ABLAI KHAN

Ablai Khan (1711-1781) è una figura storica d’importanza centrale nella storia del Kazakhstan, che quest’anno lo ricorda dedicandogli il trecentesimo anniversario. A tal riguardo Andrea Marcigliano scrive:

Bertold Brecht aveva torto: i Popoli hanno bisogno di eroi. E ne hanno bisogno perché gli Eroi rappresentano, o meglio incarnano l’anima dei popoli. Ne fondano l’identità, e la fondano nel mito, prima ancora che nella storia. Gli antichi greci lo sapevano bene, tant’è che il Culto degli Eroi rappresenta il fondamento della polis, l’humus mitico su cui si ergeva la creazione politica dello spirito ellenico che rappresenta ancor oggi uno dei maggiori lasciti del mondo classico a quello moderno, e, soprattutto, il punto di partenza di quella che siamo soliti chiamare Civiltà Europea. Tutte le città greche, infatti, veneravano la memoria di eroi fondatori: Cecrope e Teseo ad Atene, Taras nell’italica Taranto, Cadmo a Tebe. Eroi, tutti, che oltre a “fondare” la città, avevano compiuto imprese grandiose, imprese che l’avevano resa libera, potente, prospera. E questo perché la funzione dell’Ero, il suo destino manifesto è sempre stato, appunto, quello di salvare il proprio Popolo, di liberarlo, quando non addirittura, di generarlo, di crearlo, come fu, nel mito latino, per Romolo con il Popolo Romano.

 

Ablai Khan fu l’artefice dell’integrità territoriale del Paese al tempo delle incursioni da parte degli Dzungari. Una confederazione di varie tribù oirate costituitasi nei primi anni del XVII secolo, provenienti dalla Mongolia occidentale e dalla Zungaria, una regione dell’attuale Xingjiang cinese.

Discendente dal Sovrano Mongolo Genghis Khan, Ablai Khan possiede dei tratti biografici – come il fatto di essere stato un orfano reietto riscattatosi attraverso il proprio valore personale – che lo accostano non poco alle vicende esistenziali del giovane Temüjin.

Distintosi per leadership e carisma, rappresenta un essenziale stadio transitorio fra quello che si potrebbe definire il Volksgeist o più propriamente Arwakh della nazione kazaka incarnatosi in varie personalità salienti che hanno forgiato la storia del Paese. A partire dal cosiddetto proto-avo, Kül Tegin fino alla sua più recente manifestazione: il Presidente Nursultan Nazarbayev.

Quest’ente, o Volksgeist è da intendersi in un’accezione del tutto peculiare e metastorica, ovverosia come la rappresentazione geometrica dello stesso amalgamatasi con il destino della nazione kazaka e incarnatasi nel corso dei secoli in determinati personaggi storici impregnati di innato e prorompente carisma.

E sullo sfondo di questa struttura architettonico-ontologica, non di certo in posizione ipostatizzata, è da allegare il concetto idealistico della passionarietà, così come è stato formulato dal filosofo Lev Nikolaevič Gumilëv, nella sua opera: “Этногенез и биосфера Земли” (Etnogenesi e biosfera della Terra)[1].

Gumilëv, infatti, riteneva che gli “impulsi energetici” provenienti dal cosmo, determinassero il fenomeno della “Пассионарность” (passionarietà), intesa come un’attività estrema e parossistica, caratterizzata da un’intensità vitale, che, influenzando l’energia biochimica della materia, producevano una metamorfosi genetica conducente alla nascita di individui “passionari” capaci di sopportare sforzi estremi. In altre parole di figure storiche dotate di particolare temperamento e talento.

La stessa magnificenza architettonica dei palazzi e dei monumenti della capitale kazaka, Astana, che si stagliano verso l’elemento uranico sembrano ricondurre ad un progetto metastorico presente fin dall’inizio, un destino che si sarebbe dovuto realizzare in qualche parte dell’Eurasia o dell’Asia Centrale, concretizzatosi in quel luogo.

