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“Come mai con tanto latte la Sicilia produce così pochi formaggi?”
06 Apr 2025 13:10
La domanda, lanciata come una provocazione dal presidente dei caseifici GranTerre, Nisio Paganin, ha attraversato la sala come un fulmine. Un interrogativo semplice solo in apparenza, che in realtà scoperchia un nodo cruciale per l’economia agroalimentare siciliana: la mancata trasformazione del latte in valore aggiunto, identità, mercato.
Un paradosso che riguarda da vicino la provincia di Ragusa, dove oltre 100 aziende del comparto lattiero-caseario operano ogni giorno per dare forma a prodotti d’eccellenza – su tutti il Ragusano Dop, vanto del territorio – ma che ancora oggi vedono la propria filiera frenata da ostacoli strutturali, difficoltà nell’export e una frammentazione dell’offerta che ne limita la competitività sui mercati nazionali e internazionali.
A riaccendere i riflettori su questo tema è stato il convegno promosso dal Corfilac in collaborazione con Confcooperative Sicilia, ospitato nei locali dell’assessorato comunale allo Sviluppo economico di Ragusa. Un evento che, al di là dei numeri, ha voluto lanciare un segnale forte: serve fare rete, puntare sull’internazionalizzazione, concentrare l’offerta e parlare al mondo. Non solo per sopravvivere, ma per rilanciare un settore che rischia di restare una grande promessa mai del tutto mantenuta.
Una rete che c’è, ma non basta.
“Il settore lattiero-caseario in provincia di Ragusa ha una lunga tradizione e continua a essere uno dei pilastri dell’agroalimentare siciliano. Ma adesso è il momento di fare un salto di qualità”, ha dichiarato Luca Campisi, presidente territoriale di Confcooperative Ragusa. I numeri lo confermano: più di 100 aziende tra caseifici e cooperative, migliaia di addetti tra allevatori, casari e operatori della filiera, e un indotto economico che rappresenta una fetta importante dell’economia locale.
Eppure, meno del 10% della produzione viene esportata, nonostante l’appetito crescente dei mercati internazionali per i formaggi tipici siciliani. “Abbiamo una materia prima straordinaria e un patrimonio culturale che si riflette nei nostri prodotti – ha aggiunto Campisi – ma troppo spesso ci fermiamo a metà strada. È qui che la cooperazione può fare la differenza: unire, aggregare, condividere strategie. Solo così si può affrontare il mercato globale senza farsi fagocitare”.
Il paradosso del latte che c’è ma non diventa ricchezza.
Ecco perché la domanda di Paganin ha lasciato il segno. Il presidente di GranTerre, colosso italiano della trasformazione casearia, non ha usato giri di parole: “Apprendere dai grandi serve per capire fin dove si può arrivare. Ma serve consapevolezza. Con tutto il latte che la Sicilia produce, perché ci sono così pochi formaggi?”.
Una riflessione che tocca il cuore del problema: serve trasformare, non solo produrre. Il 40% del latte prodotto resta in Sicilia per essere lavorato, il resto prende altre strade. Un modello che impoverisce i territori, che spinge verso il basso il valore della materia prima e che frammenta le forze.
Ricerca e cooperazione: la sfida del Corfilac.
A rilanciare con forza la necessità di una visione condivisa è stata Cinzia Caggia, presidente del Corfilac, il consorzio di ricerca che da anni opera per trasferire innovazione agli attori della filiera. “Il connubio con Confcooperative – ha spiegato – non si ferma a questo convegno. È l’inizio di un percorso più ampio, in cui ricerca e cooperazione possono diventare motore di sviluppo reale, concreto, duraturo. Ma bisogna restare con i piedi per terra, accompagnando la filiera in un mondo sempre più complesso”.
Concetto rafforzato da Saro Petriglieri, ricercatore Corfilac e moderatore dell’incontro: “Non basta sapere che esistono strade di successo. Bisogna avere il coraggio di percorrerle, costruendo alleanze e facendo leva sulle esperienze virtuose. La Sicilia non può più permettersi di restare a guardare”.
Un appello che scuote. E adesso?
L’incontro ha messo in fila idee, strategie, numeri, ma soprattutto ha acceso un faro su una verità scomoda: abbiamo tutto per essere protagonisti, ma dobbiamo smettere di giocare in difesa. La cooperazione, l’internazionalizzazione, il marketing di filiera non sono più opzioni. Sono l’unico modo per salvare e rilanciare un comparto che rischia l’irrilevanza.
Le sfide sono tante, ma la volontà emersa dal convegno è chiara: unire le forze per trasformare il latte non solo in formaggi, ma in valore, lavoro, futuro.

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