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Oltre 740 incendi in 48 ore: estate di fuoco in Sicilia. E’ sempre una “sfortunata coincidenza”?
28 Lug 2025 16:17
Non è più emergenza. È accanimento. È follia. È l’ennesima estate siciliana consumata dal fuoco, tra dichiarazioni istituzionali, immagini strazianti e una rabbia che, stavolta, non si placa. Solo tra il 24 e il 27 luglio, oltre 740 roghi hanno divorato ettari su ettari di vegetazione, riserve naturali, campi, uliveti, aree abitate, costringendo decine di famiglie all’evacuazione. In molti si chiedono: è ancora credibile parlare di casualità, o la verità è che qualcuno — molti, forse troppi — questi incendi li appiccano scientificamente, con metodi e obiettivi che restano nell’ombra?
Fuoco ovunque: da Niscemi a San Vito Lo Capo, la Sicilia brucia
Monte Cofano, Custonaci, Makari, la Riserva dello Zingaro, Piana degli Albanesi, Biancavilla, Messina, l’Ennese. L’elenco è talmente lungo da somigliare a un bollettino di guerra. I dati ufficiali parlano di 380 incendi nella sola giornata di venerdì 25 luglio. Il giorno dopo, il numero si è più che raddoppiato. Il bilancio: cinque riserve naturali devastate, 20.000 ettari andati in fumo in questo 2025, aree protette annientate. Tra queste, autentici gioielli del patrimonio naturalistico siciliano.
In campo sono scesi tutti: vigili del fuoco, forestali, protezione civile, volontari. Decine di mezzi, elicotteri, canadair, uomini esausti. Eppure, il disastro è sotto gli occhi di tutti. Perché sì, si può spegnere il fuoco. Ma non si può spegnere l’inadeguatezza sistemica che lo precede e lo favorisce.
“Colpa dei piromani”. Ma è solo questo il problema?
Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha espresso «vicinanza ai cittadini colpiti e gratitudine agli operatori», sottolineando come «l’intero sistema antincendio abbia operato in maniera lodevole e coraggiosa». Eppure, è lo stesso Schifani a denunciare «la mano criminale di piromani senza scrupoli».
Un’accusa chiara, ma anche troppo comoda. Perché se è vero che il dolo è dietro molti focolai, è altrettanto vero che ogni anno il copione si ripete uguale a se stesso. E ogni anno ci si stupisce. Ci si indigna. Si piange sul patrimonio perduto. Ma chi doveva prevenire dov’era?
Lo ha detto il Codacons, che ha chiesto senza mezzi termini il commissariamento della Sicilia per l’emergenza ambientale: «La Regione è inadeguata. Non servono altri tavoli tecnici o conferenze stampa: servono azioni concrete. Il Governo nazionale assuma il pieno controllo della situazione prima che l’intero patrimonio ambientale dell’isola venga irrimediabilmente compromesso».
La prevenzione annunciata e i viali parafuoco “fatti”
L’assessore regionale all’Agricoltura, Salvatore Barbagallo, ha assicurato che i viali parafuoco sono stati «integralmente realizzati» e che «gli operai forestali sono ancora in servizio». Lo stesso vale per l’assessora al Territorio, Giusi Savarino, che ricorda come siano stati attivati pattugliamenti, convenzioni con i vigili del fuoco, e la nuova Sala operativa unificata.
Ma allora, viene da chiedersi: se tutto questo è stato fatto, com’è possibile che 740 incendi riescano a sfuggire a ogni controllo in appena due giorni? Cosa non ha funzionato? Dove sono finiti i droni, i sistemi di monitoraggio, le telecamere, le squadre addestrate, la sorveglianza attiva? E soprattutto: perché nessuno paga quando tutto brucia?
Brucia, quindi è normale
In Sicilia è diventato “normale” che d’estate si bruci. Ma normale non è. Perché anche laddove ci sono condizioni estreme — vento caldo, temperature elevate, vegetazione secca — ci vuole la scintilla. E troppo spesso quella scintilla ha un volto umano.
Forse è il momento di dire basta. Basta con la rassegnazione. Basta con la narrazione dell’inevitabile. Basta con il piagnisteo a posteriori. Perché dietro ogni ettaro che va in fumo, ci sono responsabilità precise: politiche, amministrative, criminali. E la Sicilia non può più permettersi di farsi consumare, estate dopo estate, da una combinazione micidiale di incuria, dolo e inefficienza.
Serve un piano strutturale, non l’ennesimo stato d’emergenza
Lo dicono i dati PEFC: la prevenzione attiva funziona. I boschi gestiti e certificati hanno un rischio incendi nove volte inferiore. Spegnere un incendio costa fino a otto volte più che prevenirlo. Eppure, si continua a investire sull’emergenza e non sulla gestione. Una logica suicida che alimenta un circolo vizioso fatto di fiamme, cenere e promesse non mantenute.
La Sicilia è una terra bellissima, ma oggi è anche una terra arsa, lasciata alla mercé di interessi, incompetenze e silenzi. Finché non si passerà dai “comunicati” alle vere assunzioni di responsabilità, il fuoco avrà sempre la meglio.
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