Il “terremotu ranni” che cambiò il volto e la storia della Sicilia orientale. Oggi il 331esimo anniversario. L’antica preghiera e i numeri

Accendere una candela e recitare davanti l’uscio di casa la tradizionale preghiera tramandata nei secoli. E’ quello che ciascuna famiglia della Sicilia orientale dovrebbe fare nella giornata di oggi nel ricordo del “terremotu ranni” che ha colpito questa parte dell’isola ed in particolare il Val di Noto l’11 gennaio 1693. In molte chiese del territorio colpito alle 15 di oggi le campane suonano a morto.

Il testo dell’antica preghiera.

All’unnici jnnaru e non ni stornu ppi l’aviri affisu Diu tantu supernu n’tempu n’mumentu, si vitti nna gn’ornu morti, giudiziu, paradisu e nfernu.

L’unnici jnnaru a vintun’ura a Jaci senza sonu s’abballava, cu sutta i petri cu sutta li mura.

E ccu misericordia chiamava santa Vennira nostra prutittura, sutta lu sa mantu nni salvava.

Si vitti e nun si vitti Terranova.

Vittoria sprufunnau nta la ciumara,

Comisu persi la so vita cara e Viscari lu chiantu cci rinnova.

Tuttu Scichili trimau intra na vaddata,

e Modica muriu tra li timpuna.

Rausa prestu cascau tra li cavuna e a Chiaramunti nun restau casata.

I numeri della catastrofe.

Quello del 1693 è stato, assieme a quello del 1169 e del 1908, uno dei più tragici eventi che, nella storia, ha colpito la Sicilia orientale. Con magnitudo 7,31 paragonato al XI grado MCS (scala Mercalli) è stato, per intensità, il più forte nell’intero territorio della penisola. Il terremoto fu seguito da  un maremoto che colpì le coste ioniche della Sicilia e lo Stretto di Messina e, secondo alcune simulazioni, anche le Isole Eolie. Quarantacinque i centri abitati distrutti su un’area di circa 5600 chilometri quadrati; 60.000 le vittime ma fonti storiche danno un dato molto più elevato, 93.000 morti. Nel dettaglio il numero delle vittime. A Catania morirono 16.000 persone su una popolazione di circa 20.000; a Modica morirono 3.400 persone su una popolazione di 18.200; a Ragusa morirono circa 5.000 persone su 9.950; a Lentini 4.000 vittime su 10.000 abitanti; ad Occhiolà (l’antica Grammichele) che contava 2.910 abitanti, ne perirono il 52 per cento; a Siracusa circa 4.000 le vittime su 15.339 abitanti; a Militello Val di Catania circa 3.000 vittime su una popolazione di quasi 10.000; a Mineo 1.355 vittime su 6.723 abitanti; a Licodia Eubea 258 vittime su una popolazione di circa 4.000 abitanti; a Caltagirone più di mille le vittime su una popolazione di 20.000 persone. Gli altri centri ebbero dal 15 al 35 per cento di morti rispetto alla popolazione residente. Palazzolo Acreide e Buscemi ebbero la scomparsa del 41 per cento degli abitanti.

I danni al patrimonio artistico e culturale.

Pesanti i danni nella parte orientale dell’isola al ricco patrimonio artistico e culturale. Dei 64 monasteri della diocesi di Siracusa solo i 3 di Butera, Mazzarino e Terranova (oggi Gela) sono rimasti in piedi, tutti gli altri sono stati distrutti. Secondo una stima dei Senatori di Siracusa al Consiglio Supremo d’Italia a Madrid sono “rovinati e demoliti in tutto 2 vescovadi, 700 chiese, 22 collegiate, 250 monasteri, 49 città e morte 93.000 persone”.

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