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Aggressione al 22enne ragusano a Milano: i genitori indignati dopo gli interrogatori del branco: “Indifferenza disumana”
23 Nov 2025 12:08
A Milano continua a scuotere le coscienze la vicenda del 22enne di origini ragusane, studente della Bocconi, brutalmente aggredito e accoltellato la notte del 12 ottobre in corso Como. Un pestaggio feroce, compiuto da cinque giovanissimi — tre minorenni e due 18enni — che ha lasciato il ragazzo con lesioni gravissime: la perforazione di un polmone, danni al midollo spinale e la prospettiva concreta di conseguenze permanenti.
Negli ultimi giorni i cinque aggressori sono stati ascoltati dal Gip dopo l’arresto per tentato omicidio pluriaggravato e rapina. Le loro dichiarazioni hanno lasciato sgomenti i genitori della vittima. Uno sostiene di non aver capito che l’aggressione sarebbe degenerata, l’altro parla di “legittima difesa”. Ma, per la famiglia del ragazzo, queste sono soltanto frasi di circostanza, tentativi fragili e strumentali di ridurre le proprie responsabilità.
La loro lunga e toccante lettera, indirizzata al magistrato, racconta senza filtri il travaglio di queste settimane. Scrivono di notti passate in ospedale, ad ascoltare il respiro del loro figlio, “con il terrore che ogni suono potesse essere l’ultimo”, e della fatica immensa di affrontare “referti, prognosi e paure che nessun genitore dovrebbe conoscere”.
Raccontano di aver guardato e riguardato le immagini dell’aggressione, costretti a rivedere il “corpo accasciato e martoriato” del loro ragazzo. “Quelle sequenze — scrivono — sono diventate ferite parallele, destinate a non guarire mai davvero.”
La loro indignazione cresce di fronte all’atteggiamento degli aggressori, sorpresi a ridere e a commentare con leggerezza l’accaduto subito dopo l’arresto. “L’accanimento del branco – affermano – è terribile, ma ancor più inquietante è la disumana indifferenza con cui hanno raccontato l’impresa nella sala d’attesa del Commissariato. Nessuna consapevolezza, nessun tremito di pentimento. Solo giustificazioni vuote e parole prive di anima.”
Nel frattempo, emergono anche intercettazioni agghiaccianti: frasi come “magari schiatta” oppure “voglio vedere se ho picchiato duro”, dette quasi con compiacimento. Solo uno dei ragazzi avrebbe mostrato un iniziale turbamento, chiedendo di poter scrivere una lettera di scuse.
Intanto, i medici confermano la gravità del quadro clinico: “Potrebbe non avere più una vita normale”, ha dichiarato uno dei responsabili sanitari. Una notizia che i genitori dichiarano di affrontare giorno dopo giorno, accanto al figlio che combatte per ogni piccolo gesto: “Ogni mattina ricomincia da zero — spiegano — e ciò che per chiunque sarebbe semplice, per lui è una montagna.”
La famiglia, pur ferita, non chiede vendetta ma chiede con forza giustizia. “Non odiamo quei ragazzi — scrivono — ma ciò che rappresentano: una cultura della violenza che cresce nell’indifferenza, che trasforma un giovane in un bersaglio. Vorremmo che un giorno possano guardare dentro se stessi e riconoscere il male insensato compiuto.”
E concludono con parole che sono insieme resistenza e speranza:
“Continueremo a pregare per nostro figlio mentre la giustizia farà il suo corso. È il nostro modo per andare avanti, per non lasciarci schiacciare da questa notte lunga che ci è caduta addosso.”
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