DALLA POESIA ALLA PROSA

Uno studioso della materia ha inteso efficacemente definire poetica l’enunciazione dei principi cui fanno riferimento i politici, a prescindere della loro appartenenza, nei loro generalizzati e accademici discorsi e prosaica l’effettiva applicazione degli stessi allorquando dalla teoria si passa  alla pratica.

Per politica definizione i partiti etichettati come di sinistra sono l’espressione delle categorie sociali economicamente più bisognose e che quindi conducano un’esistenza sociale più povera rispetto ad altre categorie che, invece, per i redditi che producono e di cui godono si definiscono nella comune cultura come i ricchi.

Di tal che  i partiti di destra, di centro o di sinistra sono espressioni di corrispondenti categorie sociali. Nessuna, però, di queste formazioni è molte volte esente dell’espressione poetica nei discorsi generali e prosaica in altrettanti interventi di applicazione concreta dei loro principi.

Nel Pd, quale partito di sinistra, l’esistenza di due gruppi nel suo interno è oltremodo palese, tanto che si è pure prospettata l’ipotesi di una spaccatura fra minoranza e maggioranza e tale diversità di opinioni si è ancora manifestata nel voto da esprimere per l’approvazione della legge elettorale tanto che, forse in previsione che potesse realmente accadere, il gruppo dirigente che conta più voti ha inteso accordarsi  con il partito d’opposizione sottoscrivendo il patto del Nazareno che potrà avere, come sua logica derivazione, anche il raggiungimento di un’intesa per eleggere il successore del dimissionario Napolitano. Questo candidato deve poter possedere, quanto meno dalla quarta votazione in avanti quando cioè non è più richiesto il voto dei due terzi degli aventi diritto al voto, caratteristiche e doti personali gradite ai parlamentari elettori.

La nuova legge elettorale sta in una via di mezzo fra quella dichiarata costituzionalmente illegittima

e quella in atto esistente che prevede solo il voto di preferenza e alla quale, almeno in teoria, si dovrebbe fare ricorso se l’Italicum non venisse definitivamente approvato.

Ovviamente non esiste, se non in teoria, una legge elettorale priva di difetti.  Tutto sta a vedere se questi possono superare in abbondanza i pregi.

Le elezioni comunali e regionali si fondano sul voto di preferenza e si assegna all’elettore l’onere di scegliere a sua totale discrezione con il proprio voto il candidato preferito. Ciò non ostante e sia pure in dimensioni non consistenti è stata e potrebbe essere indirizzata per un fine diverso da quello voluto dall’elettore stante che non esiste un sistema perfetto.

Temporalmente vicino all’approvazione dell’Italicum c’è pure da eleggere il nuovo inquilino del Colle e al riguardo molteplici sono stati i nomi di probabili candidati per la cui elezione però non tutti la pensano allo stesso modo. Lo stesso capo del governo ha evitato di spendersi e non ha proposto suo candidato riservandosi però di renderlo di comune ragione solo un giorno prima di quando i parlamentari saranno chiamati ad esprimersi a far tempo dalla quarta votazione.

Nessun partito, però, può contare su una propria maggioranza Occorrono i voti di almeno un altro partito che li può detenere il quale a sua volta deve poter gradire il candidato proposto. Trovare, pertanto, un nome condiviso non è affatto semplice. C’è, però, un guaio da evitare e che può trasformarsi in danno elettorale e di affidamento nel caso in cui i partiti detentori dei voti necessari non riuscissero ad accordarsi entro tempi ragionevoli sul nome del candidato da votare, specie perché non si tratterebbe di votare un consigliere comunale o regionale, ma il Capo dello Stato che, evidentemente, per i riflessi anche di immagine nazionale non sarebbe un incidente di scarso rilievo.

Ritenere pure che il candidato prescelto possa essere gradito a tutti è una favoletta. Se così non fosse sarebbe una favoletta e faremmo poesia e non prosa.

 

                                                                                    Politicus

 

 

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