CONTRIBUTO AL DIBATTITO SUI COSTI COMUNALI (E NON) DELLA POLITICA.

I costi della politica locale non vanno misurati semplicemente in euro: mi pare sia questo l’errore che in questi giorni il dibattito sui compensi dei consiglieri comunali di Ragusa e, in particolare, di alcuni definiti stakanovisti del gettone o simili, stia commettendo.

Credo ci siano costi ben più gravi della politica che si rischia di sottacere se ci si concentra sui compensi percepiti.

La stessa Confcommercio nazionale, che ha di recente pubblicato uno studio in argomento, non sviluppa gli aspetti non monetari dei costi che invece dovremmo valutare con attenzione.

Mi riferisco intanto al costo principale: l’incapacità o la non volontà di risolvere i problemi dei cittadini. Lasciar marcire un problema è un costo difficilmente quantificabile nell’immediato, ma è certamente un costo più elevato rispetto ai gettoni percepiti. Esempio, non affrontare in modo tempestivo la questione di una discarica comunale è un costo di tale genere.

 

Vi sono poi i costi connessi alla interpretazione personalistica della rappresentanza politica: il carrierismo a tutti i livelli incide negativamente sulla risoluzione di problemi generali e compromette il bene comune dei cittadini perché fa impegnare tempo ed energie nelle lotte politiche interne a scapito della elaborazione e conduzione delle battaglie comuni per la risoluzione dei problemi.

 

L’esasperata ricerca della visibilità, a scapito del lavoro silenzioso e documentato, produce effetti di superficie che ripropongono i problemi ripetutamente senza risolverli: si dedica più tempo alle interviste che al lavoro d’aula.

 

La metodologia della demonizzazione dell’avversario, su tutto: quanto tempo viene dedicato al contrasto di posizioni politiche ,anche oggettivamente corrette, sol perché sono portate avanti dall’avversario? Con conseguente spreco di tempo, energie e sedute che hanno ovviamente costi anche monetari.

 

Vi sono poi i costi dei rinvii delle soluzioni impopolari:quanto peserà sul nostro ente e sui nostri concittadini un’ordinata, corretta e graduale riscossione dei canoni ?

 

Vi è poi il costo del turismo politico: quando non ci si può velocemente posizionare utilmente in un partito lo si cambia invece di lottare all’interno dello stesso per convincere. Quanto costano gli scioglimenti e le ricomposizioni di casacca dei “politici” , degli “amministratori” ai cittadini?

 

Ancora, il procedere a tentoni, senza progetti – di destra o di sinistra- quante decisioni  improvvisate ci costringono a rifare atti, lavori, … ?

 

Senza voler poi entrare nel costo che hanno, ovviamente, atti puramente “propagandistici” o strumentali alle posizioni personali di tizio o di caio: quanti protocolli d’intesa rimangono sulla carta?

 

Le presenze ridondanti delle stesse persone, dei doppioni, l’essere in più commissioni per lo stesso problema; l’apparire fugace nell’organismo consiliare,  quantificabili in negativo, che costo hanno?

 

Il costo, infine, della diseducazione alla politica che il tutto comporta come conseguenza di un modo di concepire la politica stessa come “sistemazione” ,“potere per il potere” a quanto ammonta? Quanto “indigna”?

 

Forse tutti noi abbiamo esigenza di considerare i costi della politica anche da questi punti di vista per migliorarla .

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