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Festa dei giornalisti, Gianni Molè (Assostampa): “No all’informazione del copia incolla”. Ecco il discorso completo
25 Gen 2020 16:38
Ieri sera a Scicli, anche grazie all’ospitalità ormai tradizionale e calorosa della giornalista Pinella Drago, i giornalisti iblei si sono ritrovati sotto l’egida dell’Assostampa per festeggiare il proprio patrono, San Francesco di Sales. Ne abbiamo già parlato in un altro nostro articolo ma vogliamo qui proporre la relazione integrale del segretario dell’Assostampa Iblea, Gianni Molè che punta proprio sulla necessità di puntare sul giornalismo di qualità. Ecco tutto il testo:
“Siamo qui stasera, come da tradizione, per celebrare il patrono dei giornalisti San Francesco di Sales. Un’occasione utile per riflettere a voce alta sulla nostra professione e sul modo di fare informazione oggi. Ringrazio personalmente e a nome di tutti i colleghi qui presenti, Sua Eccellenza il prefetto la dottoressa Filippina Cocuzza che ci onora con la Sua presenza, il questore di Ragusa dottoressa Giusy Agnello, il Commissario straordinario del Libero Consorzio Salvatore Piazza, il sindaco di Scicli Enzo Giannone e tutte le autorità presenti.
Ritrovarsi qui a Scicli per celebrare ogni anno il nostro patrono San Francesco di Sales non è un’abitudine ma una tradizione che per noi giornalisti ha un valore incommensurabile perché ci dà la possibilità di ricordare la memoria dei giornalisti ragusani che non ci sono più ma anche per commentare il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali ch’è stato diffuso proprio oggi.
Quindi un doppio grazie alla collega Pinella Drago che ci offre l’occasione di incontrarci e di ritrovarci per una giornata che non è mera consuetudine ma opportunità di dialogo e di confronto.
La celebrazione del patrono dei giornalisti San Francesco di Sales è un momento di riflessione su una professione che cambia velocemente e radicalmente e il titolo di quest’anno del messaggio del Papa è un richiamo a fissare nella memoria il racconto, la narrazione che in fondo è quello che fanno i giornalisti, o dovrebbero fare quotidianamente, se non fossero distratti dalle piattaforme social e dalla velocità con cui si bruciano notizie e racconti. Papa Francesco ci ricorda che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, che non distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme.
Messaggio profondo che sottintende due richiami: uno a ricercare storie vere e belle, storie edificanti e costruttive e poi a trovare la forza di andare avanti tutti insieme. Insomma, inclusione e non divisione. E’ un richiamo forte per la nostra categoria sempre più divisa da beghe interne a volte in nome del narcisismo mediatico che ci danneggia e ci penalizza agli occhi della comunità che dovremmo servire nella nostra azione quotidiana. Invece molte volte non inseguiamo la notizia ma la soddisfazione del nostro Io imperante servendoci del cosiddetto storytelling per scopi strumentali. Capita così che spesso sui telai della comunicazione, anziché racconti costruttivi, che sono un collante dei legami sociali e del tessuto culturale, si producono storie distruttive e provocatorie, che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza mettendo insieme informazioni non verificate, ripetendo discorsi banali e falsamente persuasivi, a volte colpendo con proclami di odio, col risultato di spogliare l’uomo di dignità.
“Mentre le storie usate a fini strumentali e di potere hanno vita breve, una buona storia è in grado di travalicare i confini dello spazio e del tempo. A questo bisogna tendere perché abbiamo bisogno – come ci ricorda Papa Francesco – di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni. Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi. E abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi, storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano. Specialmente in questo particolare momento l’attendibilità di una notizia diventa fondamentale perché assistiamo al triste fenomeno che basta avere con sé uno smartphone e si diventa “giornalisti” e opinionisti.
Poco interessa se dietro a questa “maschera” vi è solamente l’idea di apparire, e non quella di essere “al servizio” della notizia. Siamo di fronte ad una pirateria informativa che si sviluppa attraverso siti e blog gratuiti del copia incolla.
In questo scenario, oggettivamente complicato e che non riguarda solo il giornalismo ma anche la democrazia che, come è noto, vive solo se i cittadini sono informati, qualche giorno fa il direttore di Le Monde Luc Bronner ha fatto un tweet che sembra autorizzare un capovolgimento di schema, che sembra dirci non solo che per salvare il giornalismo un’altra strada è possibile, ma addirittura che quella che pensavamo fosse l’unica soluzione potrebbe rivelarsi una condanna. Scrive Luc Bronner che fra il 2018 e il 2019 Le Monde ha ridotto del 14 per cento il numero degli articoli (addirittura del 25 per cento nei due anni); e che nel frattempo i giornalisti sono aumentati, oggi sono più di 500 e hanno più tempo per fare inchieste. Il risultato che è il numero di utenti sul web e sulla carta è aumentato, dell’11 per cento in ciascun settore. Più giornalisti meno articoli uguale più lettori. Sembra una formula senza senso, se non quello di garantire più occupazione: una sorta di “lavorare meno per lavorare tutti”. Ma non è questo il punto. Si tratta di una formula controintuitiva perché c’è una variabile nascosta che la rende comprensibile: la qualità del giornalismo. Più giornalisti, meno articoli uguale più qualità e quindi più lettori. Ecco credo che sia questa la nuova sfida da cogliere e da lanciare: “l’informazione, se fatta bene, possiede “una sua luce che non ha bisogno di clamori e sensazionalismi ma soprattutto di approfondimenti”.
Buon san Francesco di sales a tutti.
Gianni Molè
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