IL RUOLO DELL’ASSOCIAZIONISMO FEMMINILE

 La presa di coscienza, da parte di una elite culturalmente preparata di donne, della necessità di battersi contro una realtà fatta di sottomissione,  di esclusione dalla cultura e dalle arti, di repressione di ogni possibilità di scegliere il proprio futuro, coincide con il diffondersi dell’Illuminismo, nella seconda metà del Settecento.

Nel corso dell’Ottocento emergono tre indirizzi di pensiero a cui si ispireranno tutte le organizzazioni femminili sorte tra XIX e XX secolo: il Liberalismo, il Socialismo, il Cattolicesimo Democratico.

Il liberalismo ispira quelle associazioni che insistono sui diritti della donna all’interno della famiglia e nella società e che promuovono le battaglie per il divorzio , per il diritto di voto, per l’accesso alle professioni tradizionalmente riservate agli uomini.

In Italia è l’Unione Femminile Nazionale, nata  nel 1899 a rappresentare questo orientamento.

Il Socialismo, e soprattutto il Socialismo Marxista, considera la famiglia un istituto all’interno del quale la donna sarà sempre oppressa.  Il riscatto della donna non può essere raggiunto senza il riscatto di tutto il proletariato e quindi le battaglie delle donne non vanno condotte separatamente. A Milano nel 1897 nasce il Movimento Femminile Socialista.

Il mondo cattolico,  durante il Pontificato di Leone XIII, il Papa della Rerum Novarum, si apre alla nuova realtà sociale. Abbiamo persino un femminismo cattolico che si esprime nel giornale “Pensiero e azione” e che si schiera a favore del voto alle donne e per la difesa sindacale delle operaie. Nel 1907 e nel 1908 vengono promossi dei convegni a cui partecipano donne liberali, socialiste e cattoliche .

Ben presto questo orientamento incorre nelle scomuniche che colpiscono il Modernismo e i suoi esponenti di punta, come Don Romolo Murri, e Mons Giacomo Radini Tedeschi.

Durante il pontificato di PIO X,  l’associazionismo femminile viene incoraggiato ma inquadrato nei ranghi dell’Azione Cattolica,  con compiti prevalentemente religiosi e in una posizione polemica con qualsiasi forma di Femminismo.  Così nel 1909 nasce l’Unione Donne di Azione Cattolica ,che, nei fatti, non si limita a catechizzare le donne, ma svolge una funzione socializzante fin nei più arretrati paesini di campagna e un’azione  di promozione della persona umana.

Nel 1918  nasce la Gioventù Femminile di Azione Cattolica che per 50 anni offre a molte bambine, adolescenti, giovani  un percorso formativo aperto non solo alla dimensione religiosa ma anche a quella culturale e civico-sociale. Tra l’altro, come l’Unione Donne, la G.F. raggiunge capillarmente tutto il territorio nazionale e si apre a tutte le classi sociali.

Nel ventennio fascista il movimento femminile di ispirazione liberale o socialista segna una battuta d’arresto. Le associazioni cattoliche vengono sciolte. Il Regime crea organizzazioni per tutte le fasce d’età e per tutte le categorie.

Quelle femminili, al di là delle stesse intenzioni del Regime, contribuiscono, specialmente nel Sud, all’emancipazione delle donne che cominciano a viaggiare da sole, a praticare sport, a partecipare a raduni e campeggi.

 La guerra di liberazione vede impegnate molte donne e questo contribuisce, nel 1945, alla fondazione di nuovi movimenti femminili o alla rinascita e alla diffusione in tutto il territorio nazionale di quelli già esistenti.

L’U.D.I.di ispirazione socialista e il C.I.F.di ispirazione cattolica nascono verso la fine del 1944 .

Gli anni cinquanta, secondo un giudizio corrente, costituiscono, nei corsi e ricorsi della Storia, un momento di riflusso delle donne verso i ruoli tradizionali, ma l’associazionismo femminile, di qualsiasi matrice ideologica,  si muove per fare pressione sui partiti politici e in particolare sulle donne che siedono al Parlamento per cambiare le leggi che riguardano la donna e l’istituto familiare e  tradurre in atto i principi di uguaglianza proclamati della Costituzione..

La contestazione studentesca e il conseguente esplodere del Neo-femminismo negli anni Settanta sembrano fare piazza pulita delle associazioni tradizionali, anche di quelle della sinistra storica.

Il CIF si trasforma da federazione in associazione femminile e attraversa un difficile periodo di rifondazione.

L’UDI si scioglie in quanto movimento nazionale e dà vita a gruppi che operano nel territorio in assoluta autonomia.

Ma il movimento neo femminista entra in crisi perché esplode in una miriade di gruppuscoli l’un contro l’altro armato, a causa dei personalismi e delle lotte per la leadership .

Nella seconda metà degli anni Settanta le associazioni femminili, all’interno delle quali si assiste ad un ricambio generazionale, vivono un periodo di grande vitalità che si esprime anche nella nascita  delle Consulte Femminili.

Già dall’inizio di questo secolo è diventato tutto più difficile . Le nuove generazioni tendono a pensare che la questione femminile sia superata e a contestare le associazioni di sole donne, preferendo ad esse   le diverse forme di volontariato , l’impegno politico o nella pastorale ecclesiale.

Tutte queste considerazioni alimentano un certo pessimismo sul futuro dell’Associazionismo femminile, eppure  il ruolo svolto dalle associazioni femminili è ancora assolutamente indispensabile in questo inizio di terzo millennio.

Lo è, per restare all’Italia, perché le donne hanno ottenuto molto in fatto di leggi in questi ultimi decenni, ma, come dimostrano i numerosi casi di violenza, sino a giungere al femminicidio, per molti uomini del Sud, come del Nord, del sottoproletariato, come della borghesia medio-alta, le “loro” donne non hanno alcun diritto, sono oggetti di loro proprietà.

Alle donne in Italia sono ancora preclusi i vertici di tante carriere e solo di recente hanno avuto più posti in Parlamento e nel Governo.

Purtroppo una donna ministro non può ancora sottrarsi, come dimostra la cronaca recentissima, ad apprezzamenti, anche piuttosto pesanti, sul suo aspetto fisico.

Questo agli uomini non accade di certo. 

Nel mondo aumenta ogni anno il livello di schiavitù e di violenza di cui sono vittime le donne e le bambine, a molte delle quali è persino impedito di nascere, esclusivamente a causa del loro sesso.

Le donne non possono, non debbono abbassare la guardia: i diritti ereditati, grazie all’impegno  delle precedenti generazioni, non sono ereditari .

L’associazionismo femminile ha avuto ed avrà un ruolo insostituibile finchè ci saranno donne emarginate, schiavizzate,comunque oppresse. Se nel passato esso ha trovato i modi e le forme per essere all’altezza dei tempi, anche oggi gli è chiesto di leggere con attenzione la realtà di rinnovarsi nei metodi e nei progetti, di saper essere, soprattutto, la voce di chi non ha voce.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it