IL DIVIETO DI FUMO

Ormai tutti sappiamo quanti e quali sono i danni che il fumo provoca alla salute. Anche il ministero della salute dice che il fumo di tabacco è “la più importante causa di morte prematura e prevenibile in Italia e rappresenta uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale.” Per questo la prevenzione dei danni alla salute provocati dall’esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco è stata posta tra gli obiettivi prioritari della politica sanitaria italiana e dell’Unione Europea.

Dal 10 gennaio 2005 è  vigore in Italia l’attuale disciplina in materia di divieto di fumo, di cui alla Legge 16 gennaio 2003 n. 3, e successive modificazioni e integrazioni. Attualmente, l’art. 51 della L. 3/2003, citata, intitolato, per l’appunto, “Tutela della salute dei non fumatori”, prevede una serie di divieti piuttosto rigidi.

Secondo la legge, è vietato fumare in tutti i locali chiusi, pubblici e privati, purché si tratti di luoghi “aperti ad utenti o al pubblico”. Tra questi sono compresi: bar, ristoranti, pizzerie, pub, discoteche, sale giochi, sale bingo, alberghi, agriturismo, palestre, come pure studi professionali (avvocati, commercialisti, architetti), parrucchieri, estetisti, assicurazioni, banche, agenzie immobiliari, imprese industriali e artigianali, circoli privati, supermercati, centri commerciali, spacci ecc…

Non sono ammesse deroghe per liberalizzare il fumo nemmeno nei circoli privati, sia pure con deliberazione dell’assemblea all’unanimità: infatti, gli eventuali dipendenti del circolo potrebbero sempre far valere la tutela prevista per i luoghi di lavoro (vedi appresso). Il divieto vale anche per i circoli storicamente dedicati al consumo di tabacco (pipa ecc.).

È invece concesso fumare liberamente in tutti gli spazi all’aria aperta, all’interno della propria abitazione (e in generale nei locali non aperti al pubblico). È ammesso fumare anche nei luoghi dotati di impianti di riciclo dell’aria in possesso dei requisiti tecnici prescritti da appositi decreti: per evitare di rinchiudere i fumatori in vere e proprie camere a gas, dal momento che è necessario tutelare anche la salute di questi ultimi, assicurando a ciascuno di loro una determinata quantità di litri d’aria “pulita”. Gli spazi dedicati ai fumatori devono in ogni caso essere delimitati da muri a tutta altezza (non da pareti semovibili o paraventi) e da ingressi con porta chiusura automatica, abitualmente in posizione di chiusura. Inoltre, Le zone per fumatori vanno sempre segnalate e non possono essere ricavate in spazi di passaggio.

In bar e ristoranti la superficie “smoking” deve comunque essere inferiore alla metà della superficie complessiva di somministrazione dell’esercizio e perciò non potranno essere creati locali riservati ai soli fumatori.

Il divieto nei luoghi di lavoro. La tutela della salute rappresenta un diritto primario e assoluto dell’individuo, riconosciuto dall’art. 32 della Costituzione. In particolare, nei luoghi di lavoro l’art. 2087 codice civile impone all’imprenditore di adottare le misure di sicurezza che, secondo la particolarità del lavoro, esperienza e tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Con la definitiva attuazione della legge 3/2003, il divieto di fumo è stato esteso a tutti luoghi di lavoro chiusi, ad eccezione dei locali privati non aperti a utenti o al pubblico, e di quelli riservati ai fumatori, purché segnalati come tali e conformi alle norme tecniche in vigore. Anche la contrattazione collettiva vigente in alcuni dei più importanti settori produttivi ha affrontato il problema del fumo sul luogo di lavoro, prevedendo sanzioni disciplinari quali l’ammonimento scritto, la multa e la sospensione dal lavoro per il lavoratore che contravvenga la divieto di fumare. È stata prospettata anche l’ipotesi di giusta causa di licenziamento qualora la violazione delle norme in materia di divieto di fumo sia di una gravità tale da poter provocare incidenti alle persone e, in casi gravi (ad esempio, in caso di reiterata inosservanza in presenza di persona affetta da gravi disturbi respiratori), come pure agli impianti o ai materiali. Tali sanzioni disciplinari si affiancano alle multe stabilite in generale dalle normative antifumo.

