Mentre l’azienda sanitaria continua a rivendicare risultati positivi nella riduzione delle liste d’attesa, sul territorio emergono episodi che sollevano interrogativi sulla reale efficacia del sistema. A portare all’attenzione pubblica una vicenda emblematica è il Comitato Civico Articolo 32, che segnala quanto accaduto nei giorni scorsi a un paziente dell’ospedale di Modica. «La mattina del 16 […]
Come se il covid già non bastasse. L’odissea dei positivi, dalle code di ore e ore per fare i molecolari a chi viene dimenticato a casa
07 Gen 2022 09:58
Prima di quest’ultima ondata, il picco dei positivi si era avuto in estate, in provincia id Ragusa, con 2500 circa casi di contagi e pochi ospedalizzati. Era agosto del 2021 e già il sistema cominciava a mostrare qualche crepa: le USCA erano difficilmente raggiungibili dai pazienti in isolamento e spesso si allungava la quarantena di uno o due giorni, ma tutto sommato dopo aver passato qualche ora a provare di contattare il numero unico per le emergenze, qualcuno rispondeva all’altro capo del telefono. Moltissimi pazienti, quasi tutti, hanno raccontato di aver avuto anche la chiamata dello psicologo dell’Asp perché si sa, molti giorni di isolamento, seppur con tutti i confort che una casa può offrire, sono un duro banco di prova.
Quei tempi, ormai, sembrano lontani anni luce e quelle normalissime attenzioni degne di un Paese civile sono da considerarsi dei lussi.
Paradossalmente, sono stati fortunati quelli che erano risultati positivi prima di quest’ultima ondata.
Perché ora, è saltato tutto. Con più di 4500 contagiati solo in provincia di Ragusa e 66 mila in tutta la Sicilia, numeri che per inciso sono destinati a crescere, ogni argine è sventrato. A parte i pazienti gravissimi, l’USCA ormai non viene più in casa a fare il tampone, piuttosto si viene chiamati tramite un messaggio per recarsi al centro ASI a fare il tampone molecolare. I più fortunati vengano chiamati dopo un paio di giorni, altri invece non verranno chiamati mai. Abbiamo saputo di persone in isolamento domiciliare che aspettano una chiamata dal 24 dicembre.
La cosa tragica, è che non c’è modo di segnalare questo disservizio: il numero di telefono unico dell’USCA è completamente fuori uso, subissato di telefonate, tanto che la voce registrata del centralino suggerisce di mandare una mail. Altra azione del tutto inutile, visto che nessuno risponde nemmeno alla comunicazione telematica. Molti pazienti sono allo stremo e in queste condizioni gli unici intermediari restano i medici di famiglia, anche loro subissati di pazienti positivi, costretti a lavorare in condizioni precarie e che assistono i malati con sintomi più gravi.
Al centro ASI la situazione è quella che ci si può immaginare: ore e ore per fare un molecolare di conferma. Se, per ipotesi, si viene convocati alle 17, il minimo sindacale sono tre ore di fila in auto. Le uniche note positive sono la compostezza dell’organizzazione generale delle file e il fattore umano degli operatori sanitari che effettuano i tamponi. A detta di molti, gli unici con cui si riesce a scambiare velocemente due informazioni e molto gentili e incoraggianti nel momento in cui effettuano il test. Ecco, forse un po’ di umanità ci vorrebbe sempre nell’affrontare i problemi, oltre ad un minimo di buon senso. Si tende a trattare fin troppo spesso i malati e i positivi al covid come dei numeri, quando in realtà c’è dietro se non una sofferenza fisica, quantomeno psicologica per via dell’isolamento e della mancanza d’informazioni in questo preciso momento storico.
Si calcola che ogni medico delle 153 USCA in Sicilia, ha in carico circa 100 positivi. Com’è possibile, umanamente, a seguire tutti? Al massimo, si riesce a dare una mano ai casi più gravi. E chi ha la fortuna di non essere grave, ha comunque la sfortuna di avere il covid che di certo non è una passeggiata in ogni caso, a meno che non si è asintomatici. In quel caso, si viene letteralmente dimenticati, perché non c’è personale, non c’è tempo, ed è tutto saltato. E di chi è la colpa?
Le Asp provinciali fanno quello che possono, le unità lavorative sono quelle. Ma il sistema regionale perché non si è preparato per tempo? Perché ci si pensa al problema solo quando il problema si manifesta? Era scontato che prima o poi la omicron avrebbe portato ad un picco di contagi. Il sistema sanitario siciliano è crollato da un pezzo e forse bisogna dire grazie davvero ai vaccini, se si evitano i problemi legati alle ospedalizzazioni. Ma non si possono lasciare le persone a marcire in casa, praticamente agli arresti domiciliari, in attesa che qualcuno li chiami.
E anche le nuove regole della quarantena fanno acqua da tutte le parti, perché non sono chiare. Alcune persone sono convinte che basti il test rapido alla fine della quarantena per uscire fuori come se nulla fosse. A noi, essendoci informati con Asp e medici di base, ci risulta invece che dovrà esserci sempre, nel caso di un soggetto positivo, un’autorizzazione da parte dell’Asp o del medico di base per effettuare un tampone rapido ma di ultima generazione, presente solo in alcuni laboratori analisi, anche se, in realtà, la direttiva regionale parla di semplice test rapido. Insomma, è il caos totale e al momento non sono davvero chiare le procedure da seguire.
Ci chiediamo: per quale motivo la sanità regionale, perché è lì che bisogna andare a cercare le colpe, oggettivamente, è stata lì con le mani in mano quando ancora il picco dei contagi non era ancora avvenuto? Perché non c’è un’unità USCA in ogni città e non solo per provincia, in modo da smaltire i test molecolari ed evitare che la gente marcisca in casa? Perché non ci sono direttive chiare sul fine quarantena in merito ai test rapidi o meno? Perché non si aiutano con azioni concrete i medici di base e le Asp provinciali quando vi sono le emergenze davvero serie?
Purtroppo, noi non abbiamo una risposta e speriamo che in regione siciliana si cominci davvero a trovare delle soluzioni serie perché al momento la sensazione che si ha è quella che si è in un enorme, gigantesco pastrocchio all’italiana.
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