Gli alunni di oggi sono più “maturi” di quelli di ieri, ecco perché

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola 

Notte dopo gli esami. 

Ragazze e ragazzi, molti “vecchi” come me dicono che gli esami di Maturità non sono seri come quelli di una volta. E dicono che voi, a causa dei cellulari e dei social, siete messi peggio dei giovani della generazione precedente.

Mi domando: se i giovani di una volta erano più sani, più maturi e migliori di quelli di oggi, perché mai vi hanno lasciato un mondo così brutto?

I politici della recente rissa in Parlamento erano tutti diplomati e ed erano cresciuti senza smartphone. Ebbene, voi siete già più maturi di loro. Lo direbbe anche Cicerone.

Perciò, anima e forza! Vi auguro di cuore di scrivere già da domani il Capolavoro che siete e che diventerete.

A tutti gli alunni che, sonnambuli d’ansia, camminano ora a piedi nudi sugli esami di Maturità, voglio mandare un sorriso che somigli a una granita di fragole e panna nella colazione più coraggiosa dell’alba.

Voglio sperarlo. Comunque vada, siete più belli dei giudizi di qualsiasi Commissione. L’originalità e la creatività di un vostro pensiero libero e nuovo salveranno il mondo. Spero che tutti sapranno vedervi per quello che siete nella vostra divergente unicità. 

Migliaia di alunne e alunni traversano in questi giorni un importante rito di passaggio. Il loro sforzo, il loro momento merita assoluto rispetto. E il loro impegno ha valore. Autentico. Comunque.

Lo ripeto anche qui, ho da sempre un’idea della quale la nazione riesce serenamente a fare a meno. Chiamare l’esame di Stato (espressione già algida) esame di Maturità è una scelta discutibile. Le parole hanno un significato. Anche quando volessero essere semplici allusioni, metafore, convenzioni. Bisognerebbe usare la parola “maturità” con delicatezza e attenzione. Soprattutto se si tenta di giudicare con un numero la dimensione ineffabile di una persona in evoluzione. 

Se accostate al tema sacro, complesso e multidimensionale della maturità psicologica, emotiva, personale dell’essere umano, alcuni termini innocenti (e magari sussurrati dalle migliori intenzioni), diventano parole senza grazia. 

Ma è davvero questa la misura della “maturità” di una persona di diciotto anni? Mi spingo oltre. Della sua conoscenza? Della sua curiosità intellettuale? Della cultura che lo abita e lo possiede come un Demone imprendibile? Spero che l’esame così pensato, l’esperienza scolastica, così concepita, siano in grado di intercettare e rappresentare sempre la forma spesso “divergente” degli allievi nel raccontare il mondo, un libro, un pensiero. 

Molti docenti tentano di far emergere ciò che l’alunno, nella sua folgorante e timida unicità, può essere ed esprimere, coinvolgendolo, appassionandolo, affascinandolo attraverso le storie e le parole viventi dei manuali.

La struttura profonda e ideale che naviga un alunno non è un’Odissea semplice. La maturità è tutta un’altra storia in psicologia. Tolleranza, senso di comunità, controllo delle emozioni, empatia, umorismo, introspezione, creatività, calore, apertura, comunicazione, responsabilità, autocritica, coerenza, autonomia, stabilità nella flessibilità, adattabilità, rispetto delle norme sociali, dei diritti altrui, capacità di distinguersi dalla massa. Una personalità matura è olistica, etica. Come in discoteca. Così in Parlamento.

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