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Omissione di atti d’ufficio per la discarica di Vittoria: assolta ex dirigente del comune
13 Set 2025 08:58
Era accusata di omissione di atti d’ufficio ed è stata assolta per non aver commesso il fatto. Si tratta di Cristina Prinzivalli, difesa dall’avvocato Santino Garufi, finita a processo davanti al Tribunale collegiale di Ragusa (Vincenzo Ignaccolo, Maria Rabini e Francesca Aprile) per fatti risalenti a febbraio del 2019. Secondo la tesi dell’accusa la donna, allora dirigente del Comune di Vittoria non avrebbe messo in atto con immediatezza “tutte le attività volte a mitigare/contenere l’emissione di percolato della discarica di contrada Pozzo Bollente e per definire l’estensione della contaminazione”. Ad ottobre del 2018 l’Assessorato regionale dell’Energia e dei Servizi di pubblica utilità aveva intimato, al Comune di Vittoria, gestore e proprietario della discarica – in base a quanto previsto nel capo di imputazione – di avviare le attività e i commissari straordinari del Comune, Filippo Dispenza e Gaetano D’Erba avevano più volte richiesto alla dirigente di istruire ed avviare per ragioni di igiene gli atti necessari essendo stata messa a conoscenza della disponibilità delle risorse necessarie in bilancio. Lo stesso pubblico ministero Santo Fornasier, al termine di un lungo dibattimento che si è concluso con la sua requisitoria, ne ha chiesto l’assoluzione. Il collegio presieduto dal giudice Vincenzo Ignaccolo, ha assolto la ex dirigente con la formula del “non avere commesso il fatto”. Due anni ad ottobre del 2023, fa la stessa dirigente assieme agli amministratori, agli assessori all’Ambiente e ad altri dirigenti in carica tra il 2010 al 2017 al Comune di Vittoria, era stata assolta da un capo di imputazione simile. Erano finiti a processo con l’accusa, ognuno per il proprio ruolo di avere omesso di adottare misure di prevenzione e procedure di monitoraggio controllo e messa in sicurezza della discarica di Pozzo Bollente a Vittoria sia durante la gestione operativa dell’impianto, sia nel cosiddetto post-mortem, nella fase di chiusura dell’impianto, provocando inquinamento delle acque superficiali e sotterranee delle aree circostanti la discarica. Un danno che era stato definito “persistente e diffuso, a tutt’oggi esistente, alle matrici ambientali” per il superamento della soglia di contaminazione e di rischio – per arsenico ferro, manganese, cromo e nichel -, anche per il mancato smaltimento del percolato di discarica con abbandono e deposito incontrollato dei liquami e sversamento degli stessi nelle acque superficiali e sotterranee delle aree limitrofe. Anche in quel caso lungo dibattimento e nessuna condanna; tutti assolti per non avere commesso il fatto.
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