Il Museo del Cioccolato di Modica: una dolce promessa diventata amara realtà

Nel cuore del Val di Noto, in una città che si fregia del titolo di “capitale del cioccolato artigianale”, (che sarebbe la nostra povera città di Modica), sorge un’istituzione che avrebbe dovuto rappresentare il fiore all’occhiello della sua tradizione: il Museo del Cioccolato. Inaugurato nel 2014 all’interno del Palazzo della Cultura, il museo era stato concepito nelle intenzioni iniziali come un tributo alla lunga e prestigiosa storia del cioccolato della città. Ma oggi, a distanza di dieci anni, si è trasformato in un simbolo di occasione mancata e gestione molto discutibile.

Una visita che lascia l’amaro in bocca

Sono le  recensioni dei visitatori ad evidenziare una storia di cui non andare molto fieri. Su piattaforme come TripAdvisor, parole come “deludente”, “abbandonato” e “un’esperienza da dimenticare” sono ricorrenti. La critica più aspra non riguarda tanto la semplicità dell’allestimento, quanto l’ incuria. Sculture di cioccolato che avrebbero dovuto essere il pezzo forte della collezione mostrano evidenti segni di deterioramento; pannelli informativi obsoleti; una narrazione che non riesce a trasmettere né la passione né l’orgoglio di una tradizione secolare. I turisti, attratti dalla fama del cioccolato modicano, escono dal museo con un senso di disorientamento e frustrazione. Non per nulla, dopo tutte queste recensioni negative, Tripadvisor colloca il museo al 36° posto sulle 42 attrazioni in città consigliate.

La denuncia di Pier Paolo Ruta: una ferita aperta

A portare alla ribalta la questione è stato nei giorni scorsi  Pier Paolo Ruta, titolare dell’Antica Dolceria Bonajuto, emblema dell’eccellenza dolciaria di Modica. In un post su Facebook, Ruta ha raccontato la disavventura di una coppia di turisti americani che, erroneamente, aveva associato il museo alla sua storica dolceria. La loro visita si è rivelata un’esperienza tutt’altro che memorabile, lasciandoli delusi e amareggiati. Ruta ha definito l’episodio “una storia triste e a tratti bizzarra”, usandolo come metafora per una città “ammalatasi di una pericolosa forma di megalomane autoreferenzialità”. La critica di Ruta colpisce al cuore una delle principali problematiche che affliggono il museo: la sua incapacità di essere rappresentativo del patrimonio che dovrebbe celebrare. La distanza tra l’immagine del cioccolato modicano e l’esperienza offerta dal museo è diventata una voragine che rischia di minare la reputazione della città. Una distanza che presto si accorcerà poiché l’immagine del cioccolato di Modica sembra essere ultimamente in caduta libera.

Un patrimonio unico che merita rispetto

La storia del cioccolato modicano è invece un viaggio affascinante che attraversa secoli e trova la sua massima espressione a metà degli anni ‘90 con un imprenditore, visionario, colto e incredibilmente innamorato della sua città, e non di se stesso, che del cioccolato modicano ne fece un brand. E appositamente non lo citiamo perché siamo del parere che qualora questo articolo, di un piccolo giornale, di una piccola provincia, dovesse essere letto dall’altro capo del mondo da un qualsiasi lettore, immediatamente si penserebbe a lui . Il cioccolato di Modica  in breve tempo, ma con tanto lavoro supportato anche da amministrazioni lungimiranti e motivate, si è trasformato da  alimento a  simbolo culturale. Questo patrimonio, che avrebbe potuto trasformare il museo in un tempio del gusto e della conoscenza, oggi invece  viene  inspiegabilmente  banalizzato e tradito.

Un museo non è un semplice contenitore di oggetti, che dovrebbero essere già d belli ed unici di loro, cosa che invece non sono quelli del museo del cioccolato di Modica. E’ un luogo in cui si raccontano storie, si accendono passioni, si costruisce un legame emotivo con i visitatori. Modica con il Museo del cioccolato aveva l’opportunità di raccontare al mondo un capitolo unico della tradizione dolciaria italiana, ma finora ha preferito fallire nel suo intento piuttosto che prendere posizione e decidere magari per una sua radicale rimodulazione o la sua chiusura, piuttosto che inanellare figure barbine.

Verrebbe da prendersela con chi questo scempio lo gestisce o, è il caso di dirlo, lo mal gestisce ma la responsabilità di questo fallimento non può essere scaricata sulle spalle solo di singoli individui o enti. E’ di tutta la città. L’amministrazione comunale, che ha promosso la nascita del museo e  che a titolo gratuito lo ospita  nonostante un biglietto di ingresso i cui proventi supponiamo non ritornino al Comune, ha il dovere di intervenire con urgenza per salvare un luogo  che, nelle condizioni attuali, non solo non aggiunge valore, ma danneggia l’immagine della città. La riqualificazione del museo richiede investimenti concreti, ma soprattutto una visione chiara e ambiziosa. Occorre ripensare l’allestimento, rendendolo interattivo e coinvolgente; aggiornare i contenuti, includendo percorsi sensoriali e laboratori didattici; costruire una narrazione che restituisca al cioccolato modicano la sua dimensione storica, culturale e sociale.

Un appello per il futuro

Come diceva un tizio che ancora una volta preferiamo non citarlo per le ragioni di cui sopra : “La tradizione non è il culto delle ceneri, ma la custodia del fuoco”. Oggi, Modica rischia di lasciare che quel fuoco si spenga, soffocato dall’indifferenza e dalla superficialità. Ma c’è ancora tempo per invertire la rotta. Questo museo può e deve diventare un simbolo di rinascita, un luogo che non solo racconti il passato, ma che ispiri il futuro. Perché il cioccolato di Modica non è solo un prodotto: è una storia, una passione, un’identità e piuttosto che essere tutelato prevalentemente delle frodi,  meriterebbe  di essere celebrato con la dignità e la cura che gli spettano, prescindendo magari  da alcune persone  che invece  farebbero un gran bene alla città se si mettessero ormai da parte.

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