IL LICEO CLASSICO DI RAGUSA AL TEATRO GRECO DI SIRACUSA

Sulla attività del Laboratorio teatrale Dionysos del Liceo Classico di Ragusa, lungo la stagione appena trascorsa, culminata con l’invito, dell’Inda di Siracusa, a partecipare, il 27 giugno, al teatro greco, a uno spettacolo finale della 49ma stagione di allestimenti classici, avevo titolato un mio intervento “Il 27 giugno, a Siracusa, si chiude, per il Liceo, UN ANNO DI ESITI STRAORDINARI“. E in effetti era così. Dopo il successo ottenuto il 23 maggio, con il Prometeo incatenato di Eschilo, al Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani, promosso, a Palazzolo Acreide, dallo stesso Istituto Nazionale del Dramma Antico (I.N.D.A.), il Laboratorio Dionysos viene inserito nello spettacolo “100 STELLE PER L’INDA”, quell’evento teatrale straordinario che avrebbe concluso, il 27 giugno appunto, al Teatro Greco di Siracusa, il ciclo annuale degli spettacoli classici, ma che avrebbe anche, contestualmente, preannunciato le celebrazioni per i 100 anni di vita dell’Inda, che ricorrono nel 2014. Un evento decisamente “conclusivo”, per un aspetto, ed “evocativo” per l’altro! E questo è stato concepito il 27 giugno: un mega allestimento, al Teatro Greco, con la regia di Michele Dell’Utri (nulla a che vedere con il più tristemente noto Marcello Dell’Utri) con protagonisti gli attori Maurizio Donadoni, Simonetta Cartia, Elena Polic Greco, Vincenzo Pirrotta, la Scuola di Teatro dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico. A cui sono stati affiancati gli interpreti, circa 100, di sei Istituti scolastici italiani, fra i quali gli interpreti del Liceo di Ragusa. Istituti che avevano già primeggiato al Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani. Sicché il titolo “100 Stelle… ” andava a sottolineare sicuramente la ricorrenza del centenario aretuseo ma anche i 100 interpreti dei migliori Istituti scolastici italiani. E in esso, oltre ad accompagnare e sottolineare, in scena, alcuni dei momenti filmici emblematici dei livelli teatrali conseguiti, dall’Inda, nel corso del Novecento, gli interpreti dei sei Istituti scolastici italiani hanno recitato, e cantato, in quel magico théatron, con grande effetto corale e interpretativo. Dopo l’accensione del fuoco nei bracieri, simbolo della prima rappresentazione classica, AGAMENNONE di Eschilo, prodotta nel 1914, per la prima volta, dall’Inda, in quel teatro greco, gli studenti hanno interpretato sequenze e suggestioni espunte da altre opere classiche di repertorio, che hanno dato gloria alle stagioni aretusee, negli anni. Nella prova degli studenti ho colto ritagli, abbastanza palesi, da Uccelli, di Aristofane, e da Lisistrata. Ma hanno, gli studenti, supportato anche numerosi altri segmenti di teatro, anche contemporaneo, che restituivano e contestualizzavano la produzione Inda nel panorama storico del Novecento: suggestiva una ricostruzione, “esistenzialistica” in qualche modo, di Hitler, dalla sua “nascita” sociale e politica, al crudele imperialismo della sua maturità, realizzata dalla Scuola di Teatro del Dramma Antico.

A questo appuntamento finale gli interpreti sono giunti attraverso un laboratorio intensissimo, di due giornate, su recitazione classica e canto, recitazione e movimento, recitazione e gestualità.

