A CESARE CIO’ CHE E’ DI CESARE A DIO CIO’ CHE E’ DI DIO

“Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all’autorità e al potere del governatore. Costoro lo interrogarono: «Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?». Conoscendo la loro malizia, disse: «Mostratemi un denaro: di chi è l’immagine e l’iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». Ed egli disse: «Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.”   (Luca 20,20-26)
    “Gli evasori devono mettersi in regola.” Parola del presidente dei vescovi italiani, mons. Angelo Bagnasco.
    “A partire dall’ICI, la tassa sugli immobili da cui il Vaticano è esente. E’ fuori dal tempo – spiega Mario Staderini, segretario radicale – che la Chiesa goda di detrazioni per l’equiparazione degli enti ecclesiastici ad enti di beneficenza.”
    Si contesta l’articolo 29 del Concordato del 1929, che stabilisce il principio cardine della normativa tributaria, ancora valido: gli enti ecclesiastici sono equiparati ex lege sotto il profilo tributario agli enti di beneficenza. Si fanno rientrare nella parificazione normativa non solo tutti gli enti beneficali (mense vescovili, benefici parrocchiali, chiese) ma anche i seminari, i santuari, e qualsiasi ente che, da chiunque amministrato, ha quale fine esclusivo o principale il culto. Lo speciale regime tributario è stato applicato anche ad attività diverse dal culto o dalla religione purché dirette e strumentali alla realizzazione di tali finalità.
    Il criterio della strumentalità consente ampi spazi di possibile elusione fiscale da parte dei soggetti economici di natura ecclesiastica.
    Ma la lista delle riduzioni è lunga:
– riduzione del 50% dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (Ires),
– esenzione dall’imposta locale sui redditi dei fabbricati di proprietà della Santa sede (l’incremento di valore degli edifici del Vaticano non è neanche soggetto all’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili). In più i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto e quelli esistenti nei cimiteri e loro pertinenze non vengono considerati produttivi di reddito, sempre a prescindere dalla natura del soggetto che li possiede.
– non sono inoltre considerate produttive di reddito imponibile le cessioni di beni e prestazioni di servizi compiute, anche verso pagamento di corrispettivi specifici, in favore di associati oppure in favore di altre associazioni che operano nello stesso settore.
– sono deducibili dal reddito complessivo degli enti ecclesiastici anche i canoni, le spese per manutenzione o restauro dei beni, le spese per attività commerciali svolte dall’ente, dai membri delle entità religiose.
– per ciascuno dei membri alle dipendenze dell’ente religioso è deducibile un importo pari all’ammontare del limite minimo annuo previsto per le pensioni Inps.
– poi c’è l’esenzione dell’Iva per le prestazioni rese da enti di beneficenza, ospedali, ricoveri e scuole.
– c’è anche un esonero Irpef per gli impiegati e salariati, anche non stabili, della Santa Sede.
– e per finire le esenzioni da diritti doganali e daziari per merci estere dirette alla Città del Vaticano o a istituti della Santa sede ovunque situati.
    Negli ultimi giorni oltre 200 mila cittadini italiani sul web hanno chiesto apertamente di mettere fine ai vantaggi fiscali di cui gode il Vaticano, specie in un momento drammatico in cui agli italiani – di ogni classe sociale o fascia d’età – si chiedono sacrifici notevoli per salvare i conti pubblici.
    E anche il Sole 24 Ore, con un editoriale pubblicato in prima pagina il 31 agosto, dal titolo “Rigore draconiano, ultima chiamata” ha chiesto che si metta fine a questi privilegi inspiegabili. L’editoriale è firmato da Roberto Perotti, economista della Bocconi, che spiega che “l’Italia è nei guai perché i mercati considerano il suo debito pubblico troppo alto”. E aggiunge che se l’obiettivo è quello di “distribuire i sacrifici più uniformemente”, anche per rendere politicamente accettabile la correzione dei conti, allora è urgente “l’eliminazione dell’esenzione fiscale della Chiesa”.
    Tra Ici, Irpef, Ires, Imu e tasse immobiliari varie non pagate dalla Chiesa, si parla di introiti difficili da quantificare, ma le sole cifre riferite ad attività commerciali, alberghiere, imprenditoriali, “for profit”, che sono esenti per la sola ragione di appartenere a istituzioni religiose, misurate in molti modi diversi, indicano comunque molti miliardi che lo Stato italiano perde in un momento tanto difficile.
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