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LA TRASGRESSIONE, UNA RIVISITAZIONE DELLE REGOLE
08 Feb 2013 04:09
Trasgredire, dal latino “transgredi”, andare al di là, oltre.
La trasgressione nella nostra società viene intesa spesso negativamente, come un non rispettare le regole esistenti, come la violazione e disobbedienza ad esse; è il superare “i limiti” di un qualcosa. Quello della trasgressione è un impulso insito nell’uomo che gli ha dato la possibilità, nella sua storia evolutiva, di sperimentarsi, di conoscersi, di ricercare e trovare nuovi limiti e confini sia all’interno del suo corpo che fuori. E’ ciò che ha permesso, e ci permette ogni giorno, di poter godere delle più grandi scoperte e invenzioni, da quella del fuoco alla teoria eliocentrica. Lo sviluppo materiale, morale, intellettuale e spirituale dell’uomo è dipeso dalla sua capacità di dire “no” a tutto ciò che limitava la sua coscienza, la sua mente, la sua azione. Le autorità civili e religiose hanno spesso vietato, direi quasi sempre, il “no” perché il cambiamento, il nuovo, l’abbandono del rassicurante anche se scomodo “vecchio” ha sempre impaurito, e continua tutt’ora ad impaurire, proprio per l’imprevedibilità a cui si va incontro attraverso il cambiamento. A poco sono servite, o servono, le condanne a morte o spirituali, le prigioni, i castighi e le pene per i pensatori grandiosi e “trasgressivi”: un “sano trasgressivo” non si può infatti sottrarre a quell’atto di volontà che lo psicologo Jung chiama “Legge del Proprio Essere”, ovvero quella spinta interna che ci porta a diventare noi stessi, sfidando i limiti e i conflitti di ogni genere. E’ la nostra sopravvivenza creativa, la nostra individualità.
La trasgressione, così presentata e contestualizzata, ha certamente connotazione positiva, in quanto è l’elemento creativo che rappresenta per l’uomo una sana evoluzione, un non ripiegamento, una spinta motrice al cambiamento e rinnovamento.
Alla trasgressione “sana”, che è quella di cui abbiamo discusso, si contrappone però una trasgressione “non sana”, lontana dalla creatività e dalla curiosità e vicina invece alla necessità di stupire, di compiacere e autocompiacersi, dove il trasgredire diventa quasi un “obbligo”, una regola sociale, non da rivisitare ma rispettare e il senso delle azioni resta completamento sconnesso dai pensieri. In questo modo è facile che subentrino inevitabilmente crisi di identità e sensi di colpa, proprio perché non si crede in ciò che si fa, oltre che una maggiore esposizione a rischi e pericoli.
La trasgressione “sana” è proprio quella che non diventa a sua volta regola di massa a cui conformarsi ma resta “unica”, diversa per ogni individuo, attraverso cui realizzare la propria autenticità.
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