100 ristoratori della provincia di Siracusa scrivono al Governo Conte

100 attività di ristorazione di Siracusa e provincia scrivono una lettera al presidente Conte e al governo. Ormai, è quasi una certezza: saranno le attività legate al mondo della ristorazione a soffrire più di tutti di questa grave emergenza sanitaria. C’è tanta preoccupazione nel settore e, per questo, tante notizie che circolano su questo particolare settore. L’ultima, in ordine di tempo, quella relativa alle mascherine ai tavoli e ai supporti in plexiglass che potrebbero essere adottati dai ristoratori.

Questa lettera, dunque, scritta e firmata dai ristoratori di Siracusa, vuole essere un appello e un grido d’aiuto allo stesso tempo: “Come si può chiedere di distanziare i tavoli a 2 metri ? I nostri tavoli per noi sono la fonte del reddito.

Se ci obblighi a riaprire e portare un’attività da 30 a 10 tavoli capisci che il modello di business su cui si basa l’impresa non c’è più ? Lo capisci o no che parlare di apertura a queste condizioni significa la catastrofe per noi ristoratori ? Lo capisci o no che dietro ad una attività ristorativa non c’è solo la partita iva , il titolare, ma ci sono i dipendenti, i fornitori, i tecnici che fanno manutenzione… un esercito di persone che se porti i tavoli da 30 a 10 non ha senso più di esistere ?

Lo capisci che io pago un tot di kwt di corrente perché devo essere pronto a rispondere ad una offerta di 30 tavoli ? Lo capisci che io ho personale ingaggiato per soddisfare la copertura di 30 tavoli ?

Se le soluzione per riaprire al pubblico sono quella finora trapelate, ribadiamo il concetto: noi rimaniamo chiusi. Non siamo una fabbrica. Il nostro lavoro è basato sul piacere, sulla socialità.

A queste condizioni non possiamo aprire. Queste non sono le condizioni per fare ristorazione. Non abbiamo ancora ricevuto i 600 euro di marzo.  I dipendenti non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione di marzo e siamo a fine aprile. E noi dovremmo riaprire, con il nostro modello di business dimezzato e con un economia che è al collasso, ma con lo stessa tassazione di prima ? No grazie”.

Poi, l’appello affinchè il presidente Conte si possa confrontare con il settore:

“Confrontati con noi ristoratori. Confrontati con le nostre associazioni di categoria che ti hanno lasciato un appello. Qui c’è gente che vuole lavorare. Ma per lavorare ci devono essere le condizioni. Già erano difficili prima le condizioni che lo Stato ci dava per fare impresa. Figurati ora che a tasse e restrizioni si aggiunge l’emergenza di una pandemia mondiale”.

Infine, la proposta di ridurre la tassazione, per poter permettere alle imprese di ristorazione un po’ di respiro:

 

“Vuoi che riapriamo ? Perfetto. Abbiamo bisogno di farci dei conti per il costo del personale, per l’Iva, per Irap, per l’Irpef, per l’Imu, per la tari, per la tasi, per il suolo pubblico. Non ce la facevamo prima caro Conte e non ce la faremo se apriremo fra 15 giorni nella stessa Italia fiscale di prima. Non vogliamo prestiti, ne 600 euro, se è questa la cifra che ti pare degna del nostro lavoro e della nostra professionalità.

Vogliamo fare il nostro lavoro. Vogliamo farlo nelle condizioni dignitose per farle: economiche e sociali. Oppure non apriamo. Non paghiamo nessuna tassa. Noi fino ad oggi, abbiamo sempre mantenuto le nostre responsabilità. Adesso tocca a voi agire, per non dichiarare il fallimento di una intera nazione”. 

Ristoratori e Bar di Siracusa, Avola, Noto, Cassibile, Rosolini, Pachino, Portopalo, Marzamemi, Palazzolo Acreide, Floridia, Aci Castello, Catania, hanno firmato questa lettera

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