BACARDI E COCA, E PER SOTTOBICCHIERE UN CENTRINO RICAMATO.

Ma permettetemi di fare un paragone: quando si mangia una torta, per esempio una cassata siciliana, sia nel tagliarla, come pure affondando i rebbi della forchettina nella zuccherina pasta reale, si cerca di lasciare per la fine della portata quelle decorazioni che, quasi, viene voglia di conservare per la loro bellezza, i canditi, le ciliegine, le fettine di cedro, le eleganti sinuose fettine di zuccata.

Formalmente ineccepibile la scelta, fra partiti e movimenti del nostro territorio, di lasciare alla fine UDC e Territorio, (scusate la ripetizione, ma chi ha scelto il nome ha fatto come per la scelta, a suo tempo, di ‘Forza Italia’), le cui percentuali (sia pure disaggregate per Territorio) sono in linea con l’ordine perseguito. Anche se, per quello che c’è da dire, avrebbero meritato, forse spazi più ampi, magari divisi per nazionale, regionale e locale.

Così, per chi guarda e si appassiona alla politica come arte e non come cagnara giornaliera, si cerca di godere alfine di quella politica, magari non sempre condivisibile per le scelte o le strategie, ma, comunque ammirata per la cura con cui viene intrapreso il cammino, con cui vengono studiate le alleanze, con cui vengono coinvolti gli elettori, un lavoro certosino paragonabile a quello delle nostre famose ricamatrici, fatto di tempi lunghi, di smisurati silenzi, di messa a fuoco interminabile fino a rovinare la vista, per dare vita a capolavori che si tramandano negli anni.

Certo la politica è anche competizione elettorale e la spinta o lo sgambetto in campo ci può stare, ma una cosa è vedere un fallo di Del Piero, ben altra cosa il fallo di Zidane o Materazzi.

Fra l’altro abbiamo passato in rassegna l’area di sinistra, l’area di destra, toccherebbe a quella di centro, elettiva per l’UDC, esperta nelle flessioni in ambedue i sensi, omnicomprensiva per il movimento che, dichiaratamente non è di destra, né di sinistra, né di centro. E in tutto questo si intravedono già i pregi del ricamo.

Il partito di Casini, così chiamato dal nome del leader nazionale, si è definitivamente emancipato e sdoganato dalla Casa delle Libertà, grazie anche al sostegno di potentati economici  (di famiglia, non lobby di potere) che ne garantiscono l’indipendenza economica e di … pensiero. Costituisce, più potenzialmente che numericamente, l’ago della bilancia fra destra e sinistra e su questa virtuale dipendenza delle sorti del Parlamento italiano è imbastita tutta una strategia politica che mira ad un fidanzamento ufficiale che non si concretizza per la mancanza di reale intenzione degli sposi di consacrare la loro unione. E i numeri restano bassi, bassissimi rispetto alle intenzioni e ai consensi verbali, inconsistenti di fronte ad un 20% dei grillini, in grado di non impensierire nessuno se accostati ai deficitari bilanci della destra.

Ma i numeri hanno pur sempre una certa considerazione per il sostegno della componente siciliana, da sempre colonna portante del partito. E qui le ricamatrici, come da tradizione, trasformano la politica in ars maxima.  I risultati recenti delle politiche regionali non ci danno solo l’immagine di un partito vincitore e di governo, ma piuttosto quella di leader che sono veri e propri manovratori delle scelte operative di governo, capaci di trasformare magicamente in successi scelte teoricamente contrarie al partito. E con questo tipo di strategie si potrebbero avere positivi riverberi per le elezioni locali, a patto che, naturalmente, vengano meno fughe in avanti e baruffe che sono sempre all’orizzonte, baruffe fomentate da chi freme, ufficialmente per il bene della città, ma non ha né la pazienza né la finezza manuale di muovere l’ago del ricamo con lenta ma efficace maestria. Come sempre accaduto per il Parlamento nazionale, le scelte sono affidate agli eventi e alle decisioni delle Province più grandi e dei loro leader, ma restano i presupposti per avere un rappresentante del partito anche a Roma, sperando che il via libera non sia condizionato da altre candidature da imporre in contrasto con il sentire comune.

Sul tombolo del ricamo politico siciliano ha fatto irruzione, di recente il Movimento Territorio che, come avvenuto per l’UDC, possiamo identificare con il suo giovane leader Di Pasquale.

Affiancato da uno dei leoni della politica siciliana, e anche nazionale, quel Salvo Andò di socialista memoria, avventatamente definito come dinosauro, percorre con inusitata disinvoltura i meandri della politica regionale: ha rischiato, lasciando la poltrona di Sindaco, ha scelto l’alleato giusto con cui tentare la via palermitana, ha consentito allo stesso alleato, che poi sarebbe il Presidente della Regione, di ottenere un considerevole consenso per la sua Lista, anche se ora emerge qualche distinguo, provocato in maniera malcelata, da elementi vicini al presidente che, visto il successo, vogliono strafare.

Ma l’incontestabile successo, numerico e di immagine, riportato dal Movimento e dal suo leader, pone le basi per sviluppi futuri che al momento sono inimmaginabili ma concretamente reali in vista delle prossime consultazioni elettorali. Sicuramente il Movimento potrebbe essere tentato dalla competizione nazionale e non mancano certo i possibili candidati capaci di sostenere l’importante responsabilità.

Più avvincente lo sviluppo della partita in sede locale, sia a livello del capoluogo come pure in alcuni grossi comuni, dove già si muove qualcosa che lascia presagire importanti e seri sviluppi.

Di certo la presenza di Territorio impone a molti la rivisitazione di speranze, progetti e strategie per le competizioni comunali, come pure per quella provinciale, quando e se ci sarà.

Visti i numeri delle regionali, se si avranno delle conferme, chi sperava di diventare sindaco dovrà forse lottare per fare il semplice consigliere, si dovranno rivedere alleanze e apparentamenti, si spera solo che le attuali posizioni vengano mantenute e non si ricorra e non venga tollerato il salto dei voltagabbana che, per disperazione, cercheranno di salire, per l’ennesima volta all’ultimo momento, sul carro del vincitore.

I nomi che ci sono finora, in tutti i partiti e in tutti i movimenti, bastano e avanzano e, una buona volta sarebbe opportuno ricompensare fedeltà di partito e di ideali. Sono giustificati e tenuti nella massima considerazione, per i trasfermenti, solo quelli trattati a pesci in faccia, anzi dovrebbero essere ulteriormente tutelati per la signorilità politica e l’atteggiamento scevro da gesti e parole scomposte che hanno saputo tenere di fronte a trattamenti che hanno lasciato disgustati, trattamenti, visti a destra, a sinistra e al centro che hanno determinato, anche, la forte disaffezione alla politica e ai suoi esponenti.

 

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