Etna verso la DOCG: la Sicilia del vino guarda al vulcano. Il Cerasuolo di Vittoria rischia di passare in secondo piano?

CATANIA – Sessanta giorni, cento firme e un obiettivo ambizioso: ottenere il riconoscimento DOCG per i vini dell’Etna già a partire dalla vendemmia 2026. È questa la sfida lanciata durante il convegno “Opportunità e strumenti per la crescita del sistema Etna Wine”, svoltosi a Catania e promosso da Mada Vinea.

Un traguardo che – se raggiunto – consegnerebbe alla Sicilia una seconda denominazione di origine controllata e garantita, accanto all’attuale Cerasuolo di Vittoria DOCG, oggi fiore all’occhiello del vino siciliano. Un passaggio che, pur rappresentando un riconoscimento di qualità per la viticoltura etnea, potrebbe spostare l’attenzione e i riflettori nazionali e internazionali dal territorio del Cerasuolo di Vittoria – la prima e finora unica DOCG dell’Isola – a quello del vulcano.

«Un obiettivo difficile ma non irrealizzabile»

«Se il Ministero riceve le firme entro dicembre, la DOCG per l’Etna potrebbe diventare realtà già nel 2026», ha dichiarato Patrizio D’Andrea, vicecapo di gabinetto del MASAF, precisando che la richiesta deve essere sostenuta dal 51% dei produttori che rappresentino almeno il 51% della superficie vitata. Una soglia non lontana: in poco più di dieci anni, infatti, i viticoltori etnei sono quasi raddoppiati, passando da 203 nel 2013 a 474 nel 2024.

Piccoli produttori, grande sfida

«Abbiamo già la superficie minima per la richiesta – ha spiegato Marco Nicolosi, consigliere del Consorzio di Tutela Etna Doc – ma l’obiettivo adesso è coinvolgere tutti, anche i piccoli produttori. Serve un lavoro capillare, fatto di informazione e collaborazione, per arrivare alle firme necessarie entro il 2025».

La DOCG, ha ricordato Nicolosi, implica controlli più severi in tutte le fasi della produzione: analisi chimico-fisiche e sensoriali, sigilli di Stato con numero di serie per ogni bottiglia, standard qualitativi più stringenti. In cambio, una maggiore valorizzazione economica e d’immagine per l’intera filiera.

Università, istituzioni e comuni etnei: la forza della rete

Il convegno ha visto la partecipazione del rettore dell’Università di Catania Enrico Foti, del direttore del Dipartimento Di3A Mario D’Amico e dei sindaci dei comuni ai piedi del vulcano, da Sant’Alfio a Castiglione di Sicilia, passando per Linguaglossa. Tutti uniti da un messaggio comune: fare rete per costruire un Etna Wine System solido, competitivo e riconoscibile.

«Solo insieme possiamo ambire a un sistema vitivinicolo di eccellenza – ha dichiarato il sindaco di Sant’Alfio, Alfio La Spina – affrontando insieme anche le criticità di base, come la gestione dei rifiuti o le risorse idriche».

Il rettore Foti ha annunciato la nascita di una Fondazione dell’Ateneo, con il coinvolgimento di imprese e privati, «per sviluppare percorsi di formazione professionalizzante e creare nuove competenze nella filiera del vino».

Il vino come racconto del territorio

Nel corso della giornata si è discusso anche del legame tra vino, architettura e paesaggio. L’architetto Filippo Bricolo ha sottolineato «l’importanza di pensare la cantina come progetto architettonico e narrativo, capace di raccontare il dialogo tra vino e territorio».

Tra gli interventi, anche quelli dei professori Corrado Caruso (Università di Bologna), Bruno Caruso e Salvatore Barbagallo (Università di Catania), e del presidente di Coldiretti Sicilia Francesco Ferreri.

L’ombra (e la sfida) del Cerasuolo di Vittoria

Se l’Etna corre verso la DOCG, inevitabile il confronto con il Cerasuolo di Vittoria, primo vino siciliano a ottenere la denominazione “garantita” nel 2005 e simbolo della vitivinicoltura del Sud Est. Il riconoscimento all’Etna rappresenterebbe un nuovo traguardo per l’intera Sicilia enologica, ma allo stesso tempo rischia di ridisegnare gli equilibri dell’immagine del vino isolano, spostando il baricentro verso l’area etnea, oggi in forte crescita turistica e mediatica.

Una prospettiva che invita a riflettere sull’importanza di valorizzare anche le altre eccellenze regionali, dal Cerasuolo ai vini del Val di Noto e dell’Agrigentino, in un’ottica di complementarità e non di competizione.

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