Date il Nobel alle suore che giocavano a basket in piazza a Marina

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

In molti (comunque troppi), anche nel recente passato, hanno chiesto al sindaco di eliminare i canestri della piazza a Marina. Ora bisognerà consultare prima il Vaticano.

Ci interroghiamo. Cosa ha colpito l’immaginario psicologico di migliaia di utenti, spettatori, tifosi? La simpatia contagiosa delle giocatrici? La straordinaria normalità e spontaneità di una cosa che non ti aspetti? La maestria del tiro di tabella? “Sister Act” versione “Kobe Bryant”? L’imbarazzo british dell’inerme giocatore che non ha visto palla (la sua) per un quarto d’ora (e ha deciso infine di ripiegare sullo stretching)?

Il video è diventato virale in meno di un tiro libero. La nostra città non godeva di cotanta visibilità nazionale (planetaria) dai tempi di Montalbano. Che, peraltro, diciamolo, giocava solo a padel.

Due adorabili tonache bianche sorprese a palleggiare in piazza, mentre una terza consorella (talent scout) supervisionava le loro gesta. Gli schemi. Il giro-palla.

Le lunghe vesti non hanno ostacolato le movenze tecniche delle due libellulevoli giocatrici.

Il mare e il sole, dapprima sonnolenti, di un martedì di ordinaria magia hanno ammirato qualcosa di veramente insolito: la poetica di due religiose intente a cimentarsi nella specialità del tiro da tre (sia detto “tre” senza alcuna allusione sacrilega).

Ci fa tanto bene. Forse ne abbiamo bisogno. Forse dovremmo essere grati a queste donne per il sorriso degli attimi impertinenti che ci hanno donato all’ombra grigia delle vicende più banali. In una piccola acrobazia hanno saputo regalarci il senso straniante e visionario delle cose minime e imponderabili. 

Il senso della libertà, della passione ludica, dell’espressione di una scintilla vitale in un mondo oppresso dalla regolarità del gossip, delle polemiche (quando non delle guerre reali).

Una variazione mozartiana nella psicologia prevedibile, noiosa e ideologicamente corretta dei giorni. Uno scarabocchio di Raffaello. Nella luce nevrile di Leonardo.

Una dissonanza sorridente nell’estetica scontata dei social. Due passi, un arresto, un gancio al Cielo, il mondo a spicchi soffia nella rete. “Nuovo Cinema Paradiso”, prima dell’ultimo time out. Un Tik Tok naturale, spontaneo, involontario, innocente. E tuttavia insolente come la bellezza nel suo primo salto di grazia. Se è vero come è vero, che noi adulti siamo la preghiera più allegra dei bambini. Un terzo tempo, nello spettacolo della salvezza.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it