Al Teatro Greco torna la grande tragedia: INDA presenta Alcesti, Antigone, Persiani e Iliade

La 61ª stagione degli spettacoli classici al Teatro Greco di Siracusa prevede in calendario quattro lavori che la Fondazione Inda ha ufficializzato. “Sconfinamenti”: su questa linea quest’anno si muove la stagione delle tragedie che si alterneranno sul palco in cui si affaccia la cavea del teatro greco composta da 67 ordini di gradini scolpiti nella roccia. Si và dall’Alcesti di Euripide per la regia di Filippo Dini e traduzione di Elena Fabbro, all’Antigone di Sofocle per la regia di Robert Carsen e traduzione di Francesco Morosi, a I Persiani di Eschilo, regia di Àlex Ollé e traduzione di Walter Lapini. Il quarto spettacolo è l’Iliade da Omero per la regia di Giuliano Peparini e traduzione di Francesco Morosi.

“Sconfinamenti”.

L’idea dei precisi confini dell’esistenza e della necessità di vivere entro quei confini, oltre i quali si pagano prezzi drammatici, innerva il teatro greco antico a partire dal primo testo a noi rimasto, primo di tutto il teatro occidentale, ‘I Persiani’ di Eschilo ( 472 a. Ch ) – scrive la Fondazione Inda presentando gli eventi – nella scena centrale, Dario chiarisce ai cortigiani e alla regina Atossa il perché della sorprendente sconfitta di Salamina. Suo figlio Serse aveva dimostrato hybris, vale a dire arroganza mista a superbia, valicando i limiti imposti dalla natura a ogni uomo, creando terra dove c’era il mare e viceversa. Tale tracotante sfida aveva causato una sconfitta clamorosa e la fine dell’impero di Persia. La tragedia, inoltre, manda in scena il primo vistoso conflitto tra Occidente ( i Greci) e Oriente ( i Persiani), delineando confini che ancor oggi pare impossibile sanare, pacificare, acquetare. Un confine netto è anche quello imposto ai Tebani dal re Creonte attraverso il bando emanato in “Antigone” di Sofocle ( 442 a. ch ?) contro chiunque tenti di seppellire i nemici della patria. Il primo di quei nemici, Polinice, per la giovinetta Antigone è suo fratello. Quindi la figlia di Edipo trasgredisce quel divieto ‘gridato’ con un bando pubblico e imposto da un provvisorio potere politico, opponendo la forza della propria coscienza e della legge non scritta degli dei, che le impone di onorare il fratello e valicare quella barriera, a prezzo della propria morte. Pochi anni dopo va in scena la prima tragedia a noi rimasta di Euripide, “ Alcesti” ( 438 a. Ch ) ove il prologo è già una lotta tra il dio Apollo e la Morte, che fissa paletti che non si possono oltrepassare. Alcesti però “ è viva e morta pare”, unico personaggio della tragedia greca che agisce “in limine mortis”, ed esce di scena, in un ambiguo finale, nella stessa condizione. I confini tra il vivere reale e quello prospettato nell’aldilà sono labili in questa tragedia, la più imprendibile, forse, di tutto il V secolo a. Ch. È possibile tracciare, ed esistono davvero, linee di demarcazione non valicabili?

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