regno d’Italia, che imbrigliava e puniva la stampa dell’epoca (si pensi agli artt. 57 c.p.,303 c.p., 662 c.p., alcune delle quali abrogate solo di recente). Questo codice, per altro tuttora in vigore, è stato modificato parzialmente in diverse occasioni, come nel 1945 e nel 1951, nel 1982, nel 1999, senza considerare i notevoli interventi della Corte costituzionale. Con le riforme predette, si abolisce la filosofia persecutoria di base e molti articoli (ma non tutti: si pensi alla censura in materia cinematografica). Nonostante questo, molte norme di stampo fascista, che regolano questioni “minori” come la necessità di autorizzazione per la stampa, sono ancora in vigore, e vengono ignorati o interpretati in modo “addolcito” dalla maggior parte dei pubblici funzionari italiani. Per altro, la mancanza di un ammodernamento della normativa penale ed amministrativa italiana alle nuove tecnologie, costringe ad interpretazioni talvolta ampie, talvolta restrittive da parte della magistratura, con effetti deleteri e con conseguenze paradossali: le stesse norme portano ad una condanna o ad una assoluzione a seconda del giudice che le interpreta.

L’articolo 21 della Costituzione Italiana si trova nella Parte I che regola i Diritti e Doveri dei Cittadini, al Titolo I sotto la voce “Rapporti Civili”.

« Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. »

Il particolare momento in cui ha operato la Costituente aveva spinto una larga maggioranza dei costituenti, con ampia intesa tra forze progressiste e moderate, ad individuare nella libertà di stampa uno dei cardini del nuovo stato democratico. Le uniche riserve erano state quelle di un controllo delle manifestazioni contrarie al buon costume.

All’epoca la stampa era il solo, o comunque il più importante strumento di informazione. C’era la radio ma la televisione, internet e le moderne tecnologie erano di là da venire. Si affermò pertanto una visione restrittiva che limitava l’applicazione della norma solo alla stampa “su carta”. Sulla base di questa visione restrittiva del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero una larga e trasversale parte delle forze politiche ha sempre trovato motivi per restringere la libertà di espressione, giustificando, ad esempio, la presenza di un monopolio della Rai in campo radiotelevisivo, adducendo il motivo che le frequenze disponibili sull’etere sono un numero relativamente limitato.

A distanza di trent’anni dallo scontro tra le due opposte visioni affiora ora in modo chiaro che gli aspetti giuridici della questione furono, da una parte e dall’altra, usati solo come pretesto per sostenere le proprie tesi.

Ed eccoci alla questione di oggi. “I blog non vanno registrati perché non sono assoggettabili alla legge sulla stampa del 1948. In particolare non hanno l’obbligo di registrarsi presso il tribunale come testata giornalistica, a meno che non ricevano finanziamenti pubblici”. Lo ha stabilito la Terza sezione della Cassazione (presidente Saverio Felice Mannino). Poiché il blog è periodicamente aggiornato, era la tesi accusatoria, il blog è un giornale soggetto alla legge sulla stampa. Tesi accolta nel 2008 dal Tribunale di Modica e, successivamente, dalla Corte d’appello di Catania.

La sentenza della terza Sezione della Corte stabilisce che i blog, ma anche tutti gli altri siti di informazione giuridica, sia portali che blog, non sono testate giornalistiche soggette alla legge sull’editoria e che, quindi, non devono essere registrati in tribunale, con la conseguente necessità e relativi costi di nominare un direttore responsabile. Questo implica, come ovvia conseguenza, che i blog non possono essere colpevoli, per loro stessa natura, del reato di stampa clandestina (pene detentive fino a due anni). Certo, come abbiamo visto, la sentenza della Cassazione si colloca comunque in un quadro normativo ancora ambiguo e confuso, oltre che oggettivamente vetusto, sull’argomento, un quadro che manca ancora di una legge organica ed aggiornata, ma è comunque un passo importante in un campo in cui la legislazione fascista impone ancora un ordine dei giornalisti anche alla carta stampata.

Forse non sarebbe nemmeno il caso di parlarne, ma la sentenza non dichiara libertà di delinquere su internet. Un conto è la libertà di espressione, un conto i reati che si possono commettere con gli strumenti che tutti i cittadini hanno il diritto di usare, e di cui gli stessi vanno sempre tenuti responsabili. La legge sulla stampa impone agli organi di stampa un direttore responsabile, in pratica un censore che è responsabile, per responsabilità oggettiva, di eventuali reati (diffamazione per lo più) commessi dai giornalisti nell’esercizio della loro professione. Ma la responsabilità penale, ai sensi dell’art. 27 della Costituzione, è personale e nessuno può rispondere penalmente per il fatto altrui. Estendere ai blog questa norma della legge sulla stampa, già di per se passibile di forti dubbi di costituzionalità, era veramente una forzatura.

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