Arrestato il giudice Mineo per corruzione. Le somme richieste erano per conto di Peppe Drago per farlo curare all’estero

Cade la prima testa eccellente nell’inchiesta sulle sentenze aggiustate al Consiglio di Stato e al Cga siciliano che, dopo gli arresti di febbraio, ha ricevuto nuova linfa vitale dalle confessioni dei due principali protagonisti, gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore

Questa mattina, su richiesta della Procura di Messina guidata da Maurizio de Lucia, la Guardia di finanza ha arrestato il giudice del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia Giuseppe Mineo, già salito agli onori delle cronache nazionali due anni fa quando fu indicato dall’ex premier Matteo Renzi nella lista dei nuovi giudici del Consiglio di Stato nonostante fosse stato sanzionato per il ritardo con cui depositava le sentenze.  Macchia che, alla fine, alla verifica dei requisiti, gli costò l’esclusione dal massimo organo della giustizia amministrativa.

 Una “promozione” che, nonostante la giovanissima età (aveva 44 anni quando la soglia minima per il Consiglio di Stato è 55) era stata assicurata a Mineo proprio dagli avvocati e Calafiore per “ringraziarlo” del suo lavoro, come giudice relatore,  a sostegno della decisione favorevole a due società, la Open Land e la Am Group, in una maxirichiesta di risarcimento che nel 2016 rischiò di mandare in default il comune di Siracusa.

Corruzione il reato contestato dai pm Antonio Carchietti, Antonella Fradà e Federica Rende a Mineo e ad Alessandro Ferraro, il “facilitatore” dell’operazione che, tramite un conto corrente di Malta, avrebbe fatto pervenire la somma richiesta dal giudice (115.000 euro) in favore di un suo amico fraterno, l’ex presidente della Regione siciliana Giuseppe Drago, gravemente ammalato e poi morto a settembre 2016, per curarsi in una clinica della Malesia.

La vicenda del maxirisarcimento alla Open land era già stata oggetto di uno dei capitoli della prima tranche dell’inchiesta che ha portato, tra gli altri, all’arresto dell’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo. A lui Amara e Calafiore avevano affidato il compito di preparare, con l’apertura di un’indagine penale, il terreno favorevole alla pronuncia del Cga sul contenzioso amministrativo da 2,8 milioni di euro. Questa la cifra che il Cga, relatore appunto il giudice oggi arrestato, aveva ordinato al Comune di Siracusa di pagare alla Open land, società del gruppo Frontino di proprietà della famiglia della compagna dell’avvocato Giuseppe Calafiore, per i presunti ritardi nel rilascio della licenza per la costruzione di un centro commerciale in una zona archeologica. Maxirisarcimento che proprio quattro giorni fa il tribunale di Siracusa ha disposto che la società debba tornare indietro nelle casse del Comune.

Nelle sue dichiarazioni ai pm di Messina, Amara racconta di un incontro con Mineo all’hotel Alexandra a Roma in cui lui e il suo socio Giuseppe Calafiore si sarebbero presentati addirittura con un’ipotesi di sentenza pronta da consegnare al componente del Cga per pilotare la decisione in favore della Open land.

 

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