ANORESSIA: BRUTTA BESTIA!!!

Qualche settimana fa, sfogliando i giornali locali, ho dovuto leggere la lettera di una mamma che si lamenta per la carenza di strutture di assistenza e cura per chi, come la propria figlia, combatte contro la brutta bestia: l’anoressia. Tra i miei libri letti e riletti, mi ritrovo tra le mani quello di Giuditta Guizzetti,  la famosissima Yuyu, astro nascente del pop che ha scalato le classifiche con i suoi più celebri pezzi: Mon petit garcon, un brano che ritroviamo in un famoso spot televisivo e il secondo successo:  Bonjour bonjour. Il suo libro, che definirei fantastico, è un diario, lei stessa lo definisce il diario della rinascita, in cui spiega i sentimenti e le emozioni di una donna, che scopre di trovare conforto nel NON mangiare, ma l’anoressia la divora, arrivando a pesare trentasei chili. È ciò che accade a moltissime ragazze, vittime delle immagini e dei modelli proposti dalla moda, dai concorsi di bellezza e da tutto ciò che riguarda il mondo televisivo. Nella società contemporanea l’anoressia rappresenta uno dei disagi più diffusi tra le ragazze adolescenti, anche se comincia ad emergere in percentuale nettamente minore anche tra i ragazzi. Nonostante l’ampio spazio dato al fenomeno e alla naturalezza acquisita nel parlare, è ancora molto difficile riuscire a sconfiggere questo disagio, per via delle numerose variabili che tendono ad alimentarlo. L’età media di insorgenza dell’anoressia di aggira dai 17 anni in su, le sue caratteristiche principali sono: il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale, la costante paura di acquistare peso, un’alterazione dell’immagine corporea e nelle donne dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi. Il controllo del peso corporeo può avvenire o tramite restrizioni per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, o tramite l’uso eccessivo dello sforzo fisico, al fine di bruciare le calorie considerate in eccesso. Altre manifestazioni che si associano all’anoressia sono: disagio nel mangiare in pubblico, sentimenti di inadeguatezza, bisogno di tenere sotto controllo l’ambiente circostante, rigidità mentale, ridotta spontaneità nei rapporti interpersonali, iniziativa ed espressività emotiva eccessivamente represse. In queste persone l’autostima è fortemente influenzata dalla forma fisica e dal peso, la perdita di peso viene considerata come una importante conquista ed un segno di autodisciplina, mentre l’aumento di peso viene vissuto come perdita del controllo, o una sconfitta. Raramente la persona anoressica è preoccupata per il suo dimagrimento, spesso non ha una consapevolezza di malattia e questo può essere un forte ostacolo per l’acquisizione di una volontà di cambiamento e di guarigione. Il termine anoressia sta ad indicare una perdita di appetito, ma il significato profondo di questo malessere va oltre a quello di una semplice inappetenza generando una vera e propria repulsione ossessiva nei confronti del cibo. L’anoressia è una malattia determinata da una condizione di disagio psicologico ed emotivo: può essere considerata come una difesa che il soggetto mette in atto nei confronti di vissuti dolorosi, di carenze affettive o di conflitti interni. Il dolore può nascere da delusioni in campo affettivo, lavorativo, scolastico, sociale, da difficoltà nei rapporti sentimentali o dalla scarsa adesione al nucleo familiare, perciò ci si sente in grado di poter affermare la propria volontà solo attraverso il controllo esercitato sul cibo. L’anoressia può anche essere vista come una difesa nei confronti di un ambiente familiare iperprotettivo e soffocante. Spesso non riesce ad esprimere i suoi disaccordi all’interno del nucleo familiare, dove ogni iniziativa o cambiamento è vissuto come un tradimento, il cibo allora può trasformarsi nel rifiuto di crescere, nel rifiuto di essere donna, di assomigliare alla propria madre o alle proprie sorelle, nel rifiuto d’affetto. Si è notato inoltre che modificazioni degli equilibri familiari, come perdite affettive e separazioni o anche situazioni particolarmente traumatiche, come ad esempio violenze sessuali, drammi familiari, comportamenti abusivi da parte di familiari o persone esterne possono essere la causa scatenante di questa malattia. Il problema del cibo diviene l’unico canale attraverso cui emergono i sentimenti e l’affettività. Il guarire non comporta solamente una crescita psicofisica del soggetto affetto da anoressia, ma anche una crescita dell’intero gruppo familiare: famiglia e paziente devono poter crescere insieme. E’ necessario pertanto un lavoro sinergico, sia sulla famiglia che sul paziente poiché entrambi hanno bisogno di un processo evolutivo, senza un adeguato percorso terapeutico potrebbe accadere che una famiglia non sia preparata ad affrontare i conflitti coperti dal sintomo anoressico, e che quando la persona affetta da anoressia migliori durante una psicoterapia, al rientro nella famiglia si ritrovi nuovamente invischiata nei vecchi meccanismi inconsci che la portano a regredire. E’ molto difficile iniziare un percorso terapeutico, per via dei numerosi ostacoli al cambiamento; la terapia familiare integrata a quella individuale, possono offrire dal punto di vista psicologico l’apporto più completo per una ristrutturazione del sistema familiare e favorire l’uscita da un processo patologico in cui la famiglia anoressica era rimasta incastrata.

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it