Allarme porno tra bambini e adolescenti: la morte dell’eros (e del rispetto per le donne)

La rubrica dello psicologo a cura di Cesare Ammendola

Un libro interessante, fresco di stampa, della nota giornalista Lilli Gruber diventa per me un delizioso pretesto per affrontare nuovamente un tema che mi sta a cuore da molti anni. Come terapeuta, psicologo scolastico e padre. 

Nel vuoto desolante dell’educazione all’affettività a scuola, in famiglia e in tutte le agenzie educative, per generazioni di ragazzi (e bambini, dato nuovo e inquietante) il porno rappresenta oramai la principale forma di educazione sessuale. Diseducazione all’eros, direi io.

Già da piccoli, gli inermi utenti intercettano il porno su internet (hanno libero e precoce accesso ai dispositivi), iniziano a cercarlo ansiosamente, condividono nelle chat e scambiano per realtà quella che è solo una finzione a tinte estreme e persino grottesche. 

L’industria colossale e capillare del porno, grazie ai siti tra i più visitati al mondo, fattura miliardi. Il libro della Gruber ha anche il merito di denunciare le storie di sfruttamento e violenza. E dimostra tra le pagine che è il porno a usare noi e non il contrario. 

Per fermare il fenomeno e le sue degenerazioni bisognerebbe chiedere un’educazione sentimentale e sessuale per i nostri figli innanzitutto. Sarebbe indispensabile recuperare i risvolti luminosi che la più becera pornografia online ci ha rubato, ovvero l’erotismo, il desiderio, la creatività, la curiosità fine, il riserbo dei dettagli.

Una nuova pedagogia dell’eros dovrebbe contrastare l’immaginario primitivo e troglodita restituito da molta “letteratura” porno nei suoi tratti “nobilmente” distintivi: la meccanica e arida bestialità, la prestazione alfa-ego-centrica e genitale tipicamente maschilista e sovente violenta, apparentemente trasgressiva, invero tremendamente banale, prevedibile, comica e noiosa nel suo consumarsi senza sviluppo in un atto ossessivo-compulsivo di pochi minuti di pura deflagrazione proto-encefalica.

L’eros invece è una categoria essenzialmente mentale, l’espressione della sessualità è scritta nella psiche tra poche e tuttavia primarie parole: relazione, intimità, scoperta, attesa, gradualità, sfumature, immaginazione, emozione, affetto, rispetto, reciprocità, fusione. 

Da Youporn a OnlyFans si espande esponenzialmente un mercato pornografico alla velocità della luce che ha incredibilmente svilito a prodotto mercificante gli impulsi vitali più profondi.

La disinformazione e ignoranza dei bambini che muovono i primi passi nel sottobosco selvaggio del sesso così rappresentato è come un imprinting dirompente che rischia di avere un impatto disfunzionale sull’evoluzione dei più indifesi e sulle loro capacità relazionali da adulti. 

Senza considerare che l’universo del porno riflette quasi esclusivamente le pulsioni germinali dell’autoerotismo maschile. 

Moralismi o considerazioni estetiche a parte, ammettiamolo, esiste il rischio che le donne siano ridotte talora a bambole gonfiabili particolarmente intraprendenti (in ossequio ad un copione che non gli appartiene) e a mero oggetto di piacere degli uomini, non di rado in dinamiche aggressive e stereotipate e fallocentriche. In trame non propriamente sofisticate e avvincenti che pretendono di ritrarre la danza di una coppia negando l’essenziale della scena: il femminile.

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