ETTORE GILOTTA: DA UNA GESTIONE LIBERA AD UNA VINCOLATA

Le recenti polemiche – anche politiche –  sulla sanità iblea, probabilmente innescate dai  fatti clamorosi che hanno visto coinvolto il prof. Civello, ci inducono a fare una severa riflessione.

Questa amministrazione ha avuto il compito di traghettare la sanità della nostra provincia da una gestione che vogliamo definire “libera” a una gestione che definiremo “vincolata”.

 La gestione “libera” è stata quella della spesa incontrollata, dell’assenza sostanziale di tetti finanziari, della scarsa attenzione per il rapporto costi/benefici: insomma, la gestione del “tirare avanti”, della iperfetazione di personale, dell’assenza di percorsi e procedure ben delineate.

 La gestione “vincolata” è quella dell’osservanza di regole, del riordino, della necessità di commisurare i costi ai benefici, e così via: vale a dire la gestione del “rimboccarsi la maniche”, di governare.

 Abbiamo trovato, al nostro arrivo un anno mezzo fa , una situazione al limite del caos e il nostro lavoro ha dovuto fare i conti con il compito di unificare due aziende, entrambe allineate alla logica della “libertà”: libertà di assumere 400 precari che oggi chiedono la stabilizzazione, libertà di assumere operai e ausiliari ogni tre mesi (anche part time) per creare false aspettative per future  assunzioni, libertà di contrarre spese senza il concreto finanziamento, libertà di approvare progetti a carico del bilancio aziendale e molte altre criticità i cui effetti sono ancora sotto gli occhi di tutti.

Ma diverso è il nostro compito.  La filosofia che ispira il nostro lavoro è, per tante cose, l’esatto rovescio di quella logica: preferiamo fare e chiedere di fare un piccolo passo indietro e preparare con questo la rimonta, piuttosto che andare forsennatamente avanti e precipitare l’istituzione nell’abisso. Perché è di questo che si tratta: il patto che abbiamo stretto con i cittadini – formulato nel solo linguaggio dei bisogni reali-  si pone come l’ obiettivo fondamentale di dare risposte senza imbrogliare, di preparare al meglio il futuro demistificando le finte urgenze del presente.

 Fare le cose, cioè, pensando che da queste ne deriveranno altre e poi altre e altre ancora. Non fare le cose pensando che niente e nessuno verrà dopo di noi.

 La nostra amministrazione non vuole sottrarsi alle polemiche perché non ha bisogno di sfuggire dalle proprie responsabilità. Vuole, invece, richiamare tutti alla necessità di lavorare insieme per il bene comune, che non ha una residenza di parte e che non può mai essere il “valore” di un partito e il “disvalore” di un altro.

 Le recenti vicende, dolorose e improvvise, della chirurgia ragusana ci offrono una importante occasione per dimostrare a noi stessi che la logica “vincolata” del nostro lavoro è eticamente, culturalmente e politicamente preferibile, perché il vincolo è nient’altro che il rispetto per la realtà, dentro la quale tutti noi viviamo.

 Fare polemica è infinitamente più facile che lavorare: è forse per questo che rappresenta l’inclinazione di quell’esigua minoranza di individui che, poniamo come esempio, in un ufficio semina le condizioni di disturbo per la maggioranza di coloro che svolgono i loro compiti.

 A tutti diciamo che il gioco di squadra è quello che preferiamo: ad ognuno la scelta di starci o meno, assumendosi fino in fondo le proprie responsabilità. (r.b.)

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