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Il gatto di Garlasco ha capito tutto. Solo lui
29 Mag 2025 06:04
La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola
Lo hanno dimenticato in casa. Per giorni. Nel trambusto dei sopralluoghi. E nel “pasticcio” delle prime indagini. Si aggirava liberamente nell’appartamento sotto sequestro. Spaesato. Un po’ solo. Recluso e smarrito nel cuore trafitto di una tragedia. In quello che fino a poco tempo prima era stato il rifugio sicuro degli affetti. Un gatto.
Per molti ha contaminato la scena del crimine. Per me ha protetto l’anima di un mondo.
Se conosco la psicologia obliqua dei gatti, la loro umanità sottile, la spiritualità delle bizze infinite, credo di poter dire una cosa: ha scelto lui di non lasciare la casa. La sua storia. Ha risolto di nascondersi e restare lì. In ogni stanza ancora possibile. Tra le cose ora invisibili. Tra le voci in dissolvenza. Tra i sorrisi profondi e azzurri di una sorella e amica gentile. Accanto a tutto ciò che di sacro è rimasto lì. E sarà lì per sempre.
Lui che è dotato di rigore e di una precisione felina, lo immagino perplesso, a tratti scandalizzato dagli “strafalcioni” di chi non ha saputo dare chiarezza alle ricerche e luce definitiva alla giustizia (dopo così tanti anni). Lui che è capace di quell’intelligenza che sospende i giudizi, lo immagino turbato dalle certezze granitiche di chi, con arroganza quasi ideologica, sentenzia e condanna nei commenti alle indagini di ieri come a quelle di oggi.
E lo vedo a tratti incazzato. Sì. Sa che quella cosa che ha tagliato in stralci la sua vita è un dramma abissale. Non è una serie tv. Non è lo show dei giallisti. Non è un processo sui social. Non lo è e non deve esserlo.
Si dice finalmente rassicurato per il fatto che ora entrano in gioco profiler e psicologi per tracciare le personalità (e gli stili di comunicazione verbale e non verbale) di tutti i protagonisti. Perché sa bene che non basta sviscerare impronte, tracce, scontrini e tabulati quando si attraversano le vicende umane. È necessario sondare le anime. Le anime.
Ora lo vedo strusciare su tutti gli oggetti e i ricordi in un soffio di pura grazia e nel grumo rossastro di un’ultima domanda: “Perché?”
E lo spio in un sorriso di ammirazione e con la tenerezza che lo infastidisce. Ma so che ama essere spiato, perché è un gatto ed è vanitoso e fiero. E pretende di essere guardato mentre rifà quella sua cosa: una promessa imbattibile, lanciata come un graffio su tutte le pareti del mondo: “Io non mi muovo da qui.”
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