È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
ESPRESSA VOLONTA’ DI TORNARE AL PAESE D’ORIGINE: CONTRADDIZIONE O FORZA DI ADATTAMENTO ?
20 Ago 2012 17:10
In seguito all’emanazione del cosiddetto Decreto Sicurezza ( legge 94/2009) che ha avuto una serie di importanti implicazioni sulla condizione giuridica e di conseguenza sulla vita quotidiana degli stranieri in generale, non va sottovalutato come in Italia il tema dei minori stranieri non accompagnati e della loro tutela giuridica sia divenuto fortemente attuale.
Nell’impegno costante degli operatori, mediatori, educatori a tentare di assicurare con ristrettissime condizioni economiche il continuo della vita quotidiana (un esempio tangibile la sospensione della distribuzione delle derrate alimentari da parte della Caritas a partire da dicembre 2011!!), ti trovi di fronte un ostacolo che è lo stato: per inerzia lo stato non risponde al telefono e la cosa più inaccettabile è constatare che, al momento della collocazione dei minori, il Ministero è a conoscenza del tuo centro d’accoglienza, conosce le caratteristiche e le tipologiche antropiche dei ragazzi, conosce in tutte le peculiarità la destinazione e la struttura ma al momento in cui sei con l’acqua alla gola e richiedi le spettanze dovute, non trovi nessuno o per lo meno ti ritrovi a presentare la situazione o la condizione come se fosse la prima volta, quasi a dirmi: Mi scusi ma lei di cosa sta parlando? Ah si??… per caso ha un centro d’accoglienza a Vittoria?… che assurdità è l’istituzione!!!
Ritornando ai percorsi d’integrazione mi sono resa conto come un’autentica accoglienza vada oltre il semplice gesto di buona volontà ma consiste nell’effettiva presa in carico e nell’articolazione di un progetto che miri a raggiungere gli obiettivi ed essere capaci di porsi in un atteggiamento di ascolto e dialogo nei confronti dei destinatari della sua azione, di tener conto quindi delle storie formative e dei bisogni particolari dei nostri ragazzi e, infine di costruire e mettere in pratica risposte negoziate nella stessa relazione educativa quotidiana. Occorre, dunque muoversi in una prospettiva di sempre maggiore apertura alle differenze quasi ad abbattere quell’enorme disagio esistenziale; nodi problematici da affrontare e a cui tentare di offrire risposte positive sommate a risorse finanziarie del tutto inadeguate e in sensibile calo. Non per essere venali ma è così.
Così i ragazzi della Dike frequentano la scuola dell’obbligo presso i centri territoriali permanenti secondo le normative internazionali, europei e nazionali (ONU, 16/12/1996, entrato in vigore il 23/03/1976) poiché hanno il diritto assoluto all’istruzione.
Va indubbiamente posta attenzione alla cultura di provenienza dei minori ma anche alle capacità e alle caratteristiche individuali di ciascuno di essi.
I nostri ospiti sono talmente bravi ad apprendere la lingua italiana per necessità, per autodifesa visibile nei loro sguardi a volta a forma di punto interrogativo… soprattutto per capire il mondo occidentale con le sue sfumature e sfaccettature di gran lunga differente dalla loro cultura. La lingua italiana così complessa dalla grammatica sconfinata come il Mare Mediterraneo, un mare sconfinato che traghetta anime, anime disperate.
La lingua italiana deve servire ed è servita ad essere un diversivo quasi a non pensare per un attimo quella tristezza, quell’amarezza che solo la memoria con tenitrice di ricordi riemerge sempre. Condividi quella tristezza ne cogli ogni lacrima soffocata da un forte orgoglio che ti induce a continuare la battaglia della vita impegnandoti nello studio della sintassi italiana.
Non per questo l’ospite non può fare a meno, dopo la lezione di alfabetizzazione di cercare notizie seguendo la BBC, quelle notizie sul suo paese, con lo sguardo pieno di speranza e smarrimento, allo stesso tempo studia la notizia volendone ricavare magari un segno positivo, forse la fine della guerra civile, la fine della fame, forse la via per ritornare a “casa”. Sbatte il pugno sul tavolo nel vedere immagini di violenza, immagini già vissute e scruta con curiosità quasi a cercare fra le vittime un proprio parente. La BBC indica quindi un canale di collegamento per sapere se qualcosa è cambiato. Se i loro paesi hanno subito una svolta, se è possibile ritornare.
Saliou vorrebbe tornare in Niger. Era inizialmente analfabeta. Ha imparato a leggere e a scrivere. Sa fare di tutto ma vuole diventare un bravo elettricista o specializzarsi nel settore edilizio o apprendere altri mestieri, sfruttare al meglio queste competenze per potersi un giorno realizzare in Niger.
Ancor più singolare la storia di Lamin. Non ha mai conosciuto il padre e la madre alleva in Gambia animali da cortile. Non sapeva cosa fossero i dolci. Marcello, il presidente della cooperativa lo portò con sé per andare a prendere la torta per il suo compleanno da una nostra cara amica pasticcera che, per ogni compleanno dei ragazzi della Dike ce ne regala sempre una. Marcello esorta Lamin a tenere ferma la scatola perché all’interno c’è il dolce. Lui non lo capisce perché non aveva mai visto in vita sua una torta. Ha fatto rovesciare la scatola sul sedile dell’auto. Salvata la torta in tempo e meno male perché non avremmo mai avuto il tempo per farne un’altra… Lamin vorrebbe fare il pasticcere da grande!!
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