Antiriciclaggio: l’Italia segnala, la Sicilia no. Come mai?

Nel 2025 le pubbliche amministrazioni italiane hanno segnalato oltre duemila operazioni sospette – un vero boom rispetto agli anni precedenti, con una crescita del 205%. Questi dati arrivano dall’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), l’organo che monitora le comunicazioni legate a possibili fenomeni di riciclaggio e uso distorto di fondi pubblici, come ad esempio quelli collegati al PNRR. Parliamo, in sostanza, di una rete di sentinelle istituzionali che dovrebbero vigilare su dove e come finiscono i soldi pubblici, segnalando anomalie, frodi, irregolarità.

La gran parte di queste segnalazioni – oltre la metà – è arrivata solo nel 2024. Il meccanismo funziona attraverso una piattaforma (Infostat-Uif), a cui oggi risultano iscritti 337 uffici pubblici, anche se solo uno su cinque ha effettivamente inviato almeno una segnalazione.

Il nodo inquietante: Sicilia assente (insieme ad altre 7 regioni)

Ma il dato che sorprende – e che deve farci riflettere – è un altro: da otto regioni italiane, tra cui la Sicilia, non è arrivata nemmeno una segnalazione. E qui sorge spontanea una domanda: dobbiamo stare tranquilli o preoccuparci ancora di più? Siamo forse di fronte a una realtà dove tutto funziona così bene da non rendere necessarie segnalazioni? Oppure, al contrario, dobbiamo temere che non ci sia nessuna vigilanza reale, che manchino formazione, consapevolezza o, peggio ancora, volontà di esporsi? Non sapere se l’assenza di segnali sia un buon segno o un segnale d’allarme è già di per sé una notizia.

Cosa ci dice (o non ci dice) questo silenzio?

Nel linguaggio della trasparenza, l’assenza totale di comunicazioni non è mai un segnale neutro. Soprattutto quando parliamo di una regione come la Sicilia, dove l’impiego dei fondi pubblici è spesso al centro di cronache e inchieste. E dove la macchina pubblica, per estensione e complessità, avrebbe tutto l’interesse a dotarsi di strumenti di allerta e controllo. In un sistema che si vuole davvero trasparente, il silenzio non può essere considerato una prova di rettitudine.

Una domanda che resta aperta

La questione resta dunque sospesa: questa assenza di segnalazioni è un indice di efficienza o di opacità? E chi vigila su chi non vigila? L’auspicio è che l’UIF non si limiti a contare le comunicazioni ricevute, ma inizi anche a chiedersi perché da alcune regioni non arrivi nulla. Perché anche il silenzio, a volte, può gridare molto forte.

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