Devo infine dire ancora che il 27 giugno, sempre al Teatro Greco, e sempre all’interno di quell’evento celebrativo, il Liceo Classico di Ragusa è stato insignito di un PREMIO SPECIALE, per il progetto “I FUOCHI DI PROMETEO”, che individuava alcuni Istituti scolastici italiani, ritenuti primi, in Italia, nella produzione e diffusione del teatro classico.
Se si considera che a Siracusa il Laboratorio Dionysos arriva dopo aver vinto, l’11 maggio 2013, con il PROMETEO INCATENATO di Eschilo, il Primo Premio Nazionale, per la interpretazione del Coro delle Oceanine, alla rassegna italiana “AdMaiori”, in Campania, proprio nella città salernitana di Maiori; e che, ancora prima, il Laboratorio aveva ottenuto, nel 2010, con MEDEA di Euripide, il Primo Premio Nazionale alla prestigiosa e storica Rassegna italiana di Teatro Giovani di Serra San Quirico, in provincia di Ancona, nelle Marche; e che, nel 2011, alcuni studenti interpreti, erano stati inseriti nella fiction Rai Il campo del vasaio del Commissario Montalbano, trasmessa il 14 marzo 2011 su Rai1; e che alcuni di essi erano stati scelti, come interpreti, nel cortometraggio Maria Schininà Madre dei poveri, per il Premio Ragusani nel Mondo 2010, e nello spettacolo sulla Shoah Domande a Dio sul dolore degli innocenti, selezionato nel 2012 dal Prefetto di Ragusa Giovanna Cagliostro per ricordare l’Olocausto… se si considera tutto questo, era naturale che io iniziassi quel comunicato con la frase “Il 27 giugno, a Siracusa, si chiude UN ANNO DI ESITI STRAORDINARI… ” per intendere, nel termine usualmente scolastico di “anno”, piuttosto un “periodo” di esiti straordinari! Ma l’avevo scritta, quella frase, non sapendo che sarebbe risultata subito dopo, alla luce degli ultimi accadimenti, in qualche modo incompleta. Alla affermazione… si chiude un anno di esiti straordinari... avrei dovuto aggiungere… e ne comincia decisamente un altro! Perché ora prende corpo un coinvolgimento ulteriore: la Fondazione INDA promuove, a Siracusa, dal 23 settembre, al 29, una SETTIMANA “NAZIONALE” DELLA CULTURA CLASSICA, per porre la città e la Scuola aretusea, al centro della scena culturale della nuova stagione, con spettacoli, suggestioni artistiche e intrattenimenti formativi di vario tipo. E chiama ancora, per questa settimana, di fine settembre e di inizio stagione artistica, il Liceo Classico di Ragusa… in un progetto in cui sono invitati il Liceo Foscolo di Albano Laziale, il Liceo Tito Livio di Padova, il Liceo Michelangiolo di Firenze, il Liceo Manzoni di Caserta, il Liceo Decio Celeri di Lovere, il Liceo Oberdan di Trieste, il Liceo Delpino di Chiavari, il Liceo Virgilio di Vico del Gargano, il Liceo Perito di Eboli, con i Licei siciliani di Agrigento, Bagheria, Palazzolo e della stessa Siracusa. Una settimana costruita con quelle realtà italiane che hanno esaltato, in questi anni, il Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani.

Dunque una nuova, importante, proiezione, questa di settembre, che al Laboratorio Dionysos del Liceo spiana la strada alla divulgazione del Prometeo incatenato a Siracusa e in Sicilia, moltiplicandone gli esiti artistici e la crescita didattica.
Questo è quanto emerge, a conclusione, e direi per effetto, del progetto siracusano del 27 giugno.

 

Mi sia consentito sottolineare che i risultati del Laboratorio Dionysos del Liceo Classico di Ragusa, che cito in questa nota, non sarebbero mai stati ottenuti senza le strategie e la direzione, colta e lungimirante, del Preside del Liceo, prof. Vincenzo Giannone; senza la sensibile competenza didattica e culturale della prof. Maria Grazia Di Bartolo, tutor del Laboratorio Dionysos; senza il coordinamento, esperto, sapiente, infaticabile, del Segretario del Liceo Dir. Alberto Corallo. A loro e, mi sia consentito anche, alla precedente Segretaria del Liceo, la Dott.ssa Anna Malandrino, con la quale ho condiviso tanti anni di lavoro e di progetti, va il mio apprezzamento e sicuramente la gratitudine degli studenti.

RITRASCRIVO

qui di seguito, qualora dovessero tornare utili per qualunque ragione, delle annotazioni, già inserite nella mia nota precedente, per chiarire alcuni motivi tematici, assolutamente sintetici, che informano la più recente produzione artistica del Laboratorio Dionysos, il Prometeo incatenato di Eschilo.
Allego anche la locandina, con le note di regia, dello spettacolo proposto a Maiori, l’11 maggio 2013, e al Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani di Palazzolo Acreide, il 23 maggio.

Il PROMETEO INCATENATO è un’opera capolavoro, fra quelle fascinose del teatro tragico universale, scritta e rappresentata intorno al 470 a.C. da Eschilo, uno dei più grandi tragediografi della classicità, se non, in assoluto, il più grande … non solo del teatro greco antico, ma dell’intero teatro occidentale.

