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“VURRIA VULARI”, IN USCITA IL SECONDO CD DI “CIATUZZA”
19 Apr 2016 12:59
Da sempre appassionata di musica e tradizioni popolari, Giada Salerno, in arte Ciatuzza, dal 2007 ha intrapreso un progetto di ricerca, selezione e riproposta di canti popolari siciliani dimenticati.
Le fonti cui ha attinto per questa ricerca sono limitate per numero, ma estremamente ricche per quantità del materiale documentato: si va dal corpus di musiche e canti raccolti dal Favara all’enorme catalogazione di canti popolare operata da Giuseppe Pitrè, Lionardo Vigo, Serafino Amabile Guastella, Corrado Avolio e Salomone Marino, fino a raccolte minori.
Il desiderio di riportare in vita alcune di queste canzuni ha spinto Ciatuzza a un lavoro di lettura e analisi, con particolare attenzione all’universo femminile del canto popolare: le donne infatti sono ben rappresentate all’interno dei corpus, essendo autrici del 10-15% dei canti trascritti. Si tratta per lo più di cantid’amore, che venivano eseguiti al telaio, al lavatoio o durante i lavori agricoli, di ninnananne, ma anche canti di altro genere. Ne esistono centinaia di grandissimo pregio e valore poetico.
Vincitrice del premio Giovanna Daffini 2013 col brano L’Amanti miu (testo di Francesco Giuffrida) e della sezione cantastorie dell’edizione 2014 col brano Unni si’ (testo di Francesco Giuffrida),
Ciatuzza ha all’attivo il cd Tant’amuri r’unni veni. Canti d’amore, di dolore e di speranza del popolo in Sicilia (Aicsound, 2013) mentre è appena uscito il suo secondo lavoro che s’intitola Vurria vulari (RadiciMusic Records).
Le diverse tematiche affrontate nel disco sono accomunate da un sentimento di desiderio, nostalgia, rimpianto, rabbia; insomma da un’aspirazione a una condizione diversa da quella reale: dalla ragazza che vorrebbe trasformarsi in uccello per volare in aiuto del suo amato intento a mietere e porgergli un fazzoletto, al lamento dell’emigrante che se avesse le ali per volare si poserebbe a fianco della sua amata, dalla preghiera silenziosa del carcerato che agogna la libertà, al grido di speranza di una donna oppressa da un marito tiranno che vorrebbe poter volare via per soddisfare la smania di vita e amore. E di canzoni d’amore ce ne sono altre, liete e tristi. C’è poi un canto di protesta di un mietitore che denuncia le molestie che le ragazze contadine subivano dai rampolli delle famiglie nobili.
Come già nel precedente lavoro Tant’amuri r’unni veni, un peso importante in Vurria vulari hanno le canzoni composte da donne: pochi le conoscono, perché si tratta di un repertorio ormai dimenticato che più nessuno canta. Nel disco è presente anche un canto ricavato da formule di invocazione ai santi che servivano per far lievitare e cuocere bene il pane e che in molte parti della Sicilia si usavano ancora fino a pochi decenni fa.
L’amanti miu è un canto d’amore per un minatore della pirrera che ricorda una vergognosa pagina della storia dei lavoratori siciliani.
C’è poi Unni si’: In questa canzone chi parla è Felicia Bartolotta Impastato, figura importantissima per la maturazione civile e politica di Peppino, modello di intransigenza e rigore morale. Il brano Petri è ispirato a un racconto di Danilo Dolci e rievoca la figura di Placido Rizzotto, il sindacalista corleonese rapito e ucciso da Cosa Nostra nel 1948.
L’autore del testo di queste tre ultime canzoni è Francesco Giuffrida, cuntastorie e cantante catanese oltre che appassionato studioso di canti popolari siciliani.
Le melodie sono nella maggior parte dei casi originali. Gli arrangiamenti sono stati curati da Denis Stern, chitarrista e compositore di origine russa. Accompagnano Ciatuzza in questo viaggio attraverso la poesia e il canto popolare siciliano anche il polistrumentista Giorgio Maltese (mandolino, castagnette, tamburello, marranzano) e il percussionista Fulvio Farkas (darbuka).
La copertina è di Alice Valenti.
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