Il Grande “Fardello” Vip. Quanto pesa lo show del bullismo? 

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Quando la PERSONA, che da sempre ha ispirato in me simpatia, ha lasciato il Grande Fratello Vip, si è scatenato l’inferno. Le condotte, gli atteggiamenti, le parole e le omissioni di molti degli inquilini della Casa, hanno di fatto bullizzato e discriminato la PERSONA che aveva confidato di soffrire di depressione, mostrando le sue fragilità, l’ansia e gli attacchi di panico, e aveva chiesto supporto agli altri concorrenti, ricevendo in cambio essenzialmente critiche pesanti e indifferenza.

Per quello che vale, non condivido questo passaggio nel commento della Società Italiana di Psichiatria: “… il caso … è lo specchio della nostra società che stigmatizza le malattie mentali.”
La prima obiezione: non è affatto vero che tutti i concorrenti si siano comportati allo stesso modo. Anzi, alcuni sono stati molto vicini alla PERSONA, altri ancora hanno tradito un imbarazzo e una difficoltà comprensibili nel rapportarsi a una sfida non semplice. Faccio questa precisazione perché non amo le generalizzazioni sull’insensibilità e sul cinismo e non condivido le ovvietà che rimanderebbero ogni colpa al male della società di oggi. E vorrei sottolineare invece ulteriormente la gravità della responsabilità individuale di alcuni partecipanti. La responsabilità di ognuno. Non di tutti (e quindi di nessuno).

Nel corso della diretta di giovedì scorso, la PERSONA aveva lanciato un vero e proprio appello ai coinquilini: “È vero che non sto bene e che fuori avevo mio figlio come punto di riferimento. … Conto di riuscire ad andare avanti, se mi date una mano …”
La seconda obiezione: non possiamo chiedere e pretendere dai semplici partecipanti ad un gioco/show la competenza nel leggere il “malessere” sino in fondo e l’efficacia nel dare sostegno psicologico. Gli interlocutori e i contesti per un intervento così specifico devono essere innanzitutto altri. Possiamo e dobbiamo ovviamente pretendere che abbiano assoluto rispetto e solidarietà umana.

Per quello che vale, non condivido quest’altro stralcio nel commento della Società Italiana di Psichiatria: “… Consideriamo anche grave la superficialità e la mancanza di rispetto di coloro che hanno ammesso al gioco questo concorrente con gravi conseguenze sul suo stato psichico ed emotivo …”
È vero. Situazioni particolarmente stressanti in un ambiente chiuso e “caldo” come quello costruito per il programma, possono portare a un aggravamento del quadro sintomatico, ma questo non significa che una persona psicologicamente fragile debba essere esclusa a priori e debba rinunciare ad alcune opportunità di vita. Questo sarebbe persino più ingiusto. Io credo che non sarebbe corretto discriminare la presenza di una persona in seno ad un programma televisivo, per quanto stressogeno, solo perché, insieme a qualche milione d’italiani, soffre di ansia (e forse sta assumendo ansiolitici). Casomai, nel caso emergessero atteggiamenti profondamente nocivi da parte di cinque o più concorrenti, bisognerebbe tempestivamente squalificare loro, interrompendo sul nascere atti di bullismo. E se non bastasse ciò a prevenire l’escalation della sofferenza della PERSONA, bisognerebbe proteggere la PERSONA in tempo, tirandola fuori da quel contesto rivelatosi nel complesso inidoneo.

Per quello che vale, non condivido la lettura sottesa all’auspicio della Società Italiana di Psichiatria: “Speriamo che non si tratti del solito tritacarne televisivo che usa storie di disagio per sfruttarne mediaticamente il dramma.”
Mi amareggia dover osservare invece che la puntata di lunedì, che ha voluto inscenare e spettacolarizzare la condanna, la punizione e l’espiazione (solo di alcuni “cattivi”) dinanzi ai giustizieri dei social e della tv, è stata perfettamente confezionata secondo i crismi e i dettami dello show-business (si tratta di un’emittente commerciale). La costruzione televisiva, la scaletta, la sceneggiatura della puntata in oltre tre ore di diretta, il montaggio di grande e studiatissimo impatto emotivo, il mea culpa del conduttore, la retorica contro il bullismo, le carezze e gli ammiccamenti al pubblico a casa (che ha riversato sui social ira e indignazione) … tutti ingredienti comunque esatti di una ricetta esatta.

Infine, tento una quinta obiezione sui luoghi comuni e la demonizzazione dei social (diffusa anche da parte di tanti tra i miei colleghi): se il programma si è “autodenunciato” e ha preso provvedimenti nei confronti di alcuni partecipanti è stato solo in ragione dell’insurrezione civile deflagrata in Rete (e della successiva perplessità di alcuni sponsor del programma stesso). Tantissimi i messaggi dei telespettatori e del popolo dei social che hanno difeso e sostenuto la PERSONA e hanno coniato un hashtag ad hoc, condannando i comportamenti dei concorrenti. Insomma, rassegniamoci, stavolta i social non c’entrano. Anzi.

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