Personaggi della tragedia sono tutte divinità: Kratos e Bia (Bia è personaggio muto), Efesto, Prometeo, il Coro delle Oceanine, figlie di Oceano, lo stesso Oceano, Io figlia del re Inaco, Ermes. La scena è in una regione desertica della Scizia, su un dirupo montano, sul mare. Prometeo, colpevole di essersi impadronito del fuoco, fino ad allora prerogativa solo degli dèi e del loro dominus, e di averne insegnato l’uso ai mortali, è punito da Zeus. È condotto da Kratos e Bia, giganteschi personaggi armati, accompagnati da Ermes ed Efesto, su quel dirupo, dove Efesto lo incatena, affinché un’aquila, come vuole lo stesso Zeus, gli roda perennemente il fegato. Rimasto solo Prometeo indugia su quella famosissima e bellissima monodia, dolente, drammatica, “O etere divino; o venti, dalle ali veloci; e voi, sorgenti dei fiumi, e sorriso innumere delle onde marine… ” Un monologo fascinosamente drammatico, nel quale già si preannuncia la vigorosa accettazione della condanna e perfino la sfida, tracotante a tratti, con le quali Prometeo si oppone al gesto vendicativo di Zeus. A quel lamento assistono le Oceanine, figlie di Oceano, e lo stesso Oceano. Prometeo ne respinge, ironico, i consigli e gli ammonimenti dissuasivi. Sembra accettare, Prometeo, solo la pietà di Io, la bellissima fanciulla (ava di Eracle), che fugge dal suo luogo natio per sfuggire alle voglie concupiscenti di Zeus. Una enorme esplosione ruinosa, della terra e del cielo, sembra travolgerlo; la roccia a cui è legato si squarcia… e il dramma si chiude, prima che l’aquila arrivi in scena, a dilaniargli il fegato.

IL LAVORO DEL LICEO va a sintonizzarsi, da anni, sui codici molteplici che caratterizzavano le rappresentazioni tragiche greche, del V sec. a.C. in particolare. E utilizza, in simbiosi con la morfologia del teatro greco classico, il codice artistico dello spettacolo multidisciplinare, che al tempo dei greci utilizzava, con sapienza assoluta, i vari linguaggi teatrali: recitativo, canto, musica, danza, gestualità, plasticità.

Il teatro greco, ancor più quello tragico della Grecia classica, offriva una spettacolarità coinvolgente e travolgente, in sé unica. I temi forti delle tragedie, spinti talora fino agli estremi della crudeltà umana (si pensi alla vicenda di Medea che uccide perfino i figli per vendicarsi del tradimento di Giasone), si intrecciano, e si intercalano, con la magnificenza dei canti, delle musiche, con la plasticità dei gesti semantici, con le movenze suasive delle danze dei Cori tragici. Più delle parole, o comunque alla pari delle parole, mani e gestualità erano chiamate a restituire, cioè a comunicare, espressionisticamente quasi, la drammaticità esteriore della situazione scenica, da un lato, dall’altro il sentimento interiore delle vicende rappresentate.
Nel teatro classico, e in particolare nella tragedia, la gestualità è ampia e plastica, non soltanto perché è chiamata dai greci a restituire temi umani e metafisici universali, ma anche per ragioni fisiologiche, fisiche e materiali, cioè di spazialità. Il teatro greco veniva rappresentato su grandi spazi aperti, negli enormi teatri e nelle immense cavee occupate da moltitudini di spettatori che potevano essere raggiunti e toccati visivamente soltanto da una gestualità, dell’attore, e del coro, molto dilatata, nel segno estetico, ed esteriore, e nelle linee plastiche e dinamiche.
E l’ampiezza e la dilatazione del gesto tragico nel teatro dei greci, sebbene dettate da codici estetizzanti, contingenti, fisici, spaziali, davano alla fine, alla gestualità, un senso profondamente metafisico e cosmico e universale. Il segno spaziale del gesto tragico greco, nel thèatron, in quello spazio gigantesco, rivolto verso l’infinito, diventava segno emblematico di una condizione umana.
In via generale si può concludere che il teatro greco, e ancor più la tragedia, utilizzava una alternanza perfetta fra recitativo e canto e danza artistica. Si pensi che la morfologia più comune della tragedia greca seguiva una precisa progressione: Prologo e parodo aprivano lo spettacolo, generalmente cantati da un Coro, poi seguiva il I Episodio, nel quale si recitava la trama iniziale e non di rado il primo elemento di conflitto fra personaggi, poi il I stasimo, la parte cantata dal Coro e musicata da musici, poi il II Episodio, cui seguiva il II stasimo, il III Episodio, e il III stasimo, infine l’Esodo, recitato e cantato.

Si pensi che questa struttura e queste alternanze fra canti e recitativo, della tragedia greca, saranno, in epoca successiva, fortemente imitati dal teatro occidentale: dal Teatro Sacro di tradizione cattolica, da Shakespeare per esempio, perfino dal melodramma, perfino dallo spettacolo italiano di metà Novecento, perfino dalla Rivista e dall’Avanspettacolo per esempio, esaltati da Macario, Totò, Aldo Fabrizi, Renato Rascel … Non si reggeva, l’Avanspettacolo italiano di metà Novecento, nella alternanza fra canti e recitativo, fra stasi melodica e azione interpretativa? E quando si parla di Avanspettacolo non si parla certo di teatro di prosa, o di dramma, o di azione scenica neutra!! Ma si parla di un genere comico. E se la morfologia del teatro di Eschilo, o parte di essa, è stata riprodotta nei secoli, in tutti i generi di spettacolo, allora vuol dire che essa fu, ed è, creazione gigantesca, morfologia eterna dell’arte scenica.                                                                                      

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