Una continuità ideale che procede fino all’attuale Presidente Nursultan Nazarbayev.

Una sorta di nemesi storica per il Kazakhstan che aveva smarrito la sua Indipendenza fin dall’inizio del giogo dzungaro per poi perpetrarsi nella fase della dominazione russa e quindi sovietica.

Il Kazakhstan oggi, nel XXI secolo, è divenuto un Paese leader, una potenza emergente sullo scacchiere internazionale. Un centro di gravità permanente eurasiatico con realistiche prospettive planetarie.

Artefice ne è il suo Presidente Nursultan Nazarbayev e lo spirito di cui è, allo stesso tempo, erede e incarnazione. Un archetipo presente, anche con Ablai Khan, nello spirito della Grande Steppa.

 

Ablai Khan è stato innanzitutto un eroe nazionale ed insigne statista, il quale è riuscito a ripristinare l’integrità territoriale del Kazakhstan. Ablai Khan è l’ultimo Khan kazako, la cui autorità era indiscussa in tutte le terre appartenenti al Kazakhstan. Figlio del Sultano del Medio Jüz, Korkem Wali Ablai, Abilmansur, provenendo dalla linea più giovane dei genghisidi dello Jüz Medio. Gli antenati di Ablai Khan discendevano dal fondatore del Khanato kazako, Janibek Khan, a sua volta discendente di Juči, primogenito di Genghis Khan.

Suo nonno, anch’egli di nome Ablai, contraddistintosi per valore militare, era stato governatore della città di ТүркістанTürkistan, conosciuta fino al XVI secolo come Yasi o Šavgar, situata nella regione meridionale del Kazakhstan, vicino al fiume Syr-Daryâ. Una fra le più antiche città della Via della Seta, che, essendo stata un epicentro spirituale e politico dei popoli turcofoni assunse al rango di antica capitale dei Khan kazaki

All’età di tredici anni Ablai, avendo perso il padre durante le cruente lotte interfeudali, analogamente a quanto fece il giovane Temüjin, fuggì nella steppa cercando di dissimulare il proprio lignaggio e per un certo tempo visse come pastore, al servizio di un ricco kazako della stirpe di Jaqsïlïq. Quindi il giovane Ablai fu in grado di manifestare tutte quelle qualità che più tardi lo immortalarono nella schiera dei personaggi maggiormente in vista del Khanato kazako.

All’età di quindici anni era chiamato “Sabalaq” e partecipò attivamente alla lotta di indipendenza del popolo kazako contro gli invasori stranieri, in un primo momento come soldato semplice, quindi avanzando rapidamente di grado, divenne uno dei guerrieri più valorosi.

Impegnato in innumerevoli battaglie, si distingueva per l’indomito coraggio che manifestava soprattutto in combattimenti solitari.

 

Una delle prime vittorie importanti che gli fecero acquisire una fama imperitura, fu in occasione della battaglia sotto il comando del Sultano Abilmambet contro gli Dzungari. In questa battaglia, uno sconosciuto ventenne Abilmansur (Ablai), in un duello solitario che ci evoca quelli degli eroi omerici, uccide Šarïš, parente stretto del principale eroe e condottiero, Galdan Tseren. Šarïš era considerato invincibile e nei duelli personali e vantava oltre trenta vittorie in attivo sugli eroi più famosi del tempo.

Si narra che durante la battaglia ricorresse spesso ad un grido di guerra per atterrire i nemici: “Ablai”, una tecnica ben nota nell’ambito delle arti marziali, utilizzandola anche durante il combattimento contro l’eroe dzungaro.

Alla fine della vittoriosa battaglia il Sultano Abilmambet incuriosito chiamò a sé Abilmansur, chiedendogli: “Chi sei tu e perché gridi Ablai?”. A tale domanda Abilmansur rispose: “Io sono il nipote di Ablai ed evocando il suo nome mi rivolgo al suo spirito”. Allora il Sultano Abulmambet lo abbracciò e appellandosi al popolo pronunciò le seguenti parole: “Una volta ho sentito dire che Baku Wali ebbe un unico figlio, ed eccolo qui davanti a noi, se siete d’accordo, sarebbe conveniente che divenisse Gran Khan” Dopo l’approvazione da parte di novanta dei migliori rappresentanti delle tre jüz, Abilmansur fu eletto Gran Khan[2].