La nocività del fumo passivo è stata riconosciuta dalla stessa Corte Costituzionale sin dal 1991. Più di recente, nel 2002, il Tribunale di Milano ha riconosciuto, per la prima volta, il fumo passivo come causa di morte. Ne rispondono, oltre al fumatore, anche il datore di lavoro che non ha provveduto a tutelare i lavoratori dai rischi derivanti dal fumo passivo, in forza dell’art. 2087 c.c., del D.lgs. 626/94 e ora anche della legge 3/2003.

Il datore di lavoro, infatti, va considerato garante della salubrità dell’ambiente lavorativo.

Anche nei condomini vige il divieto di fumo di tabacco. Infatti, mentre nelle abitazioni dei privati (e negli spazi all’aria aperta) non vi sono obblighi, si discute per quanto riguarda le parti comuni “aperte al pubblico indifferenziato degli utenti, residenti e non”. Il divieto è esteso quindi a ascensore, ballatoio, scale, androne.

Nei locali in cui vige il divieto di fumare devono essere collocati appositi cartelli, adeguatamente visibili, che evidenzino il divieto. Ai fini dell’omogeneità sull’intero territorio nazionale, i cartelli, con la classica barra rossa, devono recare la scritta “vietato fumare”, integrata dalle indicazioni della relativa prescrizione di legge, delle sanzioni applicabili ai trasgressori e dei soggetti cui spetta il compito di vigilare sull’osservanza del divieto. Nelle strutture con più locali, oltre al modello di cartello, si possono affiggere altri cartelli con la semplice scritta “vietato fumare”.

Anche i locali per fumatori devono essere segnalati con appositi cartelli, dotati di un’indicazione luminosa contenente la scritta “area per fumatori” e devono essere integrati da ulteriori cartelli luminosi recanti, per ragioni di omogeneità sul territorio nazionale, la dizione “vietato fumare per guasto all’impianto di ventilazione” che devono accendersi automaticamente in caso di mancato o inadeguato funzionamento degli impianti di ventilazione supplementare.

Le sanzioni. Il trasgressore rischia multe da 27,50 a 275,00 €, mentre le stesse raddoppiano se la violazione avviene in presenza di donne in evidente stato di gravidanza e di bambini sotto i 12 anni.

Nei locali aperti al pubblico (dai ristoranti alle banche) a vigilare è il titolare o un delegato a controllare chi fuma. I dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di locali di pubbliche amministrazioni, aziende e agenzie pubbliche o gli esercenti di pubblici servizi devono, altresì, predisporre e affiggere i “cartelli di divieto e individuare, con atto formale, i delegati ai controlli. In uffici e aziende i controlli sono affidati al responsabile prevenzione e sicurezza, dotato di capacità di spesa (ad es. per effettuare la messa a norma delle zone aerate per fumatori).

Nei pubblici esercizi (bar, ristoranti, discoteche), poi, chi non fa rispettare i divieti e non denuncia il cliente trasgressore all’autorità competente rischia sanzioni da 220,00 a 2.200,00 € (aumentati della metà laddove la mancata azione di prevenzione abbia esposto al fumo passivo donne incinte e bambini minori di 12 anni), fino alla sospensione e al ritiro della licenza.

In sostanza, il responsabile, per cominciare, inviterà il fumatore a smettere; se quest’ultimo non si adegua occorrerà segnalare il fatto ai pubblici ufficiali e agenti, ai quali spetta comminare la multa: vigili urbani, polizia municipale, carabinieri, polizia. Nelle aziende private possono intervenire vigilantes e guardie giurate. L’infrazione, in ogni caso, può essere segnalata anche dal cliente.

info@studiolegaleassenza

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it