BEIRUT

La tragedia del Libano fa parte dell’immaginario di un occidente che sente doveroso emanciparsi dallo spirito delle crociate (e scusate se è poco!).  I massacri, gli stupri, le ingerenze straniere, un paese miracolosamente multietnico e pluriconfessionale ridotto ad un enorme campo di battaglia. I cedri schizzati di sangue, la liason storica con la cultura francese e l’opprimente richiamo di un arabismo conservatore.

Quando Nina Simone ha smesso di cantare,  titolo dotato della giusta carica di eversione, racconta la storia autobiografica di Darina Al-Joundi, donna libera nello spirito e nel corpo in una Beirut in cui essere donna è difficile almeno quanto essere liberi.  Romanzo di formazione esistenziale, scritto con l’urgenza che viene solo da una storia che si vuole testimoniare, è diventato anche uno spettacolo teatrale interpretato dalla stessa autrice, che ha attraversato la guerra civile con l’orgoglio e la dignità di una figlia addestrata da un padre laico, amante del jazz e dell’alcol, ad essere controcorrente, contro.

Una Beirut orgogliosamente cosmopolita è quella sopravvissuta a 15 anni di guerra, consapevole del suo carattere distintivo, la cultura, che solo può fornire un antidoto ai vecchi e nuovi regimi del terrore.  In Alfabeta2, dell’aprile 2012, Franco “Bifo” Berardi, storica presenza dei movimenti del ’77, nel suo A Beirut per leggere il futuro, fotografa con gli occhi commossi della memoria la sua esperienza di una città piena di macerie ma ricca di fermenti artistici e culturali, che forse indicano il futuro a noi prossimo, dopo la catastrofe annunciata del capitalismo pompato dal neoliberismo.

Anouar Brahem è un meraviglioso musicista di Beirut, che suona l’oud con la sottigliezza e la passionalità tipiche della sua terra. Un mondo musicale complesso e insieme minimale, fatto di melodie sospese su una linea immaginaria in cui si incontrano melopee mediorientali e strutture armoniche europee, timbri tipici del jazz e una vocazione al canto sensuale che appartiene al popolo libanese. L’album che forse meglio descrive questo mondo luminoso, colmo di fragranze, è The astounding eyes of Rita, che ripropone nel nitore dei suoni la filosofia del sound of silence dell’ECM.

 

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