In provincia di Ragusa tagliati 55 docenti: allarme per il futuro dell’istruzione

La provincia di Ragusa, ancora una volta, paga un prezzo altissimo nel silenzioso e progressivo smantellamento della scuola pubblica. Per l’anno scolastico 2025/2026, secondo i dati resi noti dalla Uil Scuola Sicilia e dalla Flc Cgil, sono 55 i posti di docente tagliati sul territorio ragusano. Un numero che, seppur inferiore a quello registrato in altre province siciliane, assume un peso specifico considerevole in un contesto demografico e geografico fragile come quello ibleo.

Nel complesso, in Sicilia si registra una riduzione di 637 posti di insegnante, a fronte di un calo di 8.496 studenti, che porteranno la popolazione scolastica regionale a scendere da 659.007 a 650.511 unità. Un calo demografico che è ben più di una cifra statistica: è il segnale tangibile di un’emorragia sociale e culturale che sta lentamente impoverendo il cuore della scuola pubblica. “Un impoverimento del servizio educativo”, così lo definisce Claudio Parasporo, segretario generale della Uil Scuola Sicilia. A pagarne il prezzo maggiore, osserva, sono proprio le province più marginali, dove il disagio socio-economico si intreccia con una rete scolastica già messa a dura prova da carenze strutturali e logistiche.

La riduzione degli organici, sottolineano i sindacati, non tiene conto delle reali necessità del territorio. In particolare, desta preoccupazione la gestione del sostegno: in Sicilia l’organico in deroga conta oltre 13.000 insegnanti, un dato che certifica il fabbisogno massiccio di personale specializzato, soprattutto nelle scuole di periferia. “Il fabbisogno reale – spiega Parasporo – è enormemente superiore rispetto agli incrementi previsti, che risultano irrilevanti”. A ribadire l’allarme è anche Adriano Rizza, segretario generale della Flc Cgil Sicilia: “Il dimensionamento scolastico avviato dal governo penalizza il Mezzogiorno e ignora le esigenze dei territori fragili come il nostro. Una logica ragionieristica che non considera l’importanza della scuola come presidio di coesione sociale, soprattutto nelle aree interne e a rischio spopolamento”.

Il riferimento al processo di dimensionamento non è casuale. Esso comporta, nella pratica, l’accorpamento di istituti scolastici e la chiusura di plessi, con conseguente allontanamento dei presidi educativi dalle comunità locali. In un territorio come quello di Ragusa – dove molti comuni soffrono già l’isolamento e lo svuotamento dei centri storici – questo processo rischia di generare un effetto domino irreversibile.I sindacati invocano una nuova visione politica, che metta al centro la scuola come infrastruttura prioritaria per il futuro. Ridurre il numero di alunni per classe, rafforzare il sostegno, investire nei territori montani e nei piccoli comuni: sono queste le azioni che secondo Flc Cgil e Uil Scuola possono invertire la rotta.

La scuola iblea, oggi, è un termometro che segna febbre alta: il taglio di 55 docenti non è un dato neutro, è una ferita che si apre su un tessuto già lacerato da anni di disattenzioni e scelte miopi. E a pagare, come sempre, sono i più giovani. O, per dirla con le parole di Rizza, “non possiamo accettare che a pagare il prezzo della crisi demografica e delle politiche sbagliate siano le nostre scuole, i nostri lavoratori e, soprattutto, i nostri studenti”.

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