IL DRAMMATICO RACCONTO DI DUE GIOVANI CLANDESTINI SBARCATI A POZZALLO

Un altro gruppo di 26 clandestini, ospiti del Palazzetto dello Sport di Pozzallo, all’alba di ieri è stato trasferito in un Centro di accoglienza. All’interno della struttura ora si respira meglio. Nonostante il caldo asfissiante di questi giorni. Lodevole, al riguardo, il lavoro svolto dai volontari della Protezione civile, dallo staff medico e infermieristico, dal gruppo operativo dell’Ufficio tecnico comunale, dalle forze dell’ordine. Viaggio lungo e drammatico quello dei 130 somali ed eritrei, fra cui 48 donne, di cui due incinte, e due neonati. “Siamo partiti dal Sudan – raccontano due ragazzi – ed abbiamo attraversato il deserto del Sahara tra mille difficoltà e rischi prima di raggiungere la Libia. Da dove, due settimane dopo, ci siamo imbarcati su una nave diretta verso la Sicilia. La prima parte del viaggio è stata agevole, grazie alle buone condizioni del tempo. Poi gli organizzatori ci hanno ingiunto di proseguire verso l’Italia a bordo di due vecchi gommoni. Da quel momento è stato tutto più difficile. Sul gommone dove eravamo noi c’erano pure due donne incinte e due bambini di pochi mesi con i rispettivi genitori. Il ragazzo che ha assunto la guida dell’imbarcazione ci ha raccomandato di stare fermi e di non fare movimenti bruschi per evitare di finire in mare. Nel corso della traversata siamo stati affiancati da due motovedette maltesi. I militari ci hanno chiesto dove eravamo diretti e se avevamo bisogno di qualcosa. Abbiamo risposto che non c’erano problemi e che volevamo proseguire verso la Sicilia. Le due unità, a questo punto, ci hanno scortato fino al confine con le acque territoriali italiane. Dopodiché se ne sono tornate indietro. Quando abbiamo capito che eravamo in buone mani, abbiamo frenato l’impulso di esultare per non fare capovolgere il gommone. I militari italiani ci hanno accolti con grande umanità. Dopo averci tranquillizzati ci hanno trasbordato sulle motovedette, dando la precedenza a donne e bambini. A terra abbiamo ricevuto una grande assistenza. Molti di noi hanno pianto. Di gioia. Finalmente, dopo anni di sofferenze, e le disumane umiliazioni sofferte nei tre lunghi mesi che ci sono voluti per raggiungere l’Italia, avevamo riscoperto  il volto umano dell’uomo”.

 

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