 

Similmente alla vicenda del giovane Temüjin divenuto in seguito Genghis Khan, un analogo destino, drammatico, quasi fantastico, un carattere risoluto unito ad un eccezionale carisma personale, trasformano l’orfano Abilmansur, nell’eroe nazionale e sovrano, Ablai Khan.

Come accennato, Abilmansur era vissuto in circostanze molto ardue che lo avevano portato fin da bambino a cimentarsi con tutti i dolori e gli aspetti negativi della vita.

Ma il futuro Khan il quale, da antesignano di Nietzsche viveva lo spirito dell’epopea in conformità all’aforisma: “ciò che non mi uccide mi rende più forte”, proprio attraverso questo tipo di vita si esercitò a coltivare una volontà di ferro e una capacità di sopravvivere in condizioni estreme[3].

Sulla figura di Ablai Khan, nel 2005 è stato realizzato anche un film diretto da Sergej V. Bodrov – regista nel 2007 del colossal “Mongol” sulla vicenda di Temüjin – e Ivan Passer, intitolato “Nomad”, Көшпенділер, Köşpendiler in lingua kazaka, per il quale il governo kazako aveva investito un’ingente cifra di denaro.

Il lungometraggio è una saga epica ambientata nella grande steppa kazaka, su cui pende la spada di Damocle della dominazione dzungara. Gli eventi salienti sono la profezia della nascita del futuro eroe kazako che riscatterà il popolo. Il duello all’ultimo sangue con Šarïš e la battaglia finale vittoriosa contro l’invasore. Al crollo della potenza dzungara, di fronte all’avanzata delle forze sino-mancesi le due ultime orde si spostarono più a nord nell’area dell’influenza russa[4].

In seguito fra il XVII e il XIX secolo i territori del Kazakhstan subirono le invasioni russe, fino all’incorporazione nell’impero zarista avvenuta a metà dell’Ottocento.

In seguito alla disgregazione dell’Unione Sovietica il Kazakhstan, nel dicembre del 1991, ha dichiarato la propria Indipendenza.

L’Indipendenza, infatti, da una parte rappresenta la fine di un giogo plurisecolare che era iniziato con gli Dzungari, ai tempi dei Khanati, proseguito nell’epoca zarista e protrattosi in quella sovietica. Dall’altra, svincola il Kazakhstan dalla posizione regionale subordinata che aveva posseduto fino allora, coatto nelle maglie di ferro della dipendenza da un altro Paese soffocato dalla sua stessa posizione geopolitica, proiettandolo automaticamente sugli scenari eurasiatici.

A partire da quel momento i progressi di cui il Paese si è reso protagonista sono interamente ascrivibili alla determinazione del suo Presidente, Nursultan Nazarbayev. Proteso a costruire in Eurasia un unico grande spazio aperto ad un nuovo e concorrente modello di mondo: multipolare, equilibrato, democratico, pluralista, pacifico e prospero.

Spazio divenuto uno Stato moderno anche grazie ad Ablai Khan che e fu il prodromo, la pietra miliare.

 

 

 


[1] Gumilëv Lev, Etnogenez i Biosfera Zemli , Moskva, 1993, http://gumilevica.kulichki.net/EBE/index.html.

[2] Sulejmenov R.B., Mojseev V.А. Моисеев. Ablaj-khan. Vnuternnjaja vnešnjaja politika. Аlmaty, 2001.

[3] Erofeev I., «Političeskaja organizatsija kočevogo obščestva». Моsca, 2001.

[4] Mario Bussagli, Nuova Storia Universale dei Popoli e delle Civiltà, Torino, 1970, pg. 219.